MILANO – Scattano quelle che in gergo tecnico chiamano “prese di beneficio” sul titolo Mediaset, che si è scaldato negli ultimi giorni passando dai 2,7 euro del 12 dicembre ai 3,8 di ieri. Oggi, dopo un simile balzo, alcuni investitori preferiscono vendere l’azione del Biscione e magari portare a causa una lauta plusvalenza (segui in diretta).
Un guadagno-lampo generato dalla battaglia tra la famiglia Berlusconi, attiva attraverso la holding Fininvest, e il finanziere bretone Vincent Bolloré, che ha armato la sua Vivendi, per il controllo delle televisioni di Cologno. Il gruppo transalpino si è portato al 20% del capitale di Mediaset, con una raffica di mosse rapidissime avviate lunedì con l’ufficializzazione di una quota del 3,01%. Dal suo canto, Fininvest si è arroccata nei pressi del 40%, soglia che per i prossimi mesi non potrà superare a meno di lanciare un’Offerta pubblica sull’intera società.
L’ex cavaliere (si era autosospeso), Silvio Berlusconi, è uscito con una nota che accusa direttamente Vivendi di essere ostile. Un messaggio chiaro anche all’interno, quando ha specificato che la sua famiglia è “compatta” e non ha alcuna intenzione di farsi “ridimensionare” nel ruolo imprenditoriale. Giù le mani, dunque, dall’impero mediatico. Che pure è preso seriamente d’assalto dal colosso francese, le cui intenzioni restano da decifrare. Nella prima comunicazione di Vivendi, quella in cui è uscita allo scoperto con la posizione del 3,01%, il gruppo ha fatto un preambolo ricordando l’accordo naufragato sulla cessione di Premium e la strategia industriale che potrebbe nascere dall’unione delle due forze. Ma ha anche specificato che l’allora auspicio di arrivare a una quota tra il 10 e il 20% (poi raggiunta effettivamente nelle ore successive) era un “punto d’inizio”.
Da Arcore hanno fatto sapere senza mezzi termini che non è con una scalata ostile che si inizia un rapporto industriale. E anche il governo ha preso la parola, definendo poco appropriato l’approccio francese a uno dei più grandi gruppi media italiani. Sullo sfondo, resta la necessità di tutti di trovare il modo per fermare l’avanzata dei nuovi produttori e distributori di contenuti come Netflix e di far fruttare i grandi investimenti fatti sulla televisione a pagamento (a cominciare dai diritti del calcio di Premium). La partita rischia di riguardare anche Telecom, che oggi è acquistata a Piazza Affari. Vivendi è il socio di riferimento della compagnia Tlc e il puzzle del settore allargato ai media potrebbe coinvolgerla. La sensazione, al netto degli interventi della procura, è che il botta e risposta tra le due parti durerà a lungo.