• 18 Maggio 2024 12:28

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L’ultimo hotel Covid di Milano che non riesce a chiudere 

Lug 13, 2021

AGI – Perera, 36 anni, originario dello Sri Lanka, fuma sul balconcino. Ride, sembra allegro. “Qui si sta benissimo, sono in isolamento dal 6 luglio, data di rientro da un viaggio nel mio Paese. Ancora quattro giorni ed esco”. Siamo nell’ultimo Covid hotel di Milano, che sembra sempre lì lì per chiudere ma poi resta aperto: “Due settimane fa – raccontano all’AGI Luigi Regalia e Andrea Casiraghi della cooperativa Proges che gestisce la struttura nel quartiere Adriano, periferia est della città – avevamo sette ospiti, tutte persone negative provenienti da Paesi a rischio, ora siamo risaliti a 42, con anche alcuni positivi”.

Qui viene isolato chi viene dai Paesi della variante ‘delta’ 

Del resto i due  sono abituati alle camere che si riempiono e svuotano a ondate,  da quando, nel marzo del 2020, trasformarono l’hotel a 4 stelle Michelangelo, noto punto di riferimento per uomini d’affari di passaggio a Milano, nel primo albergo ‘quarantena’ d’Europa, ora chiuso e in fase di restauro.  

“Adesso la maggior parte degli ospiti – spiega Casiraghi – arriva dall’India, dal Bangladesh o dallo Sri Lanka dopo la diffusione della variante ‘Delta’. In questi casi ci avverte la Protezione Civile. Sono per lo più italiani che rientrano dal lavoro o residenti in Italia che hanno trascorso del tempo nei loro Paesi e atterrano a Malpensa. In base all’ordinanza ministeriale valida fino alla fine di questo mese, devono essere ospitati nella struttura più vicina all’aeroporto. In questo Ats Milano è molto rigorosa, anche di fronte a chi mostra resistenza e vorrebbe tornare a casa sua. Noi cerchiamo di fargli capire che qui possono stare bene. C’è tutto: aria condizionata, tv, camere ampie, la possibilità di farsi portare cibo o altro dai parenti. In tutto abbiamo 70 stanze più alcuni appartamenti. Gli controlliamo due volte al giorno temperatura e saturazione- dice Casiraghi -. I positivi che arrivano qui devono essere asintomatici, si fermano il tempo di negativizzarsi”.

Poi ci sono gli altri, segnalati dalla sanità lombarda che ‘copre’ le spese di soggiorno di tutti. Senzatetto, giovani – soprattutto in questa fase sono loro a contagiarsi di più –  in genere persone che non hanno la possibilità di isolarsi senza mettere a rischio altri coi quali convivono. Anche qualche vaccinato che scopre di essere positivo, pur senza malesseri particolari. 

Diventerà una rsa “che ha imparato la lezione del Covid”

Da una camera si sente l’abbaiare di un cane. “C’è spazio anche per gli animali domestici. Abbiano pure intere famiglie compresi bimbi piccoli”.

Qualche problema c’è solo col cibo, per “incompatibilità” alimentari di alcune persone non abituate alla cucina italiana. “Difficoltà che si superano – dice Casiraghi -. Qualche giorno fa una nostra operatrice africana ha fatto la spesa per due ragazzi che mangiavano poco da qualche giorno perché non gradivano l’offerta’. Alla fine erano contenti”.

La storia dell’ultimo hotel Covid ne ‘contiene’ un’altra che punta, quando sarà scritta la parola fine della prima, a cancellare l’equazione residenza per anziani uguale isolamento e morte,  triste eredità della pandemia.

“Questa struttura che ospita l’hotel Covid  si chiama Adriano Community Center – spiega Regalia che è il responsabil dell’intero progetto  – e fino al 2017 era un rudere nell’area della gloriosa, in campo automobilistico, ex fabbrica Marelli. Abbiamo vinto all’asta il rudere e il  progetto era quello di farla diventare una residenza socio assistenziale il cui cantiere è stato però sospeso per forza all’inizio del Covid. Avremmo dovuto inaugurarla poi a novembre, ma la curva dei contagi non si è fermata, tra sbalzi e discese. Così ci siamo aggiudicati il bando per un nuovo Covid hotel ma non vediamo l’ora di dedicarci al nostro progetto”. Il ‘respiro’ è ampio: “Vogliamo che questo posto diventi il ‘cuore’ del quartiere. Nello stesso spazio avremo la rsa, degli alloggi per persone con delle fragilità, una piazza verde, dei poliambulatori, un auditorium. Il nostro scopo è non solo restituire l’idea che ci siano luoghi dove gli anziani sono accuditi e stanno bene ma anche – e questo ce lo insegna l’esperienza del Covid – dove gli ospiti restino in contatto col ‘resto’ del mondo, immersi in una realtà di cultura e inclusione”.
   
 

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