Un viaggio da Nord a Sud alla scoperta dei prodotti giapponesi. Quello di Luca Fantin, unico chef italiano stellato Michelin nell’arcipelago nipponico e punto di riferimento della cucina italiana all’estero, non è solo un libro di ricette. E’ il risultato di un progetto culturale, uno sforzo durato più di due anni – ma sostenuto da una passione che dura da sempre – contro stereotipi e luoghi comuni che accompagnano le cucine di cui lui è altissima espressione: quella italiana e quella giapponese.
“Per tutti, connazionali compresi – spiega – il ristorante italiano all’estero è sinonimo di spaghetti e pizza. E’ stato difficile far capire che il made in Italy può essere anche qualcosa di diverso”. Fantin da sette anni esprime la sua arte a Tokyo presso Il Ristorante Luca Fantin, all’ultimo piano della Bulgari Ginza Tower, dove ha sede il flagship store della Maison romana in Giappone e dove lo chef combina gli ingredienti tradizionalmente utilizzati nella sua terra natia con carni, pesci e verdure freschi, di provenienza giapponese: solo il 10% dei prodotti che usa sono di importazione, eccellenze italiane sulle quali non transige (olio di oliva, salumi, alcuni formaggi e il riso Carnaroli, la cui coltivazione è proibita). “Ma è altrettanto difficile far capire che il Giappone ha molto di più da offrire del classico sushi”. Il Paese ha infatti molte più similitudini con l’Italia di quanto si pensi: quattro stagioni come da noi e una varietà paesaggistica, dal mare alla montagna, passando per pianure e colline, che pochi possono vantare come l’Italia.
Del resto, Fantin l’integrazione ce l’ha nel sangue, corroborata da una diligenza quasi maniacale nell’immergersi nella cultura del luogo. “Anche perché un prodotto importato – sottolinea – non potrà mai essere fresco come quello locale, per quanto presto te lo consegnino”. E per lui freschezza è uno dei sinonimi di qualità. Originario di Treviso, prima di lavorare alla Bulgari Ginza Tower, è stato sous-chef al ristorante La Pergola a Roma. Ha inoltre lavorato da Cracco a Milano, all’Osteria dell’Orso di Gualtiero Marchesi a Roma, nei ristoranti Akelarre e Mugaritz in Spagna e, infine, al ristorante RyuGin a Tokyo.
Edito da Assouline, il libro è una raccolta di trentadue ricette realizzate da Fantin. Riccamente illustrate da foto originali, le pagine del volume riportano minuziosamente le fonti d’ispirazione da cui lo chef ha attinto per la preparazione di ogni singolo piatto. Non solo pietanze, quindi, Fantin ha voluto trasmettere anche quella sapienza millenaria dei produttori giapponesi, tutti incontrati e conosciuti personalmente durante i suoi viaggi e dai quali si è fatto svelare i segreti di ogni ingrediente e i metodi di coltivazione, pesca, allevamento… perché ciascun prodotto scelto ha una sua storia da raccontare.
Rispetto per la materia prima
Ecco allora campeggiare le carote sotterrate per sei mesi sotto la neve per renderle dolcissime e saporitissime che finiscono nella Variazione di carota sotto forma di succo, panna cotta e purè. O gli ovoli e i porcini del monte Fuji per arricchire il Flan di funghi in brodo. O ancora il radicchio di Treviso che invece cresce a Fukuoka perdendo la nota amarognola, ma che ritorna amaro grazie a un sapiente accostamento di sapori nel Risotto al vino rosso. “I continui viaggi effettuati presso i produttori mi hanno aperto gli occhi – confessa – sul lavoro duro che ciascuno di loro fa per ottenere un prodotto eccellente. Lavorano 365 giorni all’anno in ogni condizione. Sapere questo ha cambiato il mio rapporto con la materia prima. Sarà che con loro condivido la cura maniacale per il prodotto fresco e la qualità”.
Quattro menù, stagione per stagione
Quattro menu, uno per stagione. Dall’autunno all’estate, Luca Fantin accompagna in un viaggio attraverso paesaggi incantevoli, nella sua esplorazione alla ricerca degli ingredienti locali più freschi, che richiamano le quattro stagioni dell’anno.
“Il merito di Luca – fa notare il critico gastronomico Andrea Petrini che del libro ha scritto l’introduzione – è anche quello di aver fatto scoprire prodotti giapponesi sconosciuti ai giapponesi stessi, ma fondamentali per la cucina italiana. Come carciofi o alcuni funghi che non trovano posto nella loro tradizione gastronomica, ma che possono imparare ad apprezzare al suo ristorante”.