Fra i Cantieri navali e il bellissimo porticciolo dell’Acquasanta, c’è un vicolo in cui sono racchiusi molti dei misteri di Palermo. Vicolo Pipitone, si chiama. Già negli anni Settanta era il regno dei Galatolo e dei Fontana, imparentati fra di loro. Vecchia mafia palermitana che controllava i Cantieri e faceva grandi affari con il traffico internazionale di droga. Quando in Cosa nostra arrivò il nuovo signore, Salvatore Riina, i Galatolo e i Fontana gli offrono in dono vicolo Pipitone, una vera e propria roccaforte all’interno di Palermo: alla fine del budello, ci sono una palazzina e tutto attorno una grande area verde. Lì, iniziarono a ritrovarsi i killer più fidati del capo dei capi di Cosa nostra, incaricati di sterminare gli uomini migliori del Paese. Da vicolo Pipitone, partirono per uccidere il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa. Era il 3 settembre 1982. Da vicolo Pipitone partirono per trucidare il vicequestore Ninni Cassarà. Da vicolo Pipitone partirono i killer di Riina per tanti altri delitti eccellenti. E poi tornavano a festeggiare. I fratelli Galatolo e il loro nipote prediletto, Stefano Fontana (il padre dei rampolli arrestati stamattina), erano dei perfetti padroni di casa. Mafiosi a servizio del potente di turno.
Quando ancora non c’era Riina, Stefano Fontana aveva subito raccolto lo sfogo del boss Rosario Riccobono, in quel momento l’autorità più alta all’Acquasanta, erano andato su tutte le furie per uno scippo fatto alla moglie. Fontana e gli zii Galatolo cercarono il responsabile, si chiamava Claudio Orlando, aveva 20 anni: lo strangolarono e poi il suo corpo fu buttato in mare.
In vicolo Pipitone, i Galatolo prepararono la bomba per il fallito attentato a Giovanni Falcone, nel 1989. E’ ancora un mistero come abbiano fatto a sapere che il giudice aveva organizzato una gita nella sua casa al mare con i colleghi svizzeri arriivati a Palermo per una rogatoria. Non sappiano neanche da chi era composto il commando di sicari, che comunque poi fuggì, lasciando la borsa carica di tritolo sulla scogliera. Il 1989 dei misteri. Il 21 giugno il fallito attentato all’Addaura; il 6 agosto, l’assassinio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida, che era incinta.Dell’omicidio ha parlato uno degli ultimi pentiti di mafia, Vito Galatolo, che è imparentato con Stefano Fontana: “In carcere, mio cugino mi disse che la moglie aveva riconosciuto uno dei sicari, Gaetano Scotto, mi disse pure che la donna era conoscenza dei segreti del marito”. Agostino, ufficialmente solo un agente del commissariato San Lorenzo, avrebbe svolto un’attività sotto copertura per la ricerca dei latitanti. E nell’ambito di questa attività avrebbe anche avuto fonti riservate all’interno di vicolo Pipitone. Ma qualcuno, probabilmente, lo tradì. E’ materia dell’ultima indagine della procura generale di Palermo, che è tornata a indagare dentro i misteri dell’Acquasanta. Stefano Fontana è però morto, nel 2013. Chissà se ha tramandato i segreti di famiglia ai suoi eredi.