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Morning Bell: martedì incerto per i mercati in attesa della Fed

Giu 14, 2022

AGI – Si prospetta un martedì incerto per i mercati dopo un lunedì nero e in attesa domani di una ‘bollente’ riunione della Fed.

A raggelare le attese, la scorsa settimana, hanno contribuito le comunicazioni della Bce e l’andamento dei prezzi al consumo negli Usa, mentre domani la Fed potrebbe decidere un incremento dei tassi di 50 punti base, o addirittura di 75 punti.

E di qui a fine anno i mercati ora prezzano il Fed fund al 3,4% dall’attuale forchetta tra lo 0,75% e l’1%.

Intanto in Asia i listini restano in rosso, mentre i future a Wall Street e in Europa provano il rimbalzo, dopo che ieri a New York lo S&P 500 ha perso quasi il 4% ed è entrato nella fase ‘Orso’ essendo calato del 20% dai massimi del 3 gennaio, mentre la curva dei rendimenti dei Treasury si è brevemente invertita per la prima volta da aprile, un segnale che sui mercati è considerato l’anticamera di una recessione, che potrebbe arrivare nel prossimo anno o nel 2024.

Ad alimentare le preoccupazioni per la crescita globale contribuisce anche l’emergenza Covid in Cina, dove c’è il rischio di nuovi lockdown.

La Borsa di Tokyo cala di un punto e mezzo percentuale, mentre quella di Shanghai perde circa l’1% e Hong Kong arretra.

“Alta inflazione, crescita rallentata e tassi in rialzo sono dannose per l’azionario” commentano in una nota gli analisti di Anz.

In rialzo di oltre un punto percentuale i future a Wall Street, dopo il tonfo di ieri, con il Nasdaq giù del 4,68% e il Dow Jones a -2,79%.

Pesanti le mega cap, con Apple che ha perso il 3,83%, Microsoft il 4,24%, Alphabet il 4,29%, Amazon il 5,45%. A rotoli anche l’obbligazionario, con il rendimento del Treasury a 10 anni salito fino al 3,44%, il livello più alto dal 2011, mentre quello a 2 anni, che è il tasso che più ricalca le aspettative sui tassi di interesse, avanza al 3,22%.

In Europa I future sull’EuroSotoxx 50 crescono di circa mezzo punto percentuale, dopo che ieri Milano ha chiuso a -2,79%, bruciando circa 10,2 miliardi di euro di capitalizzazione.

Allarme rosso anche sul fronte obbligazionario, dopo che la Bce la settimana scorsa si è mostrata più ‘falco’ del previsto, preannunciando un aumento di 25 punti base a luglio e 50 a settembre senza indicare uno scudo salva-spread. Ieri il differenziale tra il Btp e in Bund è volato a 248 punti, con il rendimento del decennale balzato sopra il 4%, sui massimi da dicembre 2013, mentre il Bund a 10 anni ha toccato l’1,6%, il top dal 2014.

“La stagflazione è uno scenario possibile” ha avvertito il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, mentre Julian Howard, direttore degli investimenti del fondo Gam è stato altrettanto pessimista per l’altra sponda dell’Atlantico: “Penso che con un’inflazione come questa, la Fed sarà costretta a spingere forte sui tassi e che questo causerà un rallentamento economico”.

“A breve termine – aggiunge – si mette male per gli investitori, che non hanno nessun posto dove rifugiarsi, a parte il cash, almeno per ora”. Intanto sui mercati valutari non c’è attesa solo per la Fed, ma anche per la Boe di giovedì e per la Boj di venerdì. La sterlina è crollata dell’1,3% e vale meno di 1,22 dollari, depressa dalle preoccupazioni per l’economia del Regno Unito. Lo yen ha toccato un minimo da 24 anni intorno a quota 135 sul dollaro e l’euro resta debole non molto sopra 1,04 dollari.

