AGI – Walter Cainelli, presidente del Soccorso Alpino del Trentino, pensava a una valanga come le altre quando è arrivata le telefonata. “Immaginavo un paio di persone travolte. Quando siamo arrivati però lo scenario aveva ben poco della valanga perché ci siamo trovati di fronte a un fiume di ghiaccio, sassi e rocce. Era evidente lo stacco del ghiacciaio sommitale che rendeva molto rischiose le nostre operazioni di soccorso”.
“Siamo andati dentro”, Cainelli utilizza questa espresione a indicare l’immersione dentro quello scenario così brutale, “pensando all’incolumità dei soccorritori e abbiamo portato via feriti e morti che erano in superficie. Le persone sembravano essere uscite da un tritacarne”.
Ben più difficile trovare le persone rimaste schiacciate da quel fiume ghiacciato in profondità. “Abbiamo usato tutti gli strumenti a disposizione, tra cui la cosiddetta ricerca vista – udito, cioè cercare di scorgere i corpi o sentire rumori e richieste di aiuto da potenziali superstiti, le unità cinofile e una specie di ‘campana’ che può ricevere segnali di strumenti elettronici, come per esempio i telefonini”.
Poi, è arrivato il momento di fermarsi. “Messo in campo tutto quello che avevamo e valutato il rischio che c’era a restare ancora sul campo, siamo scesi. Speravamo che la conta dei morti fosse finita lì, invece abbiamo saputo che non rispondevano all’appello altre persone“. Alcuni dei corpi recuperati “erano in cordata, altri non erano collegati”.
Sullo stato dei corpi, Cainelli, che fa il punto dopo ore di grande fatica nella piazzuola da dove partono gli elicotteri davanti alla caserma dei vigili del fuoco, ha pudore nel trovare le parole. “Pensate alla pressione con cui scendono dei blocchi ghiacciati e alla loro dimensione. Gli escursionisti sono entrati in un tritacarne. Col mio cane ho trovato resti umani“.
Chiede di non scrivere le parti del corpo che si è trovato davanti. Quanto alla prevedibilità di “un evento mai visto per la gravità sull’arco alpino”, Cainelli non mostra dubbi: “Non era prevedibile. Ora dopo tutti virologi, sono diventati tutti esperti di ghiacciai ma bisogna essere onesti. Nessuno poteva pensare che si staccasse una parte del ghiacciaio sommitale, posso capire dei serracchi che possono cadere, sono su un pendio, si muovono e poi cadono. Ma qui era inimmaginabile quello che è successo”.