MILANO – Una sentenza della Corte di Cassazione sulle polizze unit linked ha messo in subbuglio il mondo assicurativo (e in parte anche gli assicurati), rischiando di rivoluzionare quelle che ormai da anni rappresentano le galline dalle uova d’oro del mercato (ormai contano per poco meno di un terzo delle polizze vita). La Corte infatti ha stabilito che questi prodotti rappresentano investimenti finanziari e non polizze vita. Una differenza sostanziale: le polizze vita infatti hanno un trattamento differenziato dal punto di vista fiscale ed ereditario; in più, non possono essere sequestrate né pignorate.
Secondo la Cassazione il famigerato Ramo III delle compagnie assicurative – costituito quasi solo di unit linked – non ha le caratteristiche di una polizza vita (la sentenza si riferisce ad un prodotto sottoscritto attraverso una fiduciaria, ma la sostanza non dovrebbe cambiare). L’elemento che fa la differenza è che in una unit linked il rischio finanziario è tutto sulle spalle dell’assicurato e non c’è garanzia di restituzione del capitale né accollo del cosiddetto rischio demografico (il caso morte).
Diversa la valutazione dell’Ania, secondo cui la sentenza della Cassazione si riferisce a un caso specifico e non mette a repentaglio il mercato. “La sentenza – commenta l’Ania – non prende posizione sulla qualificazione dei contratti assicurativi sulla vita ma si riferisce a un caso specifico, caratterizzato dal ruolo assunto da una società fiduciaria”. A giudizio dell’associazione di categoria “non si rilevano nella pronuncia della Suprema corte conclusioni che mettano in dubbio la connotazione di prodotto assicurativo con riferimento alle polizze con contenuto finanziario”.
Nelle polizze vita tradizionali due elementi giocano un ruolo: la garanzia del capitale (e, in tempi meno recenti, anche di un rendimento minimo) e un’assicurazione accessoria, anche piccola, sul rischio morte. Ma le polizze tradizionali hanno anche un’altra caratteristica: assorbono molto capitale per le compagnie (che a fronte di ogni premio emesso devono avere a disposizione una certa quota di patrimonio). A differenza delle polizze unit linked.
Non a caso ormai sono solo questi prodotti a riscuotere l’interesse delle compagnie di assicurazione. Gli ultimi dati di Generali, solo per fare un esempio, parlano di un incremento dei nuovi premi Ramo III del 9,9% nella trimestrale (mentre i premi delle polizze vita nette sono scese del 20%).
Bisognerà vedere come si assesterà il mercato, dopo questa sentenza. C’è da dire che molto spesso le unit linked rappresentano la “sostanza” della polizza, ma formalmente fanno parte dei cosiddetti “prodotti ibridi”, cioè che hanno anche una componente assicurativa tradizionale. Un’ipotesi a metà, quindi, tra Ramo I e prodotto finanziario.
Le unit linked già in passato avevano sollevato qualche perplessità da parte delle autorità, proprio perché trasferiscono tutto il rischio dell’investimento sul sottoscrittore, in parte allontanandosi dalla “filosofia” assicurativa. La convenienza dal punto di vista regolamentare (l’assorbimento di capitale) e la difficoltà di garantire rendimenti in un contesto di tassi negativi ha fatto il resto, decretando il successo clamoroso di questi prodotti. Finora. “Le conseguenze della sentenza andranno valutate nel dettaglio (l’Ania si è riservata di analizzarne le conseguenze), ma certamente nel breve l’attività commerciale subirà un rallentamento”, spiega Giuseppe Mapelli, analista Equita del settore assicurativo.