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Morning Bell: Il nervosismo dei mercati in attesa del meeting di Jackson Hole

Ago 25, 2022

AGI – I mercati sono nervosi e altalenanti, in vista del meeting di Jackson Hole, che inizia oggi e che domani prevede l’intervento di Jerome Powell. Gli investitori sono agitati ma anche pronti al rimbalzo, in attesa di quello che dirà il capo della Federal Reserve. L’impressione è che manterrà dei toni da ‘falco’, non troppo diversi da quelli mostrati martedì dal presidente della Fed di Minneapolis, Neel Kashkari il quale ha ripetuto la necessità che la Fed metta il controllo dell’inflazione davanti a tutto il resto.

“È chiaro” che la Fed deve agire aggressivamente sui tassi, ha detto Kashkari, perchè “quando l’inflazione è all’8% o al 9%, se non si fanno delle strette severe, si corre il rischio di deludere le aspettative e di portare a casa dei risultati molto negativi“. Gli investitori sono divisi tra chi si aspetta una stretta di mezzo punto percentuale a settembre e chi prevede un rialzo di 75 punti base, tuttavia nel complesso non si mostrano pessimisti.

In Asia i listini sono in rialzo e così anche i future a Wall Street e in Europa, mentre il dollaro flette leggermente pur restando su livelli elevati e i rendimenti dei Treasury avanzano.

“Tutto ruota intorno a quello che dirà Powell venerdì a Jackson Hole – commenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte – Poi inizierà un mese di settembre ‘tosto’, in cui emergeranno due fattori di criticità, che sono il tema dolente dell’energia in Europa e quello del Quantitative Tightening della Fed negli Stati Uniti”

In altre parole la Federal Reserve “dovrebbe fare un po’ più sul serio per quanto riguarda la riduzione del bilancio, il che significa che ci sarà un maggiore drenaggio di liquidità. Insomma non sono in arrivo buone notizie per i mercati: tassi più alti e minore liquidità, sono due fattori che decisamente gli investitori non apprezzano. L’impressione è che dopo i rally di luglio e della prima metà di agosto i mercati stiano cominciando a tirare un po’ i remi in barca“. 

I mercati del 25 agosto

Oggi comunque i mercati sfoderano un sorriso di circostanza in vista di Jackson Hole e dei dati di luglio sul Pce core, il deflatore dei consumi personali Usa, un parametro sui prezzi guardato con molta attenzione dalla Federal Reserve per orientarsi nella sua strategia di politica monetaria.

In Asia la Borsa di Tokyo sale dello 0,70%, mentre la Borsa di Hong Kong guadagna l’1,5% dopo aver ritardato l’inizio delle contrattazioni a causa del tifone Ma-On. Avanza il listino di Shanghai, malgrado le preoccupazioni per la grave siccità, l’emergenza delle forniture elettriche e l’ondata di nuovi casi Covid-19.

In Cina il Consiglio di Stato ha annunciato un’iniezione di 44 miliardi di dollari alle banche per aiutare l’economia e in particolare il settore immobiliare. In rialzo i future a Wall Street, dopo una chiusura positiva, sulla scia della decisione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di cancellare migliaia di dollari di debito studentesco a milioni di americani.

La manovra costerà circa 300 miliardi di dollari e rappresenta, secondo Biden, “un piano per dare respiro alle famiglie della classe lavoratrice e della classe media“. Sullo sfondo la paura della recessione si fa sentire sul mercato obbligazionario, dove il tasso del T-Bond a 10 anni sale al top da 6 settimane al 3,1% e il 2 anni avanza al 3,4%.

In aumento anche i future sull’EuroStoxx 50, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso miste, penalizzate dal timore che l’impennata dei costi energetici possa provocare una flessione economica a livello mondiale, mentre volano i prezzi dell’energia in Europa e non si arresta ad Amsterdam la corsa del prezzo del gas che supera quota 300 euro per megawattora, con un incremento del 12%. è dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina che il prezzo del gas non raggiungeva questo livello, innescato dall’annuncio del nuovo stop per manutenzione da parte di Gazprom del gasdotto Nord Stream.

Il piano risparmi di Berlino

Intanto in Germania scatta il piano risparmi: temperatura massima di 19 gradi negli edifici pubblici e stop alle insegne, nonchè priorità ai convogli che trasportano carbone e petrolio sui treni passeggeri, per garantire l’approvvigionamento energetico del Paese. Anche in Francia il presidente francese, Emmanuel Macron, nella prima riunione di governo a Parigi dopo la pausa estiva, avverte che “è finita l’era dell’abbodanza”, intesa come disponibilità “di liquidità”, ma anche “delle tecnologie che pensavamo fossero perpetuamente a nostra disposizione”, e addirittura “dell’acqua”.

