• 25 Novembre 2024 10:46

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Morning bell: che cosa si aspettano i mercati

Nov 17, 2023

AGI – Cresce il nervosismo sui mercati, che s’indeboliscono e procedono a zig zag senza una direzione certa un po’ perchè è calato l’ottimismo sul picco dei tassi, un po’ per colpa di Alibaba cha ha segnalato l’impatto delle recenti restrizioni alle esportazioni di chip statunitensi e perchè sale il timore che in vista della stagione delle vacanze natalizie, l’inflazione faccia venire ai consumatori americani il ‘braccino corto’.

Come se non bastasse è crollato il prezzo del petrolio, che a New York è sceso di oltre il 5% e poi stamane ha provato un timido rimbalzo, dopo essere calato ai minimi da luglio, in vista della riunione dell’Opec+. Oggi in Asia i listini sono tutti in ribasso meno Tokyo, mentre a Wall Street i future sono contrastati e poco mossi, dopo essersi presi una pausa ieri, in particolare il Dow Jones, appesantiti dal crollo delle azioni di Walmart e di Cisco.

La Borsa di Tokyo avanza in solitudine in Asia, dopo che il Governatore della Boj, Kazuo Ueda ha detto che la banca centrale discuterà una strategia per uscire dalla sua politica monetaria ultra-espansiva, quando si avvicinerà al raggiungimento duraturo del suo obiettivo di inflazione del 2%, ma non prima.

Seul invece cede oltre mezzo punto percentuale e vanno giù anche le due Borse cinesi, con Shanghai che arretra e Hong Kong in calo del 2%, sulla scia del crollo del 10% dei titoli di Alibaba, che ha lanciato l’allarme sullo stop Usa alle forniture tecnologiche alla Cina e ha cancellato lo spin-off pianificato e la quotazione della sua unità cloud.

Più nel dettaglio, Alibaba ha citato le incertezze sulla fornitura di chip necessari per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, dopo che gli Stati Uniti hanno recentemente inasprito il divieto di esportazione di semiconduttori contro la Cina per motivi di sicurezza nazionale.

La mossa di Alibaba ha evidenziato un problema simile per altre aziende cinesi, che ora devono affrontare la sfida di sviluppare l’intelligenza artificiale senza la tecnologia all’avanguardia fornita dalle aziende statunitensi e in particolare da Nvidia. Baidu e Tencent, che insieme ad Alibaba compongono il trio delle big asiatiche dell’high tech, sono crollate rispettivamente di oltre il 3%. Anche Tencent aveva avvertito di difficoltà simili a quelle di Alibaba all’inizio di questa settimana. 

I colloqui ad alto livello tra il leader statunitense Joe Biden e quello cinese Xi Jinping a San Francisco, hanno prodotto scarso sostegno ai mercati, poichè, al di là delle dichiarazionei di facciata, hanno mirato essenzialmente a riaprire le comunicazioni militari. Inoltre, dopo i colloqui Biden ha definito il suo omologo cinese Xi un “dittatore”, smorzando ulteriormente il sentiment positivo creato dal precedente incontro dei due leader.

A Wall Street i future sono misti e poco mossi, dopo che ieri i tre listini newyorkesi hanno chiuso contrastati, col Dow Jones che si è preso una pausa, giù dello 0,13%, lo S&P in rialzo dello 0,12% e il Nasdaq poco sopra la parità a +0,05%. Il titolo Walmart ha perso oltre l’8%, benchè il colosso della grande distribuzione abbia registrato un utile di 453 milioni di dollari nel terzo trimestre, in netto miglioramento rispetto alla perdita di 1,8 miliardi di dollari, dell’anno precedente.

A pesare in negativo è stato l’avvertimento lanciato dal direttore finanziario del numero uno mondiale della grande distribuzione, John David Rainey, che ha detto alla Cnbc che i consumatori colpiti dall’inflazione continuano a rimandare acquisti più grandi in attesa degli sconti promozionali, facendo eco ai commenti fatti mercoledì dal collega rivenditore Target, quando ha sottolineato le persistenti pressioni sui consumatori derivanti da tassi di interesse più elevati e dai minori risparmi.

A innervosire i mercati ci hanno pensato anche i conti del colosso tecnologico Cisco, il cui titolo è sceso di quasi il 10%, poichè l’azienda di comunicazioni e networking ha tagliato le previsioni sui ricavi e sui profitti per l’intero anno a causa del rallentamento della domanda per le sue apparecchiature di rete.

