RIMINI – “Se le persone avessero l’umanità di capire, anziché additare, potrebbero comprendere il dolore che ha passato questa ragazza, questa mamma, quando ha capito che stava per arrivare la sua fine, che stava per lasciare i suoi figli. Uno strappo terribile”. Maria Grazia Tosi è la zia di Alessandra, la donna di 34 anni morta il 2 settembre a Rimini per le metastasi originate da un tumore al seno, che aveva scelto di non combattere con la chemio ma con terapie alternative. “Ho deciso di parlare per difenderla contro alcune cose non vere dette su di lei. Non era una stupida, non si curava con ricotta e ortiche. Era una donna forte e intelligente”.
Signora Tosi, perché Alessandra ha rifiutato la chemioterapia?
“Cinque anni fa, quando ha scoperto di avere un tumore al seno, si è operata subito con un buon risultato. Ma lei è sempre stata contraria ai farmaci. Per un anno ha seguito una terapia ormonale che è stata molto pesante, le causava cefalee fortissime, giorni interi a letto. Non aveva più una vita normale. E ha scelto di seguire la cura Di Bella”.
Non il discusso metodo Hamer, inventato dell’ex medico tedesco?
“A quello si è avvicinata solo alla fine della sua vita, non l’ha seguito”.
Come sono cambiate le cure?
“Dopo l’operazione ha seguito dei metodi più naturali, meno invasivi. Per cinque anni è stata bene. Fino allo scorso marzo quando ha scoperto di avere una metastasi molto estesa. Era già troppo tardi”.
Anche in quel momento ha detto no alla chemio?
“Esatto, ha detto no”.
Voi familiari come avete preso la decisione?
“Cinque anni fa io non ho condiviso la sua scelta. Tutti noi parenti abbiamo disapprovato, all’inizio. Abbiamo provato a convincerla, ma il confronto non iniziava neanche. Era tosta, Alessandra. Poi abbiamo rispettato le sue volontà. Negli ultimi mesi, in ospedale, avevamo ripreso il discorso: “Non me ne parlate neanche”, ci ha detto. Sapeva che c’erano poche possibilità di sopravvivenza”.
Se tornasse indietro di cinque anni insisterebbe di più?
“Non sarebbe servito. Uno di noi, a un certo punto, le ricordò dei suoi figli, di sette e nove anni. Disse: non usateli per questo argomento”.
I medici hanno detto che dopo l’operazione, con la chemio, avrebbe avuto altissime percentuali di sopravvivenza.
“Io non sono un medico, non ho quelle conoscenze. Ma so che un oncologo parla in un modo, un chirurgo in un altro. È difficile stabilire la percentuale di guarigione. Com’è possibile averla con certezza? Lei ha scelto con cognizione. Se avesse fatto la chemioterapia non ci sarebbe stata la certezza di sopravvivere. Non c’erano certezze su niente. Dopo l’operazione ha vissuto cinque anni splendidamente”.
Come avete trascorso gli ultimi mesi?
“Noi siamo stati spettatori di questa tragedia. Ognuno di noi ha recitato una parte, tutti le siamo stati vicino giorno e notte fino alla fine. Anche i medici e gli infermieri, che ormai le volevano bene”.
Che idea si è fatta delle terapie alternative come il metodo Hamer?
“Penso che si stiano allargando in maniera