AGI – Dallo sperduto villaggio natio di Dessié nel cuore dell’Africa che fu italiana, fino all’oro europeo nei 10.000 metri. Sono passati oltre vent’anni con in mezzo la morte dei genitori, la sofferenza dell’orfanatrofio di Addis Abeba, la fortuna dell’adozione, l’arrivo in Italia e la parentesi nel calcio tra le montagne del Trentino (“facevo il centrocampista, correvo dappertutto a recuperar palloni”, dice sorridendo).
Sono le tappe della vita, intensa, drammatica e tutt’altro che banale, di Yeman Crippa, nuovo ‘Re d’Europa’ della distanza più lunga dell’atletica leggera ma anche dell’‘uomo copertina’ dell’Italia che corre, che lancia, che salta e che marcia a questi Europei avendo vinto anche il bronzo nei 5000.
A poche ore da quell’urlo liberatorio sulla pista dell’Olympiastadion di Monaco di Baviera davanti ad oltre 40.000 spettatori, Crippa si racconta all’AGI. Lo fa parlando da Casa Italia Collection dove ha riabbracciato, con la luccicante medaglia d’oro al collo, la fidanzata Sofia, contabile, assieme alla quale condivide la vita quotidiana a Trento e prossima a condividere le vacanze (Baleari o Madagascar). “Yeman è bravo a fare da mangiare, si inventa i piatti, mi piace”, rivela Sofia. “Si, è vero, cucino cose semplici e salutari, il piatto preferito sono i pizzoccheri”, ha precisato il campione.
Crippa, 25 anni, pupillo delle Fiamme Oro, racconta quell’ultimo giro da brivido nel quale ha recuperato trenta metri al norvegese Zerei Kbrom Mezngi, un quasi-Carneade lanciato verso l’impresa. Invece, no, perché la trionfale impresa l’ha centrata ‘il braccio destro di Dio’, il significato in amarico del suo nome per esteso, Yemaneberhan.
“Alla fine c’è stata suspense, potevo evitarla ma è stato bello anche così. Questo è un oro più bello del previsto, avevo goduto a metà per il bronzo ma non pensavo che l’oro era così bello, non ti senti mai appagato fino a quando non raggiungi gli obiettivi più alti”, ha affermato Yeman tra una forchettata di affettato e l’altra.
Rispondendo alla domanda su cosa lo accomuna con il velocista Jacobs, il neo campione europeo dei 10.000 ha affermato, “tra me e Marcell ma anche tanti altri ci accomuna sicuramente la voglia di far vedere chi siamo, la voglia di fare ma anche il fatto che lui è quasi straniero come me”.
A Marcell Jacobs mi accomuna la voglia di far vedere chi siamo ma anche il fatto che lui è quasi straniero come me
Poi, Yeman è torna al passato, alle origini anche dolorose. “Io mi sento fortunato di essere stato adottato, di aver avuto la possibilità di vivere una seconda vita perché laggiù c’era una vita misera e non sapevo come andava a finire il mio futuro – rivela Crippa –. I miei genitori (papà Roberto e mamma Luisa, ndr) mi hanno dato la possibilità di andare a scuola, poi ho scelto io di fare l’atleta e raggiungere certi traguardi, mi sento fortunato. Sono partito dal nulla, vedevo i miei compagni di scuola e di calcio che avevano sempre tutto ma i miei genitori, a me e ai miei fratelli non ci hanno dato cose materiali, ci scambiavamo i vestiti, ci siamo sempre dovuti meritare tutto e questo mi ha aiutato nel mondo dello sport a riuscire a soffrire per raggiungere un certo obiettivo perché nulla è scontato”.
A pensare che io sono cresciuto così mi vengono i brividi
Ricordando i suoi genitori naturali, Yeman confessa, “di loro purtroppo non ho foto, sono morti di malattia infettiva, per me sono stati brutti ricordi quando con i miei cinque fratelli ci hanno portati in un orfanatrofio”. Poi parla dei bambini in Africa e dice, “sono più avanti, fanno tante cose che un ragazzo di cinque anni da noi non capirebbe, quando ad esempio vado in Kenya per allenarmi ci sono bambini piccolissimi in mezzo alla strada, lì è la normalità, pensare che io sono cresciuto così mi vengono i brividi…”.
