• 28 Novembre 2024 3:42

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Maserati Biturbo, la sportiva biturbo anni ’80 creata per la massa

Set 28, 2024

Non tutte le ciambelle nascono col buco. Nella storia di qualsiasi azienda automobilistica con abbastanza anni alle spalle è possibile individuare alcuni flop, totali o parziali. Lanciata con l’obiettivo di dare filo da torcere a vetture premium come la BMW Serie 3 e la Mercedes-Benz Classe C, la Maserati Biturbo ha raccolto meno di quanto la Casa del Tridente sperasse. Il prezzo molto competitivo, almeno in rapporto alle dirette concorrenti, spinse a puntare in alto. Ma una serie di problemi tecnici frenò la scalata alle vette delle classifiche commerciali, in Italia e nel resto d’Europa.

La nascita

La nascita della Maserati Biturbo ebbe luogo nel 1981, in un periodo già travagliato a sufficienza per la Casa modenese. Sei anni prima, infatti, l’imprenditore argentino Alejandro de Tomaso la acquistò, capitalizzando la crisi in cui il Costruttore era finito, travolta da una combinazione di fattori economici, industriali e gestionali la portò.

Fonte: Ufficio Stampa MaseratiLa presentazione della Maserati Biturbo ebbe luogo presso il quartier generale del Tridente di Modena

Ebbe un impatto devastante la famigerata crisi energetica del 1973, provocata dall’embargo imposto dai Paesi dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio). Ciò determinò un’impennata improvvisa dei prezzi del cosiddetto oro nero, il che andò a colpire le abitudini di consumo. In merito ai modelli Maserati, la gamma montava motori grandi e dispendiosi, quali i potenti V6, V8 e V12, tipici delle sportive di lusso. Intanto, la potenziale clientela cominciò a preferire esemplari piccoli e dalle performance inferiori.

L’ennesima tegola nel caso di una compagnia caratterizzata da un portafoglio prodotti di fascia alta. Mentre i fattori esterni assestavano un duro colpo, Citroën, che l’aveva acquisita nel ‘68, riscontrò delle criticità.

All’inizio la sinergia aveva dato dei frutti, tra cui l’introduzione di tecnologie avanzate (le sospensioni idropneumatiche del Double Chevron, ad esempio), ma i conti ora vacillavano. Consapevole della necessità di agire, e al più presto, il governo francese orchestrò una fusione con il gruppo Peugeot. La Losanga preferì non mantenere il controllo su Maserati, dissuasa dalle attività troppo costose e poco redditizie. Comunque, la realtà emiliana ebbe, a sua volta, delle responsabilità nelle personali disavventure.

A dispetto della cura riporta sul fronte tecnico, certe proposte, dalla Bora alla Merak, si rivelarono un buco nell’acqua. L’ingresso di de Tomaso, padre fondatore dell’omonima Casa automobilistica, fu accompagnato da un corso inedito. Sotto la sua guida, ebbe luogo un processo di ristrutturazione, focalizzato su modelli più accessibili. L’animo sportivo rimaneva, tuttavia i veicoli risultavano meno cari.

La presentazione della Maserati Biturbo ebbe luogo il 14 dicembre 1981, in occasione dei 67 anni dell’azienda. Anziché in un salone tradizionale, come quelli di Ginevra o di Parigi, si preferì svelarla durante un evento privato, organizzato presso il quartier generale di Modena. Davanti a giornalisti e addetti ai lavori, le venne tirato su il velo con l’ambizione di conquistare un pubblico più ampio rispetto al passato.

Design sobrio e accessibile

Affidato a Pierangelo Andreani, nominato responsabile del centro stile del Costruttore un anno prima, il design era più sobrio e accessibile rispetto alle precedenti supercar. Il frontale aggressivo era facilmente riconoscibile, mentre la griglia anteriore esaltava l’immagine di prestigio e potenza. Visibili attorno alla griglia e ai finestrini, conferivano eleganza, in contrapposizione alla severità delle linee. Il cofano, lungo e con pieghe accentuate, rimarcava il dinamismo generale. Mirava a sottolineare l’animo brioso, pronto a scattare non appena il guidatore avesse stimolato il “cuore pulsante”.

Osservata di profilo, la carrozzeria era sobria e funzionale. Piatte e lisce, le linee donavano un aspetto sobrio, ma, al tempo stesso, muscoloso. I passaruota, un po’ allargati, suggerivano una robustezza di fondo. Seppur compatta, la Maserati Biturbo offriva pure degli spunti meno rigorosi, specie uno: il tetto inclinato, capace di attribuire un senso di fluidità. Il posteriore ribadiva la sobrietà complessiva: i fari, rettangolari e orizzontali, si integravano in modo discreto al resto. Il bagagliaio presentava una lieve sporgenza, simile a uno spoiler, senza apparire troppo appariscente.

