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Meno male che Federer c’è: cento di questi giorni, Roger

Lug 4, 2016

WIMBLEDON – Meno male che Roger c’. Alla fine della prima settimana di Wimbledon, quando tutti pensavano di assistere a un’altra tappa della marcia di Novak Djokovic, gi vincitore a Melbourne e a Parigi, verso uno storico Grande Slam, il numero uno del mondo scomparso dal tabellone, inopinatamente sconfitto dall’americano Sam Querrey e, forse, da se stesso.

C’ invece, come sempre, Roger Federer, che, sui prati dell’All England Club, ha gi vinto sette volte. Sarebbe bello – ha detto in conferenza stampa a chi gli chiedeva quale sia il prossimo obiettivo della sua vita tennistica – vincere a Wimbledon un’altra volta. Del resto, della mia vita tennistica non resta molto. Una rara ammissione che il tempo passa anche per lui da parte di un soggetto che ha sempre avuto un forte senso della propria immortalit. Quanto al resto della sua vita in generale, Beh, devo chiedere a mia moglie, ha detto, suscitando una risata collettiva, visto che l’assertivit di sua moglie Mirka ben nota.

“Sarebbe bello vincere a Wimbledon un’altra volta. Del resto, della mia vita tennistica non resta molto”

Roger Federer

Le conferenze stampa di Federer deliziano ormai gli spettatori quanto le partite: il tempo ha acuito il suo sense of humour e smussato quella monomania e quell’incapacit di riconoscere le proprie (poche) limitazioni che lo contraddistinguevano in passato. Quanto al campo, Federer si liberato sbrigativamente dell’americano Steve Johnson in tre set. Un rivale non alla sua altezza, ma dopo la sorpresa Querrey, pi di un suiveur di Wimbledon era preoccupato. Per Roger, gioco d’attacco, discese a rete, souplesse, come ai vecchi tempi. Nel box di Federer, sedeva serafico Stefan Edberg, che non pi il suo coach, ma resta una bella icona se uno vuol ricordare come si fa il serve-and-volley.

Davanti a Federer si parano ora ostacoli pi probanti. Il prossimo, nei quarti di finale, il croato Marin Cilic, che due anni fa, allo Us Open, mi ha spazzato via in tre set e non mi ha nemmeno fatto entrare in partita. Fu la semifinale che apr a Cilic la porta di quello che finora il suo unico Slam. Come stavolta a Wimbledon, con l’eliminazione di Djokovic il tabellone lasciava un varco a Federer e a tutti i nostalgici e gli esteti che sperano di vedere un’ultima volta Roger alzare quella coppa sulla quale il suo nome stato gi inciso sette volte. Mi ricordo di aver giocato contro Goran Ivanisevic, ricorda Federer: l’eroe nazionale di Croazia, vincitore qui nel 2001, dopo una cavalcata pazza come lui, oggi il coach di Cilic. A quanto pare, ho giocato contro quasi tutti i coach che ci sono qui, scherza Il campione svizzero, in un’altra ammissione del tramonto che si avvicina per una leggendaria carriera.

Intanto, Andy Murray, per il quale dopo il voto per Brexit, tornano a sventolare le bandiere scozzesi di Saint Andrew, pi delle Union Jack, buttando fuori dal campo l’ australiano Nick Kyrgios, il cui talento non pari alla sua impertinenza, ha ricordato a tutti che ora il mantello del favorito spetta a lui.

Intanto, non c’ che da augurare a Federer cento di questi giorni. Per lui, e per noi.

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