C’è stato un tempo in cui l’Italia era uno dei maggiori protagonisti nel mercato automobilistico. Purtroppo, le sfide attuali hanno messo in ginocchio l’industria locale. E i nuovi dati diffusi dalla Fim-Cisl confermano il momento buio attraversato. Secondo quanto si apprende, le fabbriche di Stellantis della penisola hanno prodotto 475.090 vetture e veicoli commerciali leggeri nel 2024, segnando un calo del 36,8% rispetto ai 751.384 del 2023.
Mai così male dal 1956
“Per trovare un dato così basso bisogna spostare le lancette al 1956”, ha dichiarato il sindacato. Sulla brusca flessione ha inciso soprattutto il settore delle autovetture, con 283.900 unità realizzate, in contrazione del 45,7%. Nel complesso, i veicoli commerciali se la cavano abbastanza bene: i 192.000 esemplari costruiti corrispondono a una flessione del 16,6%.
La Fim-Cisl ha sottolineato come questi numeri siano il risultato di “un aggravio in termini di volumi e di aumento dell’uso di ammortizzatori sociali e di chiusure anticipate, coinvolgendo quasi 20 mila lavoratori”. E neppure il futuro immediato appare promettente. Le prospettive per il 2025 appaiono poco ottimiste. Jean-Philippe Imparato, responsabile Europa di Stellantis, ha definito “di transizione” l’anno appena iniziato.
L’attività rimarrà stagnante fino all’arrivo delle nuove assegnazioni attese nel 2026, quando il nuovo piano industriale dovrebbe entrare in vigore. “Mancano ancora risposte importanti sulla gigafactory, sul rilancio di Maserati e su altri aspetti”, ha dichiarato la Fim-Cisl, nonostante riconosca un segnale di cambiamento rispetto al passato.
Si salva solo Atessa
Scendendo nel dettaglio, la panoramica fornita dalla Fim-Cisl evidenzia il grave stato di recessione degli stabilimenti. Mirafiori ha prodotto appena 25.920 unità, calate del 69,8% in dodici mesi. E per fortuna che il polo torinese può contare sulla Fiat 500 con 23.670 esemplari costruiti. La nota più dolente riguarda Maserati: solo 2.250 vetture costruite, cioè il 74% in meno di dodici mesi prima. L’addio a modelli come Ghibli, Quattroruote e Levante ha contribuito al crollo.
E tira un’aria ancora più critica a Modena, con 260 veicoli realizzati, pari a un meno 79,1%. La manodopera di Cassino (Piedimonte San Germano) ha realizzato 26.850 unità, corrispondenti a una flessione del 45%.
Limita i danni Pomigliano d’Arco, dove la recessione è stata del 21,9%. La linea dell’Alfa Romeo Tonale e della Dodge Hornet ha riportato un calo di ben il 55%, parzialmente compensato dalla Fiat Panda, rappresentante il 59% della produzione nazionale con 131.000 unità. La nuova generazione della best seller, chiamata Grande Panda, vedrà la luce a Kragujevac, in Serbia. Tuttavia, la conferma della Panda attuale dimostra una volontà di mantenere continuità produttiva in Italia
Il punto più basso in termini assoluti lo tocca Melfi. Nel corso dei dodici mesi hanno lasciato la catena di montaggio soltanto 62.080 unità, 108.000 in meno rispetto al 2023 (-63,5%). Per capire l’entità del fenomeno, nel 2018 vedevano la luce 340.000 vetture. In questo scenario critico si salva Atessa: i veicoli commerciali leggeri fabbricati sono stati 192.000 mila, in flessione del 16,6%.
La Fim-Cisl non fa mistero dei timori relativi al futuro: “Siamo di fronte a una situazione senza precedenti, e servono risposte concrete per garantire il rilancio del settore automobilistico italiano”. Con il piano industriale in arrivo nel 2026, Stellantis si trova davanti a una sfida cruciale per il futuro delle sue fabbriche italiane e dei lavoratori coinvolti.