Spread e petrolio

Lo spread ha chiuso in rialzo a quota 232 punti, mentre il redimento del Btp avanza al 3,67% e quello sul Bund tedesco sale al top da 8 settimane all’1,384%. L’euro è di nuovo sceso sotto la parità col dollaro, mentre sale lo yen e lo yuan esce dai minimi da 2 anni. In Asia il prezzo del petrolio, nonostante il timore di recessione, è virato al rialzo, col Brent che è tornato a superare la soglia dei 100 dollari e il Wti sopra quota 95 dollari.

A far salire il prezzo del greggio sono le restrizioni nell’offerta e l’Iran, il quale ha fatto sapere che non permetterà ispezioni al di là di quelle previste dall’accordo del 2015. Questo rischia di far naufragare l’accordo sul nucleare di Teheran con le altre potenze mondiali, che avrebbe permesso all’Iran di esportare piu’ greggio sui mercati globali.

Oggi escono i dati sul Pil Usa del secondo trimestre, che dovrebbe restare invariato, mentre sul fronte delle banche centrali, sono attesi i verbali Bce sulla riunione di luglio, che potrebbero fornire indicazioni sulle future mosse dell’Istituto e sulle posizioni dei vari membri.

Il piano di Biden sul debito studentesco

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha deciso di cancellare 10.000 dollari di debito studentesco a milioni di americani con un reddito annuo inferiore a 125.000 dollari e 20.000 dollari a coloro che hanno usufruito delle borse di studio federali (assegnate a studenti di famiglie con un reddito basso).

In un comunicato stampa della Casa Bianca, si sottolinea che il costo eccessivo per l’istruzione “priva molte persone di questa opportunità”. “Dal 1980, il costo totale per il college è quasi triplicato, anche tenendo conto dell’inflazione. Il sostegno federale non ha tenuto il passo: le borse di studio Pell una volta coprivano quasi l’80% del costo, ora solo un terzo. Questo ha lasciato molti studenti di famiglie con redditi medio-bassi senza altra scelta che chiedere un prestito per laurearsi”.

La sinistra del partito democratico sperava in un aiuto maggiore agli studenti, ma è comunque una mossa elettorale importante in un Paese dove studiare costa caro. 

I dipendenti Apple non vogliono tornare in ufficio 

Quando Tim Cook ha mandato a casa i dipendenti Apple nel marzo del 2020 per l’emergenza Covid, è improbabile che avrebbe immaginato le difficoltà che due anni e mezzo dopo sta incontrando per riportarli in ufficio. Diversi dipendenti californinani del gruppo infatti non vogliono saperne di accettare la proposta dei vertici che prevede un rientro in sede 3 volte a settimane a partire dal 5 settembre. I dipendenti della Casa di Cupertino hanno avviato una petizione per chiedere all’azienda di annullare questa decisione.

E non sono i soli a pensarla cosi’ tra le big tech, che sono state più lente di altre aziende a richiamare in ufficio i propri dipendenti, per la preoccupazione che un rientro forzato possa innescare un esodo dei grandi talenti. Il caso Apple è dunque emblematico. Poco tempo fa il ceo di Apple, Tim Cook, ha inviato una mail ai dipendenti spiegando che il rientro sarebbe servito a preservare quella “collaborazione di persona che è essenziale per la nostra cultura”, chiedendo ai lavoratori della sede di Cupertino e a quelli degli uffici nelle vicinanze di tornare in ufficio il martedì e il giovedì più un altro giorno della settiana scelto con i propri manager di riferimento.

La proposta però non è piaciuta a parecchi dipendenti e, stando a quanto riferisce il Financial Times, molti di questi pensano che sarebbe meglio un mantenere il lavoro flessibile e indipendente dal luogo di lavoro. I sostenitori del lavoro da remoto si fanno chiamare AppleTogether e secondo il Ft sarebbero arrivati a 10.000 unità.

La mossa di questi lavoratori Apple, rappresenta un campanello d’allarme nella Silicon Valley, perchè la loro iniziativa potrebbe diventare contagiosa tra le Big Tech. “C’è un’ansia palpabile”, rivela al Ft un ingegnere hardware di Appe, che ha chiesto di rimanere anonimo. Anche il ritorno di Google in ufficio ha già subito diverse false partenze, e Alphabet ha dovuto programmare dei ritorni frammentati.

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