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Morto Antonello Falqui, padre del varietà all’italiana

Nov 16, 2019

ServizioServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLutto nel mondo dello spettacolo

Si è spento a 94 anni il famoso regista televisimo. Suoi i varità come Studio Uno e Canzonissima, simboli di un’epoca e fucine di talenti, da Mina a Walter Chiari, da Paolo Panelli a Bice Valori, da Franca Valeri alle gemelle Kessler. Ad annunciare la sua morte un post sui suoi profili social: «Sono partito per un lungo lungo lungo viaggio». Lunedì i funerali a Roma.

16 novembre 2019


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Antonello Falqui (Agf)

3′ di lettura

Se ne è andato con leggerezza e ironia, come aveva vissuto e aveva insegnato a vivere a intere generazioni di italiani. La notizia della scomparsa di Antonello Falqui, il padre del varietà all’italiana e artefice del successo di tanti grandi personaggi dello spettacolo, ha fatto subito il giro del web nel modo più singolare: «Sono partito per un lungo lungo lungo viaggio – è il testo di un post apparso sui sui profili facebook e twitter – potete venire a salutarmi lunedì 18 novembre alle 11 alla chiesa di Sant’Eugenio a viale Belle Arti a Roma». Immediatamente dopo centinaia di messaggi di cordoglio hanno invaso la rete, da Fiorello ad Alessandro Gassmann, e tanta gente comune.

Ovunque, sui siti e sulle reti televisive, hanno cominciato a rimbalzare gli spezzoni dei suoi varietà, Studio Uno e Canzonissima i più famosi, e i volti dei loro protagonisti: da Mina a Walter Chiari, da Paolo Panelli a Bice Valori, da Franca Valeri alle gemelle Kessler. Tutti programmi Rai, sigla che per molti decenni in Italia è stato sinonimo di televisione, per la quale Antonello Falqui aveva cominciato a lavorare dal 1952, pioniere di un mondo allora ancora tutto da inventare, firmando programmi che hanno segnato un’epoca.

Chi era Antonello Falqui

Nato a Roma il 6 novembre 1925, figlio del critico e scrittore Enrico Falqui, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, che lascia prima della laurea affascinato dal mondo del cinema. Dal 1947 al 1949 frequenta il corso di regia del Centro Sperimentale di Cinematografia. Nel 1950 è aiuto regista di Curzio Malaparte durante la lavorazione del film «Cristo proibito», prima di molte esperienze in quel ruolo. Nel 1952 approda alla Rai, lavorando inizialmente nella sede di Milano. Vive in prima persona e contribuisce a plasmare le prime trasmissioni televisive in fase sperimentale: le prime trasmissioni saranno inaugurate il 3 gennaio 1954.

Dal Musichiere a Studio Uno

Per la tv dirige prima dei documentari, ma la celebrità arriva con i varietà amatissimi dal grande pubblico, che all’epoca si riuniva nelle poche abitazioni o locali pubblici dotati di un televisore per guardare i programmi. Prima il Musichiere condotto da Mario Riva, in onda dal 1957 al 1960. Poi quattro edizioni di Canzonissima (1958, 1959, 1968, 1969), altrettante di Studio Uno (1961, 1962-63, 1965 e 1966), forse il più famoso e celebrato, e Milleluci (1974). RaiPlay, poco dopo la notizia del lutto, ha pubblicato sul sito una intervista esclusiva al grande maestro, dove – si legge – «l’autore e regista di indimenticati programmi della nostra TV ricorda il grande varietà Studio uno, in onda dal 1961 al 1966». «In ogni edizione – afferma la Rai – ci ha regalato momenti di raro valore. Sketch, coreografie, musica, duetti storici, tutto torna alla mente in una nostalgica bellezza».

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