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Mazara, i cento giorni dei pescatori sequestrati in Libia fra speranza e disperazione

Dic 8, 2020
E’ amareggiato il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci: “Sono sincero – dice – c’è molta delusione nella nostra gente. La speranza di poter vedere i nostri uomini entro Natale è ormai appesa a un filo”. Era il primo settembre, 18 pescatori a bordo di due imbarcazioni vennero fermati da una motovedetta della milizia del generale Khalifa Haftar a 40 miglia dalla costa libica, e adesso sono reclusi nel carcere di El Kuefia, a pochi chilometri da Bengasi.

Cento giorni di ansia per i familiari, che hanno organizzato anche un presidio a Roma davanti al Parlamento. Ansia che è cresciuta giorno dopo giorno, nonostante le due telefonate arrivate da uno dei pescatori. La prima, rapidissima, il 16 settembre; la seconda, l’11 novembre. Solo per dire: “Stiamo tutti bene”.

“Purtroppo stiamo vivendo il contraccolpo psicologico di quella seconda chiamata arrivata ai parenti – dice il sindaco di Mazara – a questo punto ci si chiede se quella telefonata era un obiettivo intermedio, mentre si cercava di arrivare a una soluzione, o era solo per portare un po’ di pace tra i familiari”. Quella telefonata aveva accesso tante speranze. “Pensavamo tutti che finalmente una trattativa congelata e immobile stesse andando avanti – dice ancora il primo cittadino di Mazara – e invece niente”.

Ora, un’altra speranza è legata alle parole che il premier Giuseppe Conte ha pronunciato nell’intervista al direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari: “Stiamo lavorando intensamente, notte e giorno, a tutti i livelli – ha detto il presidente del Consiglio – per ottenere questo risultato. Spero davvero che i nostri sforzi siano coronati dal successo”.

Commenta il sindaco: “Naturalmente sappiamo bene che ci sono delle trattative coperte da massima riservatezza. Ma quello che ho sempre lamentato è la mancanza di una comunicazione diretta tra il governo e noi. Capisco che non è possibile un aggiornamento sullo stato dei fatti, ma una fonte autorevole che interloquisse con l’amministrazione di Mazara costituirebbe un elemento in più per superare tutti insieme questo periodo”.

Le moglie e le figlie dei marinari annunciano un nuovo presidio a Roma, nei giorni di Natale. Si fa sentire anche il vescovo della città, monsignor Domenico Mogavero, che non usa mezzi termini: “E’ ora che chi di dovere intervenga, anche con corpi speciali, affinché i pescatori possano fare rientro nelle loro famiglie”. Ma l’opzione militare non c’è fra le ipotesi del governo. C’è in ballo una difficile operazione diplomatica, il sequestro dei pescatori siciliani è diventato il messaggio del generale Haftar, che punta a controllare tutta la Libia.

Mogavero rilancia: “Chi ha la responsabilità deve impegnarsi affinché questi episodi non si ripetano più; in altri tempi abbiamo tollerato episodi simili che si sono conclusi in tempi molto più ravvicinati. Adesso diciamo che è stata superata ogni misura”. La diocesi guidata

da monsignor Mogavero si sta facendo carico di pagare le utenze delle famiglie, e anche l’acquisto di beni di prima necessità.

Il sindaco rilancia sulla necessità di una nuova fase di impegno sul caso: “Fra i pescatori sequestrati ci sono anche stranieri, e loro non hanno avuto le stesse attenzioni – dice – la telefonata ha raggiunto solo i familiari italiani”. Otto pescatori sono di nazionalità italiana, sei sono tunisini, due senegalesi e due indonesiani. “La battaglia deve essere per tutti loro”, ribadisce il sindaco. Mentre al lavoro ci sono anche due avvocati in Libia, nominati dalle famiglie tramite la Farnesina. Ma contro i pescatori detenuti non è stato ancora emesso nessun atto d’accusa ufficiale.

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