“Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella insieme con il mio piantone perché sono sulla sedia a rotelle. Ci hanno massacrato, hanno ammazzato un ragazzo. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso”: Vincenzo Cacace è uno delle vittime del pestaggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nella sua testimonianza la ricostruzione della violenza inaudita e gratuita, da parte degli agenti di polizia. “Volevano farci perdere la dignità ma l’abbiamo mantenuta – continua Cacace – Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali”.
“Circa trecento agenti della polizia penitenziaria, con i volti coperti, in assetto antisommossa, entravano in ogni cella e ci riempivano di botte”, racconta un altro detenuto: “Quel che è successo a me è che sono entrati e ci hanno messo agli angoli della cella e hanno iniziato a malmenarci. Poi ci hanno buttato fuori, uno alla volta e lì c’erano altri agenti, in fila a destra e sinistra. Ci riempivano di parolacce, ‘siete la feccia della società’, ci dicevano, ‘qui comandiamo noi’. Piangevamo per il dolore. Non nascondo che sono ancora traumatizzato per quello che è successo”.