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Lo stop alle rette dei nidi mette a rischio i servizi per l’infanzia

Apr 22, 2020

l’offerta per i piÙ piccoli

di Valentina Melis

22 aprile 2020


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(Agf)

4′ di lettura

Con la chiusura di scuole e asili nido da fine febbraio per l’epidemia da coronavirus, i Comuni hanno fatto scattare pressoché ovunque lo stop al pagamento delle rette a carico delle famiglie per nidi (pubblici e convenzionati), mense e trasporto scolastico. Le formule adottate dai Comuni cambiano in base all’organizzazione dei servizi e alle modalità della tariffazione, ma sostanzialmente sono stati azzerati i pagamenti da marzo in poi e in alcune città (come Roma o Bari), per le famiglie che avessero già pagato in un’unica soluzione, saranno riconosciuti crediti da spendere l’anno prossimo.

Questo stop ha imposto due problemi. Il primo è la drastica diminuzione delle entrate per i nidi: pubblici, convenzionati e privati. Il sistema dei nidi si poggia fortemente, in tutta italia, sugli operatori privati: dei 354.641 posti disponibili, solo il 51% sono in strutture pubbliche. Il nido infatti, nel nostro sistema di welfare, non è un servizio essenziale garantito dallo Stato, ma un servizio “a domanda individuale”.

Il secondo problema è rappresentato dalle minori entrate dei Comuni: un ostacolo ancora più rilevante dove l’ente locale gestisce direttamente la maggior parte degli asili nido, perché si deve far fronte anche alle spese per il personale. A Napoli, ad esempio, la quasi totalità dei 55 asili nido cittadini è comunale. A Bologna, in 50 asili nido e 70 scuole dell’infanzia comunali sono impiegati 1.400 dipendenti.

Per sostenere le strutture, che spesso sono gestite da enti del Terzo settore, i Comuni si stanno avvalendo della strada aperta dal Dl “cura Italia” (Dl 18/2020): l’articolo 48 consente che i servizi svolti in convenzione o in appalto con organizzazioni private possano essere erogati anche a domicilio o a distanza. Così in molti casi i servizi educativi, anche per i bambini più piccoli, si sono trasformati in servizi online, o l’assistenza ai bambini con disabilità è stata organizzata senza la presenza fisica degli educatori.

«Nella prima fase dell’emergenza per l’epidemia da coronavirus – spiega Cristina Giachi, vicesindaco di Firenze e responsabile scuola dell’Anci – non ci siamo affatto preoccupati di che cosa stesse succedendo ai bambini, ma il tema dei servizi educativi e scolastici ha un ruolo centrale, soprattutto quando si comincia a ragionare sulla ripresa delle attività. Inoltre – aggiunge – è essenziale non mettere in crisi i gestori dei servizi educativi nel territorio, perché senza gli operatori privati il sistema dei servizi per l’infanzia non reggerebbe».

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