• 25 Novembre 2024 17:42

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Morning Bell: i tassi pesano sui mercati, ma a fare paura è l’immobiliare cinese

Set 28, 2023

AGI – Il messaggio della Federal Reserve secondo cui i tassi di interesse sono destinati a rimanere più alti e per più tempo sta penalizzando pesantemente sia le Borse, sia i titoli di Stato.

I mercati azionari globali hanno registrato la loro serie di perdite più lunga da due anni a questa parte, spingendo gli investitori a rifugiarsi nel dollaro, mentre il prezzo del petrolio vola e l’obbligazionario perde colpi.

A mettere in agitazione i mercati ci ha pensato la scorsa settimana la Fed, che ha segnalato un altro rialzo dei tassi per fine anno e meno tagli in arrivo nel 2024 e 2025. “Quest’anno il mercato si è costantemente sbagliato riguardo alla politica della Fed”, commenta Kevin Gordon, senior investment strategist di Charles Schwab.

All’inizio del mese i trader del mercato dei future scommettevano che i tassi d’interesse Usa sarebbero stati intorno al 4,2% entro la fine del 2024. Ora scommettono su un tasso del 4,8% entro quella data. Intanto in Asia i listini arretrano e i future a Wall Street sono deboli dopo che mercoledì i tre indici di New York hanno chiuso misti, con il Dow Jones giù dello 0,2%, il Nasdaq che ha guadagnato lo 0,22% e lo S&P che ha segnato un +0,06%, cedendo oltre il 5% a settembre e registrando la sua prima perdita trimestrale in 12 mesi. Anche il rendimento dei Treasury a 10 anni è balzato al 4,64%, il top dal 2007 e oggi in Asia resta sopra quota 4,6%, mentre il tasso dei titoli a 30 anni si è impennato al 4,69%, il massimo da oltre 11 anni.

A pesare sui mercati ci sono anche i prezzi del petrolio, aumentati del 30% da giugno e che viaggiano verso i 100 dollari al barile, con i future sul Wti che oggi in Asia sono saliti sopra 95 dollari, per la prima volta dall’agosto 2022 e i future del Brent che hanno toccato il massimo da un anno a 97,69 dollari.

Non si ferma intanto la corsa del dollaro, salito ai top da sei mesi. La valuta a stelle e strisce ha toccato il massimo da marzo su euro, sterlina e yen. “Il mondo continua a diventare più caro – avverte in una nota l’analista di Capital.com, Kyle Rodda – l’aumento del petrolio ha incrementato la pressione al rialzo sui rendimenti obbligazionari e la combinazione di petrolio più alto, rendimenti più alti e un biglietto verde più alto non è certo di buon auspicio per l’azionario”.

Iin Asia, la Borsa di Tokyo perde quasi l’1,9%, dopo che il ministro delle Finanze giapponese, Shunichi Suzuki, non ha escluso alcuna opzione per gestire l’eccessiva volatilità valutaria, ribadendo i suoi avvertimenti contro le mosse speculative sullo yen che viaggia ai minimi da 11 mesi e ha ripreso a sfiorare quota 150 sul dollaro, un livello che i mercati considerano come una linea rossa che spingerebbe le autorità giapponesi a intervenire, come hanno fatto l’anno scorso.

Tuttavia, gli analisti sono scettici sulla possibiitò che un simile intervento possa realmente rafforzare lo yen, data la divergenza che esiste nella politica monetaria tra Stati Uniti e Giappone, con la Fed che mantiene tassi elevati e la Boj che preferisce non cambiare la sua politica monetaria ultra-accomodante.

Giù di oltre l’1% Hong Kong mentre Shanghai galleggia per colpa delle rinnovate preoccupazioni sul mercato immobiliare cinese, con le negoziazioni dei titoli di China Evergrande sospese a Hong Kong dopo che il suo presidente e’ stato messo sotto sorveglianza dalla polizia, intensificando le preoccupazioni sul futuro di questa impresa immobiliare, alle prese con una crescente minaccia di liquidazione.

Le azioni di Evergrande avevano ripreso a essere negoziate alla fine di agosto dopo una sospensione di 17 mesi. A dare la notizia che Hui Ka Yan, il fondatore nel 1996 di Evergrande, è stato portato via dalla polizia questo mese è stata l’agenzia Bloomberg.

Ieri a Wall Street le big tech, esclusa Alphabet (+1,54%) hanno continuato a sentire la pressione dell’aumento dei tassi, con Apple che ha ceduto oltre lo 0,89%, mentre sul fronte macro, la fiducia dei consumatori Usa è scesa ai minimi da quattro mesi a settembre e gli ordini di beni durevoli negli Stati Uniti – un indicatore attentamente monitorato dell’attivita’ manifatturiera – sono aumentati dello 0,2% su base mensile ad agosto, in netto miglioramento rispetto alla contrazione del 5,6% del mese precedente e ben al di sopra dell’atteso calo dello 0,5%.

Anche in Europa i future arretrano, in attesa dei dati sull’inflazione dell’Eurozona di venerdì e dopo che ieri le Borse del Vecchio Continente hanno chiuso in ribasso, per i timori sulle politiche delle banche centrali.

 

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