AGI – Italia bocciata in ‘english’: secondo l’Indice di Conoscenza dell’Inglese EF (EF EPI) del 2024, il nostro Paese si posiziona al 46mo posto su 116 Paesi, con un livello di competenza medio, e in Europa è appena 32mo su 35 nello studio della lingua di Shakespeare. Le linee guida ministeriali prevedono che gli studenti italiani raggiungano un livello B2 alla fine della scuola secondaria di secondo grado ma spesso si fermano a un livello B1 o inferiore. Questo divario solleva domande sull’approccio metodologico adottato e sull’efficacia della formazione degli insegnanti, che spesso si trova priva del supporto necessario per innovare realmente la didattica. L’urgenza di un cambio di paradigma è stata evidenziata nel corso di “Teaching in Italy 2024”, evento organizzato dal St. George’s Institute che si è svolto il 7 novembre a Roma. Si tratta ormai di un appuntamento fisso che coinvolge istituzioni educative, esperti del settore e docenti provenienti da tutto il Paese. È emerso che l’Italia si trova a un bivio: da un lato, gli investimenti in digitalizzazione e gli sforzi per modernizzare la didattica sono cresciuti significativamente; dall’altro, i risultati effettivi continuano a evidenziare lacune strutturali e metodologiche.
“Il principale problema dell’insegnamento della lingua inglese in Italia è la scarsa focalizzazione su Ricerca e Sviluppo nonostante il grande interesse verso il digitale”, ha spiegato Romina Pifferi, Country Manager Italia per Macmillan Education. “Sarebbe molto interessante applicare approcci didattici che rispecchino la forma mentis degli studenti della Gen Z e della Gen Alpha”, ha aggiunto.
“I due problemi principali sono l’enfasi sulla traduzione diretta e la paura di fare errori”, ha spiegato Giorgia Rosenbluth, autrice, docente e content creator. “Ci affidiamo alla traduzione perché temiamo di sbagliare, ma così si crea un circolo vizioso. Per risolverlo, è fondamentale insegnare l’inglese in un contesto di ‘full immersion’, evitando di utilizzare l’italiano come supporto. Inoltre, bisogna cominciare ad accettare gli errori come parte del processo di apprendimento”.
Le discussioni hanno evidenziato l’urgenza di adattare le metodologie didattiche ai bisogni attuali, superando le resistenze al cambiamento. Davide Scalera, Ideatore, Curatore ed Host dell’evento, ha spiegato che “il format innovativo di Teaching in Italy, con tavole rotonde, workshop e momenti di discussione libera, ha permesso di creare un ambiente dinamico e partecipativo, in cui i docenti non solo possono ascoltare esperti, ma anche condividere le proprie esperienze e sperimentare direttamente approcci alternativi”. I docenti hanno anche potuto contribuire al ‘libro collettivo annuale’, una sorta di versione asincrona dell’evento in cui ognuno ha potuto raccontare la propria esperienza, condividere una storia o proporre metodologie innovative.