In picchiata il Bitcoin che crolla del 20%, sotto 22.000 dollari e, più in generale perde il 50% del suo valore dal picco del 2021, mentre Ethereum è giù del 65%. A scatenare la fibrillazione degli investitori la scelta di Celsius, la principale società statunitense di prestito del settore, che ha congelato prelievi e trasferimenti citando condizioni “estreme”. Piatto il prezzo del petrolio in Asia, che comunque viaggia su livelli molto elevati per i timori sulle riduzioni dei rifornimenti e sulla tenuta della domanda cinese.

Il Wti e il Brent sono rispettivamente sopra 120 e sopra 122 dollari al barile. Oggi in Germania escono i dati finali sull’inflazione di maggio e quelli dell’indice Zew a giugno. Negli Usa saranno pubblicati i prezzi alla produzione di maggio.

A Ginevra, fino a domani, il Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, tiene il suo primo incontro interministeriale da quasi cinque anni, in una fase in cui il commercio mondiale è in forte rallentamento per via della guerra in Ucraina. Lo ha sottolineato anche Mario Draghi, intervenendo alla riunione interministeriale dell’Ocse: “I nostri sforzi per prevenire una crisi alimentare devono partire dai porti ucraini del Mar Nero. Dobbiamo sbloccare milioni di tonnellate di cereali bloccati lì a causa del conflitto. Gli sforzi di mediazione delle Nazioni Unite sono passi significativi e penso, purtroppo, gli unici”. 

Domani la palla passa alla Fed, poi a Boe e Boj

Domani toccherà alla Fed fare le sue mosse. La banca centrale Usa ha già aumentato i tassi di interesse di tre quarti di punto percentuale quest’anno, avvantaggiandosi sulla Bce. A giugno e luglio i mercati davano per scontato due rialzi dei tassi di mezzo punto percentuale l’uno e un altro, sempre dello 0,50% a settembre. Tuttavia l’impennata all’8,6% dell’inflazione Usa a maggio rimescola un po’ le carte e ora, secondo diverse banche Usa, la Fed potrebbe innalzare fin da giugno o luglio i tassi allo 0,75%.

Bloomberg stima al 50% le probabilità che questo accada a luglio. Intanto di qui a fine anno i mercati ora prezzano il Fed fund al 3,4% dall’attuale forchetta tra lo 0,75% e l’1%, mentre Goldman prevede tre rialzi dei tassi Fed di 50 punti base a giugno, luglio e settembre e due aumenti di 25 punti base a dicembre e gennaio. L’impatto negativo che dei rialzi dei tassi così aggressivi potranno avere sulla crescita, rallentandola, in questa fase sembra interessare relativamente la Fed, che è tutta concentrata sulla riduzione dell’inflazione.

“Questa è la priorità – commenta Cesarano – in questa fase non c’è tempo per pensare alla crescita”. Inoltre mercoledì sono attesi anche i dot plot, quei puntini che prevedono i futuri movimenti dei tassi Fed. In particolare i riflettori saranno puntati sul tasso medio a lungo termine della Federal Reserve, che oggi è al 2,40% e che potrebbe essere rialzato. Con i previsti tre rialzi consecutivi di mezzo punto percentuale, la forbice del Fed Fund a settembre salirebbe tra il 2,25% e il 2,50%, attestandosi quindi già a settembre al livello di equilibrio.

Dopo la Fed, giovedì la Banca d’Inghilterra dovrebbe alzare i tassi di altri 25 punti base, o anche di 50 punti base, per tenere a bada un’inflazione che corre al ritmo più veloce degli ultimi quarant’anni, coi prezzi al consumo, che nel Regno Unito sono aumentati del 9% su base annua ad aprile, più di quattro volte l’obiettivo. La Boe ha già gradualmente rialzato i tassi, portandoli all’1% in quattro mosse consecutive da dicembre scorso. E venerdì la Boj continuerà nella sua solitaria battaglia accomodante, andando controcorrente rispetto a tutte le altre banche centrali globali e continuando così a sacrificare lo yen, che è ai minimi da 20 anni sul dollaro.

