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L’Italia rallenta, così il debito rischia di risalire

Feb 2, 2019

Il rallentamento della crescita rischia di ribaltarsi pericolosamente sugli equilibri delle nostre finanze pubbliche, in particolare sul rapporto tra debito e Pil.

Il mancato rispetto della regola sul debito è stato il dito sul grilletto puntato dalla Commissione europea verso l’Italia, quando si è trattato per rivedere la Manovra ed evitare la procedura per deficit eccessivo. Dopo molte variazioni e la promessa di destinare proventi da privatizzazioni per l’1 per cento del Pil (circa 17 miliardi) alla riduzione del debito, l’ultimo aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica pubblicato dopo il negoziato tra il Governo e Bruxelles ha stimato il rapporto tra il debito pubblico e Pil in aumento di mezzo punto percentuale nel 2018 rispetto all’anno precedente, al 131,7 per cento. Poi si prevede una riduzione, come ricordava l’Ufficio parlamentare di bilancio in settimana, meno convinta di quella promessa del Draft budgetary plan iniziale, al 130,7 per cento quest’anno e quindi al 129,2 per cento nel 2020 e al 128,2 nel 2021.

Proprio su quest’ultimo aggiornamento e sulla revisione della Manovra si è consumata la pace tra Roma e Bruxelles, che ha promesso un monitoraggio stretto sui conti e sull’attuazione dei provvedimenti ma non è andata oltre con la procedura. La stessa Commissione, verosimilmente giovedì 7 febbraio, opererà il taglio alle stime di crescita dell’Italia per il 2019, visto che soltanto l’8 novembre del 2018 prevedeva il +1,2% mentre Bankitalia e Fmi sono scesi nei giorni scorsi al +0,6 per cento.

Secondo uno studio di Stefano Olivari e Carlo Valdes dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani presso l’Università Cattolica, il rallentamento economico più forte delle attese tende un pericoloso agguato alla pax Roma-Bruxelles. Come ha certificato l’Istat, infatti, il Pil è calato dello 0,2% nel quarto trimestre del 2018 portando il Paese in recessione tecnica.

Secondo i ricercatori, è lecito a questo punto ipotizzare una crescita dello 0,1 per cento nel primo trimestre del 2019. “Nei trimestri successivi, l’introduzione del reddito cittadinanza e della quota 100, e il permanere dello spread ai livelli più bassi raggiunti di recente, potrebbe portare a un aumento dello 0,25 per cento nel secondo trimestre e, volendo essere generosi, dello 0,4 nei due trimestri successivi. In questo caso, il tasso di crescita nel 2019 nel suo complesso sarebbe dello 0,4 per cento contro l’1 per cento previsto dal governo”. Meno della metà della crescita, dunque, nonostante la generosità della stima.

Con crescita minore, anche la dinamica dei prezzi si vede meno brillante ed ecco che il Pil nominale – che considera anche l’andamento dell’inflazione – è stimato all’1,6 per cento, 0,7 punti percentuali meno di dove lo colloca il governo.

A cascata, l’Osservatorio stima l’impatto sui conti pubblici: il deficit al 2,3-2,4 per cento del Pil, “prevalentemente per effetto delle minori entrare dello Stato”. E il debito pubblico che – considerando entrate da privatizzazioni per 0,3 punti di Pil invece del punto promesso – “potrebbe salire di quasi un punto percentuale nel prossimo anno (passando dai 131,7 punti del 2018 a 132,6 a fine 2019)”.

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