Più in generale va detto che ieri l’azionario ha perso parte del suo smalto e si è innervosito. Dopo un avvio di settimana in rally, rafforzato dai dati sull’inflazione Usa, che a ottobre è scesa più delle attese, alimentando la speranza che il ciclo del rialzo dei tassi fosse finito e, nonostante il Senato Usa abbia approvato un disegno di legge di spesa tampone per evitare lo shutdown, le Borse hanno perso un po’ del loro ottimismo, perchè sui mercati è tornata l’incertezza su quando la Fed potrebbe iniziare a tagliare i tassi di interesse.

I mercati monetari continuano a scontare la probabilità che la Federal Reserve mantenga i tassi stabili nella riunione di dicembre e vedono circa il 62% di probabilità di un taglio dei tassi di almeno 25 punti base a maggio, anche se i banchieri centrali, specie quelli americani, non hanno abbassato la guardia e continuano ad agitare la minaccia dell’inflazione.

Ieri Lisa Cook del boad della Federal Reserve, parlando a San Francisco, si è soffermata sulle incerte prospettive di raggiungere un “atterraggio morbido”, spiegando che per avere un ‘soft landing’ l’economia Usa dovra’ muoversi sul filo del rasoio, districandosi tra il controllo dell’inflazione e il mantenimento di un mercato del lavoro solido senza innescare un aumento significativo della disoccupazione. 

Non ha invece commentato le prospettive di politica monetaria il presidente della Fed di New York John Williams, che pure era uno dei pezzi grossi attesi al varco. Oggi per la Fed al presidente della Fed di Boston, Susan Colins e a quello della Fed di San Francisco, Mary Daly. Intanto a creare scompiglio sui mercati, è arrivato il crollo del prezzo del petrolio, con il Brent e il Wti che a New York hanno ceduto oltre il 5%, scendendo rispettivamente poco sotto 77 dollari – uno dei maggiori cali giornalieri di quest’anno – e sotto I 73 dollari.

Secondo gli esperti sono inziate le grandi manovre per spingere i Paesi produttori dell’Opec+ a prendere in considerazione l’estensione e l’approfondimento dei tagli alla produzione, quando si incontreranno tra 10 giorni a Vienna. La nota positiva è invece che i rendimenti dei titoli del Tesoro Usa si sono stabilizzati dopo che un rapporto del Dipartimento del Lavoro ha mostrato che le richieste settimanali di disoccupazione sono aumentate più del previsto.

In rialzo anche i future sull’EuroStoxx, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso negative, eccetto Francoforte. Milano dopo 3 sessioni in forte rialzo, ha ceduto lo 0,66%, in attesa del verdetto odierno di Moody’s.

Gli indici europei risentono del raffreddamento globale dei mercati ma anche della paura di una recessione nel Vecchio Continente, la cui economia appare messa peggio degli Usa, mentre l’inflazione è rientrata.

I riflettori restano puntati sui discorsi chiave dei funzionari della Bce e della Fed, mentre Christie Lagarde è intervenuta ieri ma non ha fatto espressamente accenno alla politica monetaria, ribadendo l’invito a non abbassare la guardia su possibili rischi per la stabilità finanziaria aggiungendo che famiglie e imprese saranno ancora messe “a dura prova” dalla “perdurante combinazione di bassa crescita e dall’aumento dei costi di servizio del debito”. Oggi la Lagarde potrebbe riparlare.

GIAPPONE: UEDA, BOJ DISCUTERÀ USCITA DA POLITICA ACCOMODANTE SE INFLAZIONE TORNERÀ AL 2%

Il governatore della Banca del Giappone Kazuo Ueda ha detto che la banca centrale discuterà una strategia per uscire dalla politica monetaria ultra-espansiva quando si avvicinerà al raggiungimento duraturo del suo obiettivo di inflazione del 2%.

Anche la politica degli acquisti e della detenzione di fondi negoziati in borsa dipendera’ da questa condizione. Per ora, ha aggiunto, la banca centrale deve pazientemente aspettare poiche’ non e’ ancora convinta che il Giappone vedra’ l’inflazione raggiungere il 2% in modo sostenibile. 

“Prenderemo in considerazione la fine del controllo della curva dei rendimenti e dei tassi di interesse negativi se possiamo aspettarci che l’inflazione raggiunga in modo stabile e sostenibile il nostro obiettivo del 2%”, ha detto Ueda nella sua audizione semestrale al Parlamento.

“E’ probabile – ha aggiunto- che l’inflazione tendenziale acceleri gradualmente verso il nostro obiettivo di inflazione del 2% nell’anno fiscale 2025. Ma cio’ deve essere accompagnato da un ciclo positivo di inflazione salariale”.