Ue: valutiamo ripresa procedura infrazione contro Gb

Intanto l’Ue fa sapere che “non rinegozierà il Protocollo” per l’Irlanda del Nord con il Regno Unito sottoscritto negli accordi per il post Brexit. Lo ha dichiarato il vice presidente della Commissione europea, Maros Sefcovic, in merito alla decisione del governo del Regno Unito di presentare una legge che disapplica unilateralmente gli elementi fondamentali del Protocollo. La Commissione valuterà ora “la possibilità di continuare la procedura d’infrazione avviata contro il governo del Regno Unito nel marzo 2021”.

Blackrock estende diritto di voto in assemblea ai clienti

Il più grande gestore patrimoniale del mondo, ha dichiarato lunedì che i clienti che possiedono quasi la metà dei suoi 4,9 trilioni di dollari di asset di indici azionari sono ora liberi di controllare il modo in cui vengono espressi i voti alle assemblee annuali delle società in cui investono i loro fondi.

La mossa segna un’espansione del programma ‘Voting Choice’ di BlackRock, lanciato lo scorso ottobre dalla società con sede a New York, che gestisce circa 10.000 miliardi di dollari di asset, e che mira ad offrire ai clienti istituzionali più voce in capitolo sui temi che stanno loro a cuore. Il programma arriva in un periodo tumultuoso per il gestore patrimoniale, che si trova ad affrontare critiche negli Stati Uniti e altrove per il modo in cui vota per conto dei clienti su temi quali il cambiamento climatico, la diversità e la retribuzione dei dirigenti.

“Il programma Voting Choice di BlackRock è una novità assoluta nel settore, ma lo consideriamo solo un inizio”, ha dichiarato Salim Ramji, Global Head of iShares and Index Investments in un comunicato. “La nostra ambizione è quella di rendere la scelta di voto conveniente ed efficiente per tutti gli investitori, e stiamo lavorando con i responsabili politici e i partecipanti al settore in tutto il mondo per estendere la scelta di voto per i nostri clienti”. 

India, l’economia mette il turbo ma crea pochi posti di lavoro veri

Per il Fmi l’economia indiana è prevista in crescita dell’8,1% quest’anno e del 6,9% nel 2013, dopo il +8,9% dell’anno scorso. Un numero crescente di indiani guadagna da vivere nel è stato colpito negli ultimi mesi da un’elevata inflazione, soprattutto nei prezzi dei prodotti alimentari. Per il New York Times, si tratta del ritmo di crescita più alto del mondo.

L’export è ai massimi storici. I profitti delle società quotate in borsa sono raddoppiati. I consumi post-pandemici della classe media in auto, immobili, intrattenimento e vacanze non sono mai stati così alti.

Tuttavia, come è tipico dell’India, i benefici di questi voraci consumi non vanno oltre il limite circoscritto della classe media, la cui dimensione è piuttosto modesta poiché oscilla tra il 10% e il 30% della popolazione.

E questo perché buona parte della classe media indiana verrebbe considerata povera nei Paesi avanzati, visto che solo un indiano su 45 possiede un’auto e che per 9 indiani su 10 l’ultimo modello dell’iPhone costa l’equivalente di sei mesi di stipendio. Inoltre, secondo il New York Times, l’alta crescita del Pil non si sta ancora traducendo nella creazione di posti di lavoro sufficienti ad assorbire le ondate di giovani istruiti che entrano ogni anno in India nella forza lavoro.

E questo sia perché, come rileva Oxfam, la pandemia ha ingrandito la divisione tra ricchi e poveri, gettando decine di milioni di indiani nella povertà, sia perché un gran numero di indiani, pari secondo le stime più attendibili oscilla tra il 40% e il 70% della forza lavoro, si guadagna da vivere nel settore informale, una zona grigia composta da ambulanti, precari, contadini stagionali, che negli ultimi mesi è stata colpita da un’elevata inflazione, legata soprattutto all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. 

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