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Madre fece arrestare il figlio latitante, ora si racconta in un libro: “Mi disse ‘ti odio’, ma in cella sta cambiando”

Mar 13, 2019

Daniela Manzitti è una madre di Corato, due figli, una ragazza di 27 anni e un ragazzo, Michael, che ha denunciato in caserma per farlo arrestare. “Lo farei di nuovo anche se mi odiasse” sostiene. Ha chiamato i carabinieri Daniela, mentre suo figlio, latitante da tre mesi, era all’ospedale di Terlizzi per assistere all’ecografia della compagna con cui avrebbe saputo se era in arrivo un maschio o una femmina.

“Quando lo hanno arrestato, l’ho seguito in caserma. Non potrò mai dimenticare il suo ultimo sguardo. ‘Ti odierò per il resto della vita’, mi ha gridato prima che lo trasferissero al carcere di Trani”. La storia di Daniela e di suo figlio, adesso, è diventata anche un libro, Oh Mà! Storia di Michael ragazzo difficile, edito da La Meridiana editrice.

La famiglia di Daniela, anche a causa di quello che ha provocato suo figlio, “si è abbastanza disfatta. Mio marito è morto, mia figlia è andata via da casa, in compenso io lavoricchio e vivo soltanto perché mio figlio possa uscire dal carcere e ricostruire la sua vita”. Perché Michael, adesso, è anche padre di un bambino di dieci mesi.

La paura di perderlo. Dopo la sua latitanza durata tre mesi, ho avuto paura che potesse impelagarsi in situazioni non facili. Per settimane non mi ha voluto parlare più – Daniela ricorda, smette di parlare per lunghi secondi. Piange – Ma è arrivato anche per lui il tempo del non ritorno, quello che arriva sempre quando si ama: gli sono mancata. So io, come mamma, come ho vissuto quei giorni dell’abbandono… A un certo punto, mi ha chiesto di andare a colloquio. Durante i nostri continui incontri, io e Michael non abbiamo mai parlato della denuncia”.

La donna non si da pace. Perché è cresciuto letteralmente in strada: io dovevo lavorare, perché mio marito ci ha lasciati presto ed ero costretta a darmi da fare per dare da mangiare a due figli. Non ricevo aiuto da nessuno. Oggi, col senno di poi, dico che comunque avrei fatto lo stesso percorso, forse avrei lavorato di meno, per dedicare più tempo a loro, ma in modo particolare a lui”.

Ma ora qualcosa sembra cambiato:E’ papà e questo mi dà le lacrime ogni volta che lo penso. Quando adesso andiamo ai colloqui, io, la sua compagna e portiamo il suo bambino, per tutta l’ora è come se noi non ci fossimo con lui. Esistono solo lui e il suo bambino. Vedere il mio bambino che gioca col suo è uno dei miracoli più belli che possa capitarmi come madre.

Mio figlio è cambiato, sta cambiando, quel suo figlio sta contribuendo a cambiare la vita di Michael. Il mio grande incubo è che ad aprile ci sarà il processo: quello che potrebbe venir fuori dalla decisione del giudice potrebbe riportare mio figlio nel baratro. E ho paura dei non ritorni. Li conosco e so che quando qualcuno non torna, cambia per sempre la vita di tanti intorno a lui”.

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