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Libia, Ue sempre più divisa sull’operazione Sophia

Feb 17, 2020

IL VERTICE EUROPEO

Verso un nulla di fatto al Consiglio dei ministri degli Esteri Ue: Austria e Ungheria temono nuovi arrivi di migranti sulle coste europee. Rimane il rebus degli indennizzi agli italiani espulsi. Mancano all’appello 20 milioni di euro che il ministero dell’Economia trattiene per possibili ricorsi

di Gerardo Pelosi

17 febbraio 2020


Libia, l’Ue rilancia Sophia e prepara missione di pace

4′ di lettura

Sarà l’ennesimo Consiglio dei ministri degli Esteri Ue ad affrontare oggi, 17 febbraio, a Bruxelles la questione di una missione militare per l’embargo di armi alla Libia ma quasi certamente senza alcuna decisione operativa per le divisioni ancora esistenti tra gli Stati membri.

«In Libia il cessate il fuoco non c’è ancora – ha riferito l’Alto rappresentante per la Politica estera e di difesa europea Josep Borrell – la tregua e l’embargo sulle armi sono state violate, il conflitto prosegue. Il processo politico di Berlino è ancora in corso, ma la situazione sul terreno è molto brutta». Borrell ha spiegato di aver ricevuto una lettera dall’inviato speciale dell’Onu, Ghassan Salamé con gli ultimi aggiornamenti che non lasciano presagire nulla di positivo mentre il vice-capo della missione Unsmil, Stephanie Williams intervenuta a Monaco alla riunione ministeriale sui seguiti di Berlino, ha detto senza mezzi termini che la questione embargo «è diventata una barzelletta».

Borrell ha lanciato un appello a tutti gli Stati membri per trovare un accordo almeno sulla riattivazione del dispositivo navale di Sophia. Borrell è apparso indignato per il veto austriaco sul riavvio di Sophia. «Non può accadere che a causa del veto di un solo Stato che peraltro non ha una Marina propria – ha detto l’Alto rappresentante – si debba bloccare la missione marina europea. Se succede, rispondere “peccato non c’è stata l’unanimità” è semplicemente ridicolo!».

Di Maio: occorre una missione Ue di monitoraggio

Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio partecipa al Consiglio dei ministri degli Esteri europei che ha all’ordine del giorno anche Sophia. «Dobbiamo tenere il punto sull’embargo della armi – ha precisato Di Maio – l’unico modo per garantire il cessate il fuoco in Libia è togliere le armi e per farlo bisogna creare una missione Ue. Sono stato a Tripoli e Bengasi mercoledì e giovedì. Ed entrambe le parti hanno la fiducia nel comitato 5+5. Anche Haftar ha mostrato una certa fiducia». Secondo Di Maio «l’Europa dovrà utilizzare anche mezzi militari per un monitoraggio del rispetto dell’embargo e del cessate il fuoco, che potrebbe avvenire via mare, via terra e per via aerea». Di Maio più volte ha parlato di una revisione di Sophia perchè le armi non arrivano solo via mare ma anche via terra e per aereo. Ma già riaffidare a Sophia la componente navale sarebbe un buon risultato. Austria e Ungheria temono il pull factor per nuovi arrivi di migranti sulle coste europee.

Libia, Di Maio apre alla riattivazione dell’operazione Sophia

Sospensione Sophia voluta da Matteo Salvini

La sospensione del pattugliamento navale fu causata proprio dall’Italia e dalla posizione dell’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini contro il piano operativo della missione che, ricalcando le operazioni Frontex, prevedeva lo sbarco solo in Italia dei migranti eventualmente salvati anche da navi di altri Paesi Ue. Si sta ipotizzando ora l’utilizzo dei moduli operativi di Sea Guardian che prevede che i migranti restino a carico del Paese che li ha salvati. Restano poi ancora tutti aperti i problemi legati al raggio d’