In silenzio e nell’emergenza. Il coronavirus spegne le manifestazioni dell’8 marzo, feste e mobilitazioni diventano flashmob, incontri a distanza di sicurezza, seppure legati da un filo fucsia per raccontare, ancora una volta, l’unione delle donne. Ossia “la cura reciproca, le alleanze nelle differenze, la lotta quotidiana alla solitudine, alla violenza patriarcale, allo sfruttamento”. Il filo fucsia è stato ideato da “Non una di meno”, con un flashmob oggi in piazza di Spagna a Roma, in alternativa alla tradizionale manifestazione che negli ultimi anni ha portato in piazza la crescente “marea femminista”. “Perché l’emergenza coronavirus non cancella ma conferma l’urgenza della nostra lotta”.
L’elenco delle donne uccise che si allunga ogni giorno, la violenza domestica, le discriminazioni, le differenze di salario, le dimissioni in bianco. Ma anche, invece, le tante storie di donne che sono riuscite ad abbattere il “gender gap”, ossia quella disparità di accesso, di paghe e di opportunità che ancora oggi è per molte una barriera invisibile ma invalicabile. E “invisibile” è anche una delle tante parole di questo 8 marzo così particolare che Mara Carfagna, vice presidente della Camera, ha deciso di dedicare alle donne “caregiver”, a tutte quelle madri, figlie, sorelle, compagne, moglie che si prendono cura, nel silenzio e nell’invisibilità delle loro case, di figli gravemente disabili, di genitori con l’Alzheimer, di familiari non autosufficienti. Un esercito composto nel 90% dei casi da donne. E la campagna, #prenditicuradi chi si prende cura, nell’attesa di una legge che non arriva, racconta le storie di Sofia, Claudia, Mariangela.
Ma l’8 marzo è anche il giorno in cui fare il bilancio della lotta contro i femminicidi. La cui unica trincea di contenimento sono i centri antiviolenza. E mentre a Roma la sindaca Raggi continua a chiedere lo sfratto della Casa delle donne, mentre le vittime rifugiate nel centro “Lucha y siesta” vengono fatte sgombrare dalla giunta capitolina, i centri antiviolenza della rete nazionale “D.i.Re”, annunciano che nelle loro strutture c’è stato un incremento dell’11% di nuovi accessi. “I dati confermano ancora una volta – commenta Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – quanto sia importante sostenere con continuità queste strutture, presidi essenziali che consentono alle vittime che hanno subito violenza di recuperare la propria autonomia, centri che restano aperti anche in questi tempi di emergenza Coronavirus, perché la violenza contro le donne non si ferma”. Nel 2018 “D.i.Re” ha accolto quasi 20.000 donne, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente.In occasione della Giornata Internazionale della Donna, anche l’Unicef Italia rilancia la campagna #8marzodellebambine con un nuovo video “Posso essere quello che voglio?” per ricordare al mondo che il futuro di tante bambine, ragazze e donne è in pericolo. Un 8 marzo che Unicef vuole dedicare “idealmente alle ricercatrici che in Italia hanno raggiunto importanti risultati nella ricerca su Covid-19” come ha affermato il presidente dell’Unicef Italia Francesco Samengo.