“La prima volta che sono andato a Dessié (450 km a nord dalla capitale Addis Abeba verso Macallè), non vedevo l’ora di vedere dove giocavo a nascondino con i miei amici, quel luogo era così piccolo che io me lo ricordavo grande: mi sono emozionato”, racconta.
Parlando dell’aspetto sportivo il primatista italiano dei 5000 e 10.000 metri, guarda alla maratona. “L’idea è di correrla nella primavera prossima ma ovviamente tutte le cose vanno studiate per il meglio ma non nascondo che mi piacerebbe essere competitivo anche sulla maratona”, rivela l’allievo di Massimo Pegoretti, un mezzofondista di buon livello degli anni ’90 (ha indossato anche la maglia azzurra).
Gli africani vanno spesso a caso, mi dicono sempre delle cose senza ragionamento, non studiano nulla nel dettaglio ma poi riescono a vincere, la loro è la forza dell’incoscienza
Sul rapporto con gli altri atleti di sangue africano, Yeman afferma, “con loro parlo in amarico e inglese, spesso mi sono chiesto, ma cosa ho meno di loro? Gli africani vanno spesso a caso, mi dicono sempre delle cose senza ragionamento, non studiano nulla nel dettaglio ma poi riescono a vincere, la loro è la forza dell’incoscienza”.
Crippa segue il mito di Eliud Kipchoge (l’uomo più veloce in maratona) e cerca di applicare i consigli dati dal fuoriclasse etiope Muktar Edris e infine rivela quando è scoccata la scintilla per l’atletica. “Ero centrocampista centrale, negli ultimi venti minuti della partita nessuno correva, io andavo avanti e indietro a recuperar palloni, perdevamo anche 11 a 0 – dice sorridendo, lui che è tifoso dell’Inter – Perché interista? Papà mi ha detto di essere interista e da piccolo quando l’Inter perdeva mi mettevo a piangere: che stupido che ero. Quando vincendo le prime gare, facevo la sparata della pistola come Dejan Stanković, poi non l’ho più fatta. Nel 2014 ho seguito gli Europei, ho visto la Grenot (quattrocentista azzurra) e Mo Farah (britannico, campione del mezzofondo) e mi è venuta voglia di fare l’atletica. Nel 2018 eravamo solo cinque medagliati, adesso siamo undici, è un’altra nazionale”.
AGI – Dallo sperduto villaggio natio di Dessié nel cuore dell’Africa che fu italiana, fino all’oro europeo nei 10.000 metri. Sono passati oltre vent’anni con in mezzo la morte dei genitori, la sofferenza dell’orfanatrofio di Addis Abeba, la fortuna dell’adozione, l’arrivo in Italia e la parentesi nel calcio tra le montagne del Trentino (“facevo il centrocampista, correvo dappertutto a recuperar palloni”, dice sorridendo).
Sono le tappe della vita, intensa, drammatica e tutt’altro che banale, di Yeman Crippa, nuovo ‘Re d’Europa’ della distanza più lunga dell’atletica leggera ma anche dell’‘uomo copertina’ dell’Italia che corre, che lancia, che salta e che marcia a questi Europei avendo vinto anche il bronzo nei 5000.
A poche ore da quell’urlo liberatorio sulla pista dell’Olympiastadion di Monaco di Baviera davanti ad oltre 40.000 spettatori, Crippa si racconta all’AGI. Lo fa parlando da Casa Italia Collection dove ha riabbracciato, con la luccicante medaglia d’oro al collo, la fidanzata Sofia, contabile, assieme alla quale condivide la vita quotidiana a Trento e prossima a condividere le vacanze (Baleari o Madagascar). “Yeman è bravo a fare da mangiare, si inventa i piatti, mi piace”, rivela Sofia. “Si, è vero, cucino cose semplici e salutari, il piatto preferito sono i pizzoccheri”, ha precisato il campione.
Crippa, 25 anni, pupillo delle Fiamme Oro, racconta quell’ultimo giro da brivido nel quale ha recuperato trenta metri al norvegese Zerei Kbrom Mezngi, un quasi-Carneade lanciato verso l’impresa. Invece, no, perché la trionfale impresa l’ha centrata ‘il braccio destro di Dio’, il significato in amarico del suo nome per esteso, Yemaneberhan.
“Alla fine c’è stata suspense, potevo evitarla ma è stato bello anche così. Questo è un oro più bello del previsto, avevo goduto a metà per il bronzo ma non pensavo che l’oro era così bello, non ti senti mai appagato fino a quando non raggiungi gli obiettivi più alti”, ha affermato Yeman tra una forchettata di affettato e l’altra.