“L’incertezza sulla possibilità che il Giappone vedrà un ciclo salariale-inflazione così positivo è elevata” ha detto ancora Ueda, il quale è sotto pressione per smantellare i massicci stimoli varati dal suo predecessore che consistono in un controllo del rendimento obbligazionario, un obiettivo di tasso negativo a breve termine e massicci acquisti di asset. Tuttavia la debolezza dei consumi complica il percorso di uscita della Boj.

PETROLIO: SCENDE A LIVELLI PIÙ BASSI DA LUGLIO IN VISTA OPEC+

I prezzi del petrolio sono crollati ai livelli più bassi dall’inizio di luglio, esercitando pressioni sul gruppo Opec+ affinchè prendano in considerazione l’estensione e l’approfondimento dei tagli alla produzione quando si incontreranno tra 10 giorni a Vienna. Il Brent è sceso di oltre il 5% poco sotto i 77 dollari al barile – uno dei maggiori cali giornalieri di quest’anno – per mettere a dura a dura prova l’Arabia Saudita e la Russia, i due maggiori produttori mondiali, per i quali la soglia degli 80 dollari va difesa.

Anche il Wti è sceso del 5,5% a 72,48 dollari al barile. Al meeting del 26 novembre Russia, Arabia Saudita e gli altri membri dell’Opec+ valuteranno come rispondere a questo indebolimento del prezzo del greggio. “Potrebbero esserci dei test prima della riunione dell’Opec+. In passato hanno regolarmente annunciato tagli o tagli estesi con prezzi nella fascia di 82-85 dollari”, ha affermato Daan Struyven, capo della ricerca petrolifera di Goldman Sachs.

“Le nostre attuali aspettative sono che il taglio saudita venga esteso completamente alla prima metà del prossimo anno, senza alcuna aspettativa di tagli di gruppo”. Martedì, l’Agenzia internazionale per l’energia ha affermato che il mercato petrolifero dovrebbe tornare in surplus all’inizio del 2024, anche se l’Arabia Saudita estendera’ i tagli alla produzione quest’anno. L’offerta ha continuato a crescere al di fuori dei paesi Opec+, con Stati Uniti, Guyana e Brasile che hanno aumentato la loro produzione di petrolio. 

Il governo brasiliano ha fissato l’obiettivo di diventare il quarto produttore mondiale di petrolio entro il 2029. I tagli “hanno semplicemente comportato una riduzione della quota di mercato dell’Opec+”, ha affermato Edward Gardner, economista delle materie prime presso Capital Economics.

“Questi cali dei prezzi sono dovuti a uno spostamento nell’equilibrio tra domanda e offerta. L’offerta non sembra essere così limitata come previsto”. Mercoledì, la US Energy Information Administration ha riferito che le scorte petrolifere nella più grande economia mondiale sono cresciute di 3,6 milioni di barili, superando di gran lunga le aspettative degli analisti.

“Spetta ora all’Opec+ dare segnali forti nel prossimo incontro”, ha affermato Bjarne Schieldrop, capo analista delle materie prime prime di Seb. “Penso che l’Arabia Saudita richiederà ulteriori tagli al Kuwait, all’Iraq e agli Emirati Arabi Uniti, e questa sarà una discussione dolorosa”.

WALMART LANCIA L’ALLARME SUI CONSUMI IN VISTA DELLE VACANZE E IL TITOLO CROLLA

Il colosso Walmart, il primo rivenditore degli Stati Uniti, lancia l’allarme e avverte che i consumatori americani stanno agendo con maggiore cautela nelle spese in vista delle vacanze natalizie. il titolo crolla dell’8%, benchè il gruppo abbia rialzato la sua guidance per l’intero anno, dopo un terzo trimestre superiore alle previsioni.

A pesare è l’avvertimento lanciato dal direttore finanziario di Walmart, John David Rainey che ha detto alla Cnbc che i consumatori colpiti dall’inflazione continuano a rimandare gli acquisti più importanti in attesa degli sconti promozionali, facendo eco ai commenti fatti mercoledi’ dal collega rivenditore Target, secondo il quale i tassi di interesse più elevati e la diminuzione dei risparmi delle famiglie hanno reso le vendite “piuttosto irregolari” negli ultimi due mesi.

A fare da scudo a Walmart contro l’indebolimento generale delle vendite è stata la maggiore attenzione del gruppo ai generi alimentari. Oltre la metà della merce trattata da Walmart è composta da cibo e altri beni di prima necessità quotidiani. Il più grande rivenditore al dettaglio del mondo ora prevede che le sue vendite nette per quest’anno cresceranno tra il 5% e il 5,5%, contro un precedentemente stimato +4-4,5%.

