• 26 Novembre 2024 4:39

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Mai più auto sotto i 14mila euro in Italia: cosa sta succedendo

Set 26, 2023

La situazione del mercato auto in Italia è peggiore di quella che immaginiamo: le vendite non hanno ripreso i ritmi pre-Covid, nonostante il settore sia uscito dalla crisi provocata dalla pandemia e dalle conseguenze di quel buio periodo.

Eppure i prezzi di listino delle vetture in Italia sono troppo alti, ormai lo sappiamo, soprattutto se paragonati al potere d’acquisto che hanno le famiglie del Bel Paese, stremate da stipendi troppo bassi, caro bollette, caro energia, caro benzina, prezzi dei generi alimentari alle stelle.

Le difficoltà dell’Italia sono ormai oggettive, da tempo, e bisogna farci i conti. Soprattutto oggi che sappiamo, in base a una recente analisi elaborata da Fleet&Mobility, che nel nostro Paese non ci saranno mai più auto sotto i 14.000 euro. Follia? Vediamo perché.

L’analisi

La domanda che Fleet&Mobility si è posta per studiare al meglio la situazione italiana oggi è: “perché un’industria che per oltre un secolo ha fondato il suo potere sulle fabbriche decide di essere una boutique?”.

Sostenendo anche che forse “se vendesse tutte le macchine che il mercato chiede ci sarebbe un mix troppo sbilanciato sulle termiche classiche, sforando i limiti imposti dalla politica: troppi gr/km di CO2 e multe salate”.

Lo studio riporta che, nel 2022, su tutte le auto immatricolate, solo 360.000 avevano un prezzo di listino inferiore ai 20.000 euro (circa il 27% del mercato). Nel 2019, in epoca pre-Covid, erano invece 800mila le vetture con listino sotto i 20mila, il 42% del mercato. Tra l’altro il 7% di queste era addirittura nella fascia inferiore ai 14.000 euro, praticamente scomparsa dallo scorso anno.

L’analisi del Centro Studi Fleet&Mobility vuole dare una spiegazione chiara e univoca dei motivi che hanno portate le vendite del settore da 1,9 a 1,3 milioni, senza troppi giri di parole: si arriva presto alle conclusioni. Il mercato auto in Italia soffre, è vero, nonostante la ripresa post-Covid. Ma la risposta a questa situazione è molto semplice: se il cliente riesce a comprare la macchina nuova al prezzo proposto dal costruttore (oggi molto alto) bene, altrimenti ci rinuncia.

Le cause dell’innalzamento dei prezzi

Le Case automobilistiche hanno alzato i listini e tagliato gli sconti, mentre anche finanziamenti, mutui e bollette schizzavano alle stelle. I motivi sono stati differenti, inizialmente il principale era la crisi dei chip. Ok, ma adesso basta nascondersi dietro un dito. Secondo Fleet&Mobility alla base c’è una vera e propria strategia, volta a produrre e vendere meno auto. Oggi pare che l’industria automobilistica non abbia scelta, dopo aver fondato per più di un secolo il suo potere sulle fabbriche, è costretta ad alzare i prezzi, “come una boutique”.

La risposta può essere una sola: se il settore automobilistico vendesse davvero tutte le macchine che il mercato chiede, ci sarebbe un mix troppo sbilanciato sulle termiche classiche, sforando i limiti che oggi la politica impone.

Quindi troppe emissioni di CO2 e multe salate. Una storia parecchio sgradevole, tanto da apparire incredibile, che però è reale e non riguarda solo il settore auto. Come Fleet&Mobility ha riportato nel suo studio infatti in questi giorni Bosch UK ha annunciato di scaricare sui listini di ogni caldaia a gas 5.000 sterline, pari alla multa che dovrà pagare per non riuscire a vendere quelle a pompa di calore, che il mercato non vuole. Ebbene, non c’è alcuna differenza con le Case che scaricano sui listini il peso delle multe.

La situazione attuale del mercato auto

Al momento esistono clienti disposti a pagare auto sotto i 20.000 euro, ma costruttori che gliele negano. E poi ci sorprendiamo dell’invasione di auto cinesi sul mercato europeo? Il Dragone trova la porta aperta, e ci si fionda.

E tra l’altro in quest’analisi stiamo parlando solo di auto termiche, non elettriche. Per gli azionisti delle Case, che stanno facendo utili mai visti, non sarà un problema. E non lo sarà nemmeno per i clienti, che avranno comunque l’auto, anche se di importazione. Il problema è di quei 12,9 milioni di lavoratori, tra diretti e indiretti, ma al momento di questo pare importare a pochi (se non a nessuno).

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