AGI – Era tornato per le festività natalizie e durante una visita al cimitero, si è accorto che nella cappella di famiglia non c’erano più sepolti in suoi cari, ma altre persone, sconosciute e senza legami di parentela. Dalla sua denuncia nel 2020 è scattata un’indagine sulla gestione del cimitero di Siracusa. E il gip del Tribunale ha emesso una misura cautelare per il direttore del cimitero di Siracusa Fabio Morabito e per un operaio, Marco Fazzino, entrambi ai domiciliari, ritenuti responsabili in concorso tra loro, di induzione indebita, abuso d’ufficio, falsità documentale e sottrazione di cadavere, il tutto al fine di trarre un ingiusto profitto quantificato in oltre 60.000 euro. Gli indagati sono 11, tra cui i due arrestati. I provvedimenti, eseguiti dalla polizia di Siracusa, sono stati richiesti dalla procura locale.
Le indagini dalla Squadra Mobile hanno rivelato un sistema consolidato tale per cui gli indagati, avrebbero indotto i privati, spinti dal bisogno e dall’urgenza di dare sepoltura ai loro cari, a versare somme di denaro allo scopo di eludere le “lungaggini” delle procedure di evidenza pubblica, finalizzate all’assegnazione legale dei loculi e delle cappelle. La presenza degli indagati all’interno del cimitero gli avrebbe consentito di “intercettare” i bisogni e le difficoltà dei privati, prima ancora che gli stessi si muovessero “secondo i canali istituzionali” per ottenere l’assegnazione di un posto per i loro defunti.
I due, aggirando le procedure di evidenza pubblica, avrebbero intascato il denaro necessario all’assegnazione dei posti rilasciando ai privati falsi titoli concessori. Inoltre, conoscendo i “meccanismi” di assegnazione pubblica dei loculi, gli stessi, sfruttando illegalmente gli strumenti giuridici della “decadenza” del possesso dei loculi in stato di abbandono, “estumulavano”, in concorso con altri quattro impiegati comunali, arbitrariamente i cadaveri per fare posto ai nuovi defunti, a fronte di esosi pagamenti da parte dei familiari. In una prima fase dell’indagine, si era ipotizzato che i “nuovi assegnatari” fossero stati truffati dagli indagati, e indotti a versare del danaro mediante raggiri sulla correttezza della procedura da seguire. Dalle indagini è emerso, invece, che i nuovi beneficiari avevano “cooperato”, in un certo senso, alla assegnazione irregolare delle cappelle e come tali sono risultati destinatari di avviso di conclusione indagini. Disposto anche il sequestro preventivo di 60 mila euro, la squadra mobile ha rinvenuto e sequestrato agli indagati oltre 35.000 in contanti.