AGI – I mercati sono in risalita e puntano a riprendendosi parzialmente dalle forti perdite dei giorni scorsi, mentre cercano di digerire la possibilità che i tassi di interesse rimangano più alti per un periodo più lungo. Oggi in Asia i listini avanzano e i future a Wall Street sono poco mossi dopo che il 4 ottobre Wall Street ha chiuso positiva, con il Dow Jones a +0,38%, lo S&P a +0,75% e il Nasdaq a +1,35%, sfruttando il calo dei rendimenti dei Treasury a 10 e 30 anni.
I mercati sono stati aiutati in particolare dalla pubblicazione negli Stati Uniti del rapporto Adp, che ha evidenziato un raffreddamento del mercato del lavoro a stelle e strisce. Più nel dettaglio, la creazione di posti di lavoro nel settore privato a settembre ha continuato a rallentare, con 89.000 nuovi posti, ben al di sotto delle aspettative, in attesa dei dati di venerdì sul mercato del lavoro. Si tratta del tasso di crescita più lento registrato dal gennaio 2021.
Sulla scia di questa pubblicazione, i rendimenti obbligazionari americani, che erano al top da 16 anni, sono scesi bruscamente, con il decennale passato dal 4,84% al 4,7% e il 30 anni giù, dal 5% al 4,8%. Sull’andamento azionario ha inciso, ieri, anche il calo del 5% del prezzo del petrolio e la pubblicazione dell’ultimo rapporto Ism sui servizi di settembre: l’attività nel settore è cresciuta per il nono mese consecutivo, contribuendo così a frenare l’aggressività della Fed.
La banca centrale statunitense, che vuole ridurre ulteriormente l’inflazione, è in attesa di segnali di rallentamento da parte dell’economia Usa e gli investitori si aspettano che venerdì i dati sul mercato del lavoro registrino un calo di 30mila unità degli occupati Usa a +158mila, un dato che consoliderebbe la tendenza che il mercato del lavoro nella più’ grande economia mondiale stia iniziando a indebolirsi e che dunque anche l’inflazione possa iniziare a raffreddarsi.
In Germania il rendimento del Bund a 10 anni, che era salito sopra al 3% al top dal 2011, è rallentato al 2,9%.
Nel frattempo in Giappone, la Boj ha effettuato una serie di acquisti non programmati di titoli di stato nipponici mentre i rendimenti del decennale ha toccato il top da 10 anni. I mercati continuano a scommettere che le autorità di Tokyo stiano pianificando un’uscita dal regime di tassi di interesse negativi iniziato nel 2016.
In Asia il prezzo del petrolio è in lieve recupero, attestandosi poco sotto gli 85 dollari al barile e cancellando il traguardo dei 100 dollari al barile costantemente puntato il mese scorso. Il Brent e’ ora poco sopra 86 dollari e il Wti poco oltre gli 84 dollari, dopo che ieri l’Opec+ ha mantenuto i suoi tagli alla produzione, nonostante Arabia Saudita e Russia si fossero impegnate a estenderli.
In Asia i listini provano a tirarsi fuori dai minimi da 11 mesi, con la Borsa di Tokyo che avanza dell’1,5%, Seul sopra lo 0,5% e cosi’ anche Hong Kong, mentre le piazze cinesi resteranno chiuse per il resto della settimana per la festività della Golden Week. “Considerato il livello dei rendimenti dei Treasury – commenta Stephen Miller, strategist per gli investimenti del fondo australiano Gsfm – penso che al momento i rischi siano abbastanza equamente bilanciati tra loro al ribasso e al rialzo”.
Sul fronte valutario lo yen si è apprezzato dopo essere volato sopra 150 sul dollaro, a quota 148,6. Il massimo diplomatico valutario giapponese, Masato Kanda, ha evitato di dire se Tokyo sia intervenuta sul mercato dei cambi, assicurando però che sono state prese “misure che hanno la comprensione delle autorità statunitensi“. “Per ora la mia ipotesi è che non si sia trattato di un intervento, ma solo di flussi dopo il superamento di quota 150” commenta Adam Cole, chief strategist valutario di Rbc Capital Markets.
Nel frattempo l’indice del dollaro che replica il biglietto verde rispetto a sei valute, è sceso, restando vicino al massimo da quasi 11 mesi. Anche l’euro si è apprezzato un po’, tornando sopra quota 1,05 dollari. Il dollaro neozelandese è arretrato dopo che la banca centrale ha mantenuto il tasso di interesse stabile al 5,5%, dimostrandosi più fiduciosa che le strette stiano riuscendo a ridurre l’inflazione.
A Wall Street i future sono piatti e quelli sull’EuroStoxx 50 avanzano, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso miste, con Francoforte e Parigi sulla parità e Londra, Madrid e Milano in ribasso, mentre in Italia si allenta la tensione sull’obbligazionario con lo spread tra Btp e Bund che ha chiuso a 195 punti base, in calo dai 198 dell’apertura e il tasso del decennale sceso dal 5% al 4,863%.
Più in generale il mercato resta instabile a causa delle preoccupazioni che le banche centrali manterranno i tassi di interesse più alti più a lungo del previsto. In questo senso vanno anche lette le parole di ieri della presidente della Bce, Christine Lagarde, secondo la quale dai tassi attuali arriva un sostanziale contributo al calo dell’inflazione. Parlando alla ‘Conference on Monetary Policy’ dell’Eurotower, Lagarde ha affermato: “Sulla base della nostra attuale valutazione, riteniamo che i tassi di interesse di riferimento della Bce abbiano raggiunto livelli che, se mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, contribuiranno in modo sostanziale al tempestivo ritorno dell’inflazione al nostro obiettivo di medio termine”.
L’affermazione ricalca quasi letteralmente la formula adottata dal Consiglio direttivo lo scorso 14 settembre, in cui molti hanno letto un segnale sul possibile raggiungimento del picco dei tassi. La numero uno della Bce ha anche ribadito che le decisioni future della banca centrale “continueranno a basarsi su tre criteri: le prospettive di inflazione, la dinamica dell’inflazione sottostante e la forza della trasmissione della politica monetaria” e garantiranno “che i tassi di interesse siano fissati a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario”. Oggi occhi sui dati Usa sui sussidi settimanali di disoccupazione e a quelli sul commercio internazionale. Inoltre interverranno il presidente della Fed di San Francisco, Mary Daly e quello della Fed di Cleveland, Loretta Mester.