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Manovra al Senato per le modifiche decisive su quota 100 e reddito di cittadinanza

Dic 10, 2018

Rep

MILANO – Inizia la settimana decisiva che dovrebbe portare alla “nuova” manovra di bilancio, profondamente rivista per dare un chiaro segnale di ravvedimento all’Europa e provare in extremis ad evitare la procedura per deficit eccessivo, nell’ambito del mancato rispetto delle regole sul debito. La legge di Bilancio inizia oggi il suo iter al Senato, dove dovrebbero arrivare i correttivi “pesanti” del governo che non avevano terminato la gestazione in tempo per il lavoro della Camera. Come ricostruisce Repubblica in edicola, entro il 19 dicembre bisogna trovare la ricetta perché il rapporto deficit/Pil cali sotto il 2 per cento, ovvero tagliare 7-8 miliardi di spese fino ad ora comprese nel provvedimento.

Dall’Europa sono filtrate anche aperture, ad esempio sulla possibilità di lavorare a sgravi fiscali ed ampliare la flat tax. Ma si punta a rivedere il cuore della Manovra, anzi il doppio cuore del testo costituito da quota 100 e reddito di cittadinanza. Bruxelles ha chiarito nei suoi incontri formali e non con la politica romana che considera La legge Fornero una riforma cardine per il nostro Paese: una modifica strutturale rischia di far saltare il banco. Se invece si trattasse solo di una finestra per il 2019, rimandando al futuro la valutazione delle sostenibilità economica di nuove riaperture, si potrebbe trovare una mediazione. Sul reddito di cittadinanza, l’Europa non è contraria “a priori” come sulla tematica previdenziale. Ma ci sono dubbi su portata ed effettiva incidenza.

Anche su altri capitoli si punta il dito da Bruxelles, a cominciare dai dubbi sulla reale capacità italiana di accelerare sugli investimenti e sull’assenza di riforme strutturali. Da sciogliere, insomma, non ci sono solo i nodi legati alle due misure di bandiera. In cima alla lista di novità attese entro le prossime due-tre settimane c’è il taglio delle pensioni d’oro: un’intesa sembrava raggiunta qualche giorno fa, al termine di uno dei tanti vertici a Palazzo Chigi. Ma a frenare sulla sforbiciata agli assegni alti (dal 25% al 40% aveva annunciato Luigi Di Maio in quell’occasione) arriva Matteo Salvini. La misura non è mai stata ben vista in casa leghista, e il vicepremier è andato in tv a spiegare che vedrebbe meglio un blocco degli adeguamenti alzando peraltro l’asticella di partenza a 5.000 euro netti. Idea che non piace affatto ai 5 Stelle fermi a 4.500 euro. Tutto da rifare, insomma. Con una ipotesi di mediazione, che dovrebbe essere valutata domani nella serie di riunioni previste per fare il punto, che potrebbe prevedere un mix delle due opzioni: blocco degli ‘scatti’ nelle prime fasce – tra i 90mila e i 150mila euro – e, in aggiunta, taglio con varie percentuali per le fasce ‘altissime’ (in quella più alta, oltre i 500mila euro, si trovano meno di 30 persone).

Ancora tutta da delineare anche la risposta da mandare a Bruxelles, che il premier Giuseppe Conte potrebbe presentare già mercoledì a cena al presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. La posizione del Tesoro e dell’ala ‘dialogante’ dell’esecutivo è chiara: rivedere le stime e il rapporto deficit/Pil al ribasso, tentando di convincere i commissari che sotto il 2% non si può arrivare perché, per contrastare i rischi di recessione, la manovra deve restare espansiva. Piena disponibilità a limare tutto quello che si può, è il messaggio che invia a Ue e alleati Salvini, ma senza tornare alla ‘preistoria’. Anche perché, è l’avvertimento, non si vorrà certo vedere “anche in Italia scene sul modello Parigi”, dove vanno in scena da giorni le proteste dei ‘gilet gialli’. Quindi “la manovra cerca di essere equilibrata” ma “mi rifiuto di pensare che per uno ‘zerovirgola’ Bruxelles” voglia davvero avviare la procedura, con tanto di sanzioni e impegni vincolanti a un piano di rientro ‘ammazza-crescita’.

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