• 2 Maggio 2024 18:36

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Marseille – Netflix in Francia è una scommessa vinta?

Ott 1, 2016

Netflix è riuscita in pochi anni a ritagliarsi uno spazio tra i colossi dell’entertainment televisivo, grazie alle sue strategie di marketing, gli accordi vantaggiosi con le major e un modello vincente di business. Il numero degli Original Netflix cresce di mese in mese (alcuni anche sotto licenza Marvel) e sebbene la qualità non manchi, forse stiamo intravedendo alcuni limiti di queste produzioni. Lanciato e promosso come il primo lavoro francese,Marseille tenta di trasporre la formula vincente di House of Cards verso un gusto più europeo. Il risultato non è affatto indecente, ma ha alcuni problemi di sceneggiatura.

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Robert Taro (Gerard Depardieu) è il sindaco di Marsiglia da oltre vent’anni ed è pronto a lasciare la poltrona al suo vice Lucas Barres, per ritirarsi a vita privata. La sua ultima iniziativa sarà far approvare la costruzione di un casinò statale nel porto della città, in modo da strappare alla malavita il monopolio sul gioco d’azzardo. Ma al momento della vendita del terreno, il suo protetto decide di tradirlo. Inizia così una guerra aperta senza esclusione di colpi fra i due, entrambi candidati per le imminenti elezioni municipali. Lo scontro coinvolgerà direttamente la famiglia di Taro e farà riemergere un mistero dal passato del sindaco.

Le otto puntate di questa miniserie puntano, in maniera forse troppo frettolosa, a far evolvere lo scontro fra i due personaggi: la lotta puramente ideologica, dove si scontrano due visioni politiche differenti, si trasforma presto in un conflitto personale in cui tutti i personaggi secondari diventano pedine, spesso ignare di essere tali.

La pecca forse più grave e che si fa sentire è la mancanza di carisma nel protagonista: se la serie di riferimento americana poteva contare su un Kevin Spacey in forma smagliante, che da solo reggeva intere puntate, l’imbolsito e massiccio Depardieu non riesce a bucare lo schermo e neanche a caratterizzare efficacemente il suo personaggio. Un po’ meglio il suo rivale interpretato da Benoît Magimel, che convince e dà reale spessore ai retroscena della trama.

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Se sotto il profilo tecnico e d’immagine il prodotto certamente non delude (ma non aspettatevi la cura o il budget di una serie americana) a far storcere il naso è la sceneggiatura, o perlomeno alcuni suoi aspetti. La lotta politica viene riportata e scritta bene, mostrando luci e ombre della campagna elettorale e dei metodi discutibili e a volte illeciti di Barres.

A non convincere sono invece le vicende private, che a volte imprimono un effetto da soap opera mal fatta, con relazioni che passano dalla completa diffidenza fino all’ossessione più completa e infine a tristi epiloghi, senza però mai realmente svilupparsi, un difetto forse dovuto al numero esiguo di episodi. I personaggi che non comunicano realmente e passano direttamente alle soluzioni estreme sono il risultato di una scrittura poco attenta e limitata, che preferisce puntare direttamente a un finale ad effetto senza però dare il tempo allo spettatore di abituarsi e di emozionarsi.

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