Abitacolo avvolgente, ma non privo di lacune

Appena si varcava la soglia d’ingresso, un’atmosfera lussuosa avvolgeva gli occupanti. Raffinati e di stampo tradizionale, basato sulla raffinatezza, gli interni vantavano dei materiali pregiati. La pelle, morbida e pregiata, veniva utilizzata per i sedili e i pannelli delle portiere. Personalizzabile a piacimento nelle tonalità, lasciava agli acquirenti una maggiore personalizzazione. Gli inserti in legno pregiato, raccolti soprattutto nella zona del cruscotto e del tunnel centrale, aggiungevano un ulteriore tocco di classe. A partire dagli allestimenti base, contraddistinti da un ampio ricorso a tessuti di qualità, era evidente il desiderio di lasciare un’impronta forte nell’animo degli appassionati.

Fonte: Ufficio Stampa MaseratiGli interni della Maserati Biturbo crearono qualche problema

Eleganti quadranti rotondi facevano da cornice ai principali indicatori, come il tachimetro e il contagiri. Un elemento distintivo era l’orologio analogico, collocato in posizione centrale, simbolo di tradizione e raffinatezza. Le tecnologie erano adeguate agli standard di allora, con l’impianto audio che poteva disporre pure di un lettore di cassette nelle versioni di punta, seppur non di qualità hi-fi.

Il clima era sia automatico sia manuale, peccato che mostrasse delle carenze, alla pari di diverse produzioni dell’epoca. Che vennero rimarcate dagli esperti, soprattutto sul fronte dell’elettronica, segnata da malfunzionamenti con luci e pulsanti. In configurazione 2+2 nella prevalenza delle Maserati Biturbo, l’abitacolo ospitava fino a quattro persone (più una quinta, che doveva, però, stare piccola). La variante cabriolet risultava un po’ compatta, ciononostante lo spazio a bordo era soddisfacente.

Eterna incompiuta

La Maserati Biturbo venne fabbricata tra il 1982 ed il 1992. Ispirata alla Maserati Quattroporte disegnata da Giugiaro e prodotta nello stesso periodo, negli esemplari destinati al mercato estero venne realizzata con un motore da 2.491 cm³, mentre per quelli destinati al mercato nazionale la cilindrata venne ridotta a 1.996 cm³. La potenza era comunque abbastanza soddisfacente, pari a 180 CV per le 2000 e 192 CV per le 2500.

Questo permise alla Casa di evitare il regima IVA al 38% previsto per le auto di cilindrata superiore a 2.000 cm³. E fu proprio il prezzo di listino molto basso (poco più di venti milioni di lire) a far supporre all’azienda automobilistica emiliana una tiratura di circa 5.000 veicoli all’anno. Di conseguenza, si stabilì di affidare l’assemblaggio del motore e delle sospensioni alla sede Maserati di Modena, mentre le restanti parti venivano prodotte alla Innocenti di Milano Lambrate.

L’obiettivo prefissato non venne però mai conseguito. Le principali lacune ravvisati nei primi modelli di Maserati Biturbo furono legati agli anelli che sorreggevano il sistema di scarico. In alcuni casi registrati in Canada e nel resto del Nordamerica il materiale con cui questi erano costruiti (gomma sintetica) si surriscaldava dando origine ad incendi. Anche la scelta di aumentare il prezzo di listino, dopo poche settimane dal lancio, per portarlo da 22 a 26 milioni di lire contribuì a rallentare le vendite della Maserati Biturbo.

Nel 1984 l’azienda la sottopose a restyling. Nella nuova Biturbo S inserì i rivestimenti per i sedili con tessuto Missoni, prese d’aria sul cofano ed una mascherina a nido d’ape nera sul davanti, alettoni e minigonne ai fascioni, che donavano una linea ancora più sportiva. La produzione cessò definitivamente nel 1992, per far posto alla Maserati Ghibli, di fatto un’evoluzione della Biturbo con elementi mutuati dalla Racing. Che, estrema evoluzione, era stata lanciata nel 1991 (due anni dopo il passaggio del Tridente da De Tomaso a Fiat), in appena 230 unità. La variante ad alte prestazioni era spinta da una versione evoluta del sei cilindri 25 valvole, portate a 285 CV.

I punti deboli riscontrati impedirono alla Biturbo di tener fede alle aspettative, rendendola, di fatto, un’eterna incompiuta. Annunciata tra squilli di tromba, realizzò solo in parte il proprio potenziale. Il crescente interesse riscosso dalle vetture degli anni Ottanta e Novanta tra i collezionisti ha riacceso le luci dei riflettori su di lei: in media, raggiunge una quotazione tra i 10.000 e i 30.000 euro, anche se esemplari in perfette condizioni possono spingersi fino a 40.000 euro.

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