Rispondendo alla domanda su cosa lo accomuna con il velocista Jacobs, il neo campione europeo dei 10.000 ha affermato, “tra me e Marcell ma anche tanti altri ci accomuna sicuramente la voglia di far vedere chi siamo, la voglia di fare ma anche il fatto che lui è quasi straniero come me”.
A Marcell Jacobs mi accomuna la voglia di far vedere chi siamo ma anche il fatto che lui è quasi straniero come me
Poi, Yeman è torna al passato, alle origini anche dolorose. “Io mi sento fortunato di essere stato adottato, di aver avuto la possibilità di vivere una seconda vita perché laggiù c’era una vita misera e non sapevo come andava a finire il mio futuro – rivela Crippa –. I miei genitori (papà Roberto e mamma Luisa, ndr) mi hanno dato la possibilità di andare a scuola, poi ho scelto io di fare l’atleta e raggiungere certi traguardi, mi sento fortunato. Sono partito dal nulla, vedevo i miei compagni di scuola e di calcio che avevano sempre tutto ma i miei genitori, a me e ai miei fratelli non ci hanno dato cose materiali, ci scambiavamo i vestiti, ci siamo sempre dovuti meritare tutto e questo mi ha aiutato nel mondo dello sport a riuscire a soffrire per raggiungere un certo obiettivo perché nulla è scontato”.
A pensare che io sono cresciuto così mi vengono i brividi
Ricordando i suoi genitori naturali, Yeman confessa, “di loro purtroppo non ho foto, sono morti di malattia infettiva, per me sono stati brutti ricordi quando con i miei cinque fratelli ci hanno portati in un orfanatrofio”. Poi parla dei bambini in Africa e dice, “sono più avanti, fanno tante cose che un ragazzo di cinque anni da noi non capirebbe, quando ad esempio vado in Kenya per allenarmi ci sono bambini piccolissimi in mezzo alla strada, lì è la normalità, pensare che io sono cresciuto così mi vengono i brividi…”.
“La prima volta che sono andato a Dessié (450 km a nord dalla capitale Addis Abeba verso Macallè), non vedevo l’ora di vedere dove giocavo a nascondino con i miei amici, quel luogo era così piccolo che io me lo ricordavo grande: mi sono emozionato”, racconta.
Parlando dell’aspetto sportivo il primatista italiano dei 5000 e 10.000 metri, guarda alla maratona. “L’idea è di correrla nella primavera prossima ma ovviamente tutte le cose vanno studiate per il meglio ma non nascondo che mi piacerebbe essere competitivo anche sulla maratona”, rivela l’allievo di Massimo Pegoretti, un mezzofondista di buon livello degli anni ’90 (ha indossato anche la maglia azzurra).
Gli africani vanno spesso a caso, mi dicono sempre delle cose senza ragionamento, non studiano nulla nel dettaglio ma poi riescono a vincere, la loro è la forza dell’incoscienza
Sul rapporto con gli altri atleti di sangue africano, Yeman afferma, “con loro parlo in amarico e inglese, spesso mi sono chiesto, ma cosa ho meno di loro? Gli africani vanno spesso a caso, mi dicono sempre delle cose senza ragionamento, non studiano nulla nel dettaglio ma poi riescono a vincere, la loro è la forza dell’incoscienza”.
Crippa segue il mito di Eliud Kipchoge (l’uomo più veloce in maratona) e cerca di applicare i consigli dati dal fuoriclasse etiope Muktar Edris e infine rivela quando è scoccata la scintilla per l’atletica. “Ero centrocampista centrale, negli ultimi venti minuti della partita nessuno correva, io andavo avanti e indietro a recuperar palloni, perdevamo anche 11 a 0 – dice sorridendo, lui che è tifoso dell’Inter – Perché interista? Papà mi ha detto di essere interista e da piccolo quando l’Inter perdeva mi mettevo a piangere: che stupido che ero. Quando vincendo le prime gare, facevo la sparata della pistola come Dejan Stanković, poi non l’ho più fatta. Nel 2014 ho seguito gli Europei, ho visto la Grenot (quattrocentista azzurra) e Mo Farah (britannico, campione del mezzofondo) e mi è venuta voglia di fare l’atletica. Nel 2018 eravamo solo cinque medagliati, adesso siamo undici, è un’altra nazionale”.