Si prevede che l’utile per azione rettificato sarà compreso tra 6,40 e 6,48 dollari per azione, rispetto ai precedenti 6,36 e 6,46 dollari per azione. Nel terzo trimestre le vendite di Walmart sono cresciute in modo comparato del 4,9%, sopra l’atteso +3,2%. I ricavi si sono attestati a 160,8 miliardi di dollari e gli utili rettificati a 1,53 dollari per azione, enrambi leggermente superiori alle aspettative. 

ALIBABA: STOP A PIANO PER SCORPORARE ATTIVITÀ CLOUD, TITOLO GIÙ DEL 10%

Il titolo di Alibaba cala del 10% a Hong Kong, dopo che il colosso cinese ha segnalato l’impatto delle recenti restrizioni alle esportazioni di chip statunitensi e dopo la decisone del gigante dell’e-commerce di abbandonare I piani per scorporare il business del cloud e di sospendere i piani per quotare in borsa la sua unità di supermercati.

Alibaba ha citato le incertezze sulla fornitura di chip necessari per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, dopo che gli Stati Uniti hanno recentemente inasprito il divieto di esportazione di chip contro la Cina proprio per proteggere i materiali relativi all’intelligenza artificiale. Alibaba ha affermato che i controlli sulle esportazioni statunitensi hanno creato “incertezze” per la sua attività nel cloud e che per questo ha sospeso i piani per scorporare il business del cloud e per quotare la sua attività di generi alimentari Freshippo mentre “valuta le condizioni di mercato”.

Alibaba aveva dichiarato a marzo che avrebbe suddiviso le sue attività in sei unità per creaare valore per gli azionisti e stimolare la crescita. L’annuncio di ieri è arrivato mentre i risultati del terzo trimestre del gruppo sono scesi al di sotto delle stime degli analisti.

Alibaba ha dichiarato che i ricavi nel trimestre terminato a settembre sono aumentati del 9% a 224,8 miliardi di Remimbi (30,8 miliardi di dollari), sotto gli attesi 272 miliardi di Remimbi. L’utile netto si è attestato a 27,7 miliardi di Rmeimbi, in aumento rispetto alla perdita netta di 20,6 miliardi dell’anno precedente. 

XI INCONTRA I BIG DELL’INDUSTRIA USA

Il capitale straniero fugge dalla Cina. Eppure, nel suo primo viaggio negli Stati Uniti in sei anni, il leader cinese Xi Jinping non ha fatto alcun tentativo di riconquistare le imprese e gli investitori americani.

Durante una cena con i capi aziendali statunitensi, tra cui i ceo di Apple e BlackRock, Tim Cook e Larry Fink, nonchè il top management di Fedex, Boeing, Qualcomm e Pfizer, tutte aziende con grandi investimenti in Cina, Xi ha cercato di ottenere aiuti per allentare le tensioni bilaterali ma non ha parlato ne’ di commercio ne’ di investimenti.

Il biglietto di ingresso per la sua cena costava 2.000 dollari a persona e la tariffa saliva a 40.000 dollari per sedersi al tavolo con vicino a lui. Il ceo di Tesla, Elon Musk ha salutato Xi ma non è rimasto per la cena, mentre altri big come Mark Zuckerberg non si sono fatti vedere.

Il pubblico, riunitosi all’Hyatt Regency nel centro di San Francisco, ha riservato a Xi una standing ovation mentre il leader cinese saliva sul palco, e ha applaudito più volte durante il suo discorso ma il clima era molto diverso da quello del 2015, quando Xi portò con sè molti capi di aziende tech cinesi, tra cui il fondatore di Alibaba, Jack Ma.

L’evento ha avuto luogo in una notte in cui molti leader aziendali erano già impegnati in una cena separata organizzata da Biden per i leader dei paesi asiatici a San Francisco per il forum dell’Asean. Xi è arrivato a negli Usa questa settimana con la duplice missione di stabilizzare le relazioni con gli Stati Uniti e di ripristinare la fiducia degli investitori nell’economia cinese.

Il primo obiettivo è quasi andato in porto, dopo l’incontro con Biden, ma sul secondo target pesa la mancanza di piani del leader cinese per rafforzare i legami commerciali.

Con una crisi del debito e una prolungata recessione in vista, Xi e i suoi luogotenenti avrebbero voluto arginare l’esodo di capitali stranieri che per anni ha contribuito a guidare la crescita della Cina.

A ostacolare questo sforzo però c’è l’agenda di sicurezza nazionale del leader, che antepone la difesa dalle minacce straniere percepite allo sviluppo e anche da parte americana c’è una forte diffidenza nei confronti della Cina e delle imprese cinesi, tanto che un funzionario americano ha confidato al Wsj che probabimente Biden preferirebbe che la maggior parte degli investimenti statunitensi in Cina “tornasse negli Stati Uniti”. 
 

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