AGI – Intelligente e lungimirante l’idea di Bompiani Editore per raccontare in un libro popolare (10 euro il prezzo di copertina, in vendita dal 24 maggio in libreria ma anche nei centri commerciali della Campania) lo scudetto del Napoli.
Quale idea? Non chiamare a scriverlo un giornalista sportivo, che si sarebbe perso in statistiche e speculazioni ultraterrene sugli schemi di Spalletti. Non un accademico della città, perché avrebbe scritto per il suo pubblico ‘alto’ lunghi capitoli di storia. Meno che mai un politico o un vip televisivo: il rischio di personalizzazione autobiografica a fini social sarebbe stato insopportabile.
Bompiani ha proposto l’idea a Francesco Palmieri, sì napoletano della Arenella, sì scrittore e intellettuale di ‘area’ meridionalista, ma soprattutto cronista, con i requisiti giusti per andare a dama: raccontare la Napoli di oggi col pretesto del calcio.
Il Giornale di Napoli, Paese Sera, poi l’Agenzia Italia e il Foglio, passando per alcuni romanzi di successo e articoli da ritagliare e conservare sulla città di Maradona, oltreché di Totò, Eduardo, quella di Pino Daniele e di Tullio Pironti, la città di Beppe Vessicchio e Paolo Sorrentino.
Palmieri forse era l’unico – per curriculum e formazione letteraria – in grado di buttare nel frullatore gli ultimi 33 anni di storia della capitale del sud e tirarne fuori un distillato di realtà. Per capire cosa rappresenta uno scudetto per Napoli, bisogna leggere ‘Ricominciamo da Tre’, 150 pagine tirate giù in tre settimane a cavallo di Udinese-Napoli 1-1 (la partita della matematica certezza), schivando gli inserti monografici dei quotidiani e la retorica vuota di certa televisione.
Palmieri ha preso il suo bloc notes a righe rosse, quello con la spirale di ferro in testa, e si è fatto un giro tra bandiere e vessilli issati al Vomero come a Forcella, a Chiaia o a Montecalvario. Appunti vivi cucinati da chi Maradona l’ha visto palleggiare al San Paolo da vicino, mentre Napoli intorno si ubriacava e Luigi Necco chiedeva la linea a Novantesimo Minuto. “Si dice: uno scudetto – scrive l’autore – ma sono molti milioni, ognuno composto da centinaia di schegge emozionali che in parte hanno a che fare con il calcio e in parte no davvero. Le stelle di Sorrento, il fracasso di una marmitta rotta, un raudo esploso all’improvviso, le righe di una lettera perduta, un cane che abbaiava, l’uscita di una sera con due volti dimenticati, uno scroscio di pioggia quando si chiamava San Paolo, i cuscini di paglia prima della partita, certi affrettati giuramenti, il presunto scalpaccio dei monacielli. Continuate l’elenco, sarà quello il vostro scudetto”.
Spremuta di Napolilinità concentrata, questo libro, che racconta fatti, volti, emozioni, la gente del Napoli al naturale, “tutti azionisti con uguali diritti dello scudetto… una proprietà diffusa che supera la conoscenza delle regole calcistiche e l’interesse per le formazioni: è una tendenza all’identità una cromìa di fondo dietro vite diversissime che magari si odiano. Raccontate a qualcun altro dov’è il vostro scudetto e fatevelo a vostra volta raccontare. Scoprirete posti nuovi e antiche emozioni che finalmente riemergono e non hanno niente da spartire con il calcio. Ecco cos’è uno scudetto del Napoli”.
Va letto così ‘Ricomincio da tre’, istant book solo nella forma grafica e nella rilegatura economica, perché ogni rigo ti dà la possibilità di fermarti a pensare e a finirlo puoi, se vuoi, metterci anche una vita. La prefazione è firmata da Gennaro Della Volpe, in arte Raiz, già voce degli Almamegretta. Non uno qualunque, come qualunque non è questo scudetto arrivato per un allineamento di pianeti che solo la Mano di dio, da lassù, poteva arrangiare.
Ventotto micro capitoli. L’ultimo si intitola Snobismo, sono dieci righe. Dice così: “Pure, su quelle bancarelle o in uno store del Napoli bisognerebbe comprare la mascherina di Osimhen, un accendino celebrativo, qualche sciarpa commemorativa, un qualsiasi gadget kitsch seppure contraffatto del terzo scudetto. Fra tanto tempo un pomeriggio lo ritroverai per caso e attiverà uno sciame di ricordi. È il compito nascosto e indispensabile nella loro assenza di pregio materiale. Poveri snob, non immaginano cosa si perderanno. L’Immaginazione. Ho fortunatamente conservato una lattina (bevuta) di birra Splugen Oro vestita dei colori del Napoli 1987. Non ricordo quando la consumai né con chi ma sono felice di non averla buttata, perché al momento uno non pensa che quella cosa si intriderà di magia, anzi, un’ottusa presunzione suggerisce che non avremo certo bisogno dell’oggetto per ridestare memorie. È una bugia. Ci ricorda Borges che le cose da niente, persino i portachiavi, le lime e i chiodi ci sopravviveranno… Perciò lasciamo ad altri, un domani, l’incombenza di svuotare la soffitta delle nostre fetenzìe. Intanto ci servono”.
Come ci serve questo libro da bancarella delle cose che restano e lasciano un segno.
AGI – Intelligente e lungimirante l’idea di Bompiani Editore per raccontare in un libro popolare (10 euro il prezzo di copertina, in vendita dal 24 maggio in libreria ma anche nei centri commerciali della Campania) lo scudetto del Napoli.
Quale idea? Non chiamare a scriverlo un giornalista sportivo, che si sarebbe perso in statistiche e speculazioni ultraterrene sugli schemi di Spalletti. Non un accademico della città, perché avrebbe scritto per il suo pubblico ‘alto’ lunghi capitoli di storia. Meno che mai un politico o un vip televisivo: il rischio di personalizzazione autobiografica a fini social sarebbe stato insopportabile.
Bompiani ha proposto l’idea a Francesco Palmieri, sì napoletano della Arenella, sì scrittore e intellettuale di ‘area’ meridionalista, ma soprattutto cronista, con i requisiti giusti per andare a dama: raccontare la Napoli di oggi col pretesto del calcio.
Il Giornale di Napoli, Paese Sera, poi l’Agenzia Italia e il Foglio, passando per alcuni romanzi di successo e articoli da ritagliare e conservare sulla città di Maradona, oltreché di Totò, Eduardo, quella di Pino Daniele e di Tullio Pironti, la città di Beppe Vessicchio e Paolo Sorrentino.
Palmieri forse era l’unico – per curriculum e formazione letteraria – in grado di buttare nel frullatore gli ultimi 33 anni di storia della capitale del sud e tirarne fuori un distillato di realtà. Per capire cosa rappresenta uno scudetto per Napoli, bisogna leggere ‘Ricominciamo da Tre’, 150 pagine tirate giù in tre settimane a cavallo di Udinese-Napoli 1-1 (la partita della matematica certezza), schivando gli inserti monografici dei quotidiani e la retorica vuota di certa televisione.
Palmieri ha preso il suo bloc notes a righe rosse, quello con la spirale di ferro in testa, e si è fatto un giro tra bandiere e vessilli issati al Vomero come a Forcella, a Chiaia o a Montecalvario. Appunti vivi cucinati da chi Maradona l’ha visto palleggiare al San Paolo da vicino, mentre Napoli intorno si ubriacava e Luigi Necco chiedeva la linea a Novantesimo Minuto. “Si dice: uno scudetto – scrive l’autore – ma sono molti milioni, ognuno composto da centinaia di schegge emozionali che in parte hanno a che fare con il calcio e in parte no davvero. Le stelle di Sorrento, il fracasso di una marmitta rotta, un raudo esploso all’improvviso, le righe di una lettera perduta, un cane che abbaiava, l’uscita di una sera con due volti dimenticati, uno scroscio di pioggia quando si chiamava San Paolo, i cuscini di paglia prima della partita, certi affrettati giuramenti, il presunto scalpaccio dei monacielli. Continuate l’elenco, sarà quello il vostro scudetto”.
Spremuta di Napolilinità concentrata, questo libro, che racconta fatti, volti, emozioni, la gente del Napoli al naturale, “tutti azionisti con uguali diritti dello scudetto… una proprietà diffusa che supera la conoscenza delle regole calcistiche e l’interesse per le formazioni: è una tendenza all’identità una cromìa di fondo dietro vite diversissime che magari si odiano. Raccontate a qualcun altro dov’è il vostro scudetto e fatevelo a vostra volta raccontare. Scoprirete posti nuovi e antiche emozioni che finalmente riemergono e non hanno niente da spartire con il calcio. Ecco cos’è uno scudetto del Napoli”.
Va letto così ‘Ricomincio da tre’, istant book solo nella forma grafica e nella rilegatura economica, perché ogni rigo ti dà la possibilità di fermarti a pensare e a finirlo puoi, se vuoi, metterci anche una vita. La prefazione è firmata da Gennaro Della Volpe, in arte Raiz, già voce degli Almamegretta. Non uno qualunque, come qualunque non è questo scudetto arrivato per un allineamento di pianeti che solo la Mano di dio, da lassù, poteva arrangiare.
Ventotto micro capitoli. L’ultimo si intitola Snobismo, sono dieci righe. Dice così: “Pure, su quelle bancarelle o in uno store del Napoli bisognerebbe comprare la mascherina di Osimhen, un accendino celebrativo, qualche sciarpa commemorativa, un qualsiasi gadget kitsch seppure contraffatto del terzo scudetto. Fra tanto tempo un pomeriggio lo ritroverai per caso e attiverà uno sciame di ricordi. È il compito nascosto e indispensabile nella loro assenza di pregio materiale. Poveri snob, non immaginano cosa si perderanno. L’Immaginazione. Ho fortunatamente conservato una lattina (bevuta) di birra Splugen Oro vestita dei colori del Napoli 1987. Non ricordo quando la consumai né con chi ma sono felice di non averla buttata, perché al momento uno non pensa che quella cosa si intriderà di magia, anzi, un’ottusa presunzione suggerisce che non avremo certo bisogno dell’oggetto per ridestare memorie. È una bugia. Ci ricorda Borges che le cose da niente, persino i portachiavi, le lime e i chiodi ci sopravviveranno… Perciò lasciamo ad altri, un domani, l’incombenza di svuotare la soffitta delle nostre fetenzìe. Intanto ci servono”.
Come ci serve questo libro da bancarella delle cose che restano e lasciano un segno.