Oltre sessanta migranti sono morti ieri nel più grave naufragio avvenuto nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Ma non è stato un naufragio qualsiasi: l’imbarcazione partita dalla Turchia si è schiantata sulla costa di Crotone, cioè all’interno delle acque territoriali dell’Italia e dell’Unione europea.
Ma, al di là delle parole di cordoglio, dai leader dell’Ue non sono venuti appelli a rafforzare le operazioni di salvataggio in mare.
“Sono profondamente addolorata per il terribile naufragio al largo della Calabria”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “La conseguente perdita di vite umane di migranti innocenti è una tragedia. Tutti insieme, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi sul Patto su migrazione e asilo e sul piano d’azione per il Mediterraneo centrale”.
La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, si è detta “arrabbiata e affranta (…). Gli stati membri devono farsi avanti e trovare un modo per andare avanti. Ora. L’Ue ha bisogno di norme comuni e aggiornate che ci consentano di affrontare le sfide della migrazione”. Metsola ha chiesto di “essere equi e umani con chi ha bisogno di protezione, fermi con chi non lo è e duri contro i trafficanti che sfruttano i più vulnerabili”.
Oggi i portavoce della Commissione diranno che la priorità è “salvare vite in mare”. Di fatto, l’Ue ha deciso di chiudere gli occhi sulla scelta dell’Italia – e di altri paesi come la Grecia – di ritirare gli assetti che operano salvataggi in mare e di ostacolare i soccorsi delle navi delle ong. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e l’Alto commissariato Ony per i rifugiati, “il tragico naufragio al largo della costa crotonese conferma l’urgenza di rafforzare il sistema di soccorso in mare, che resta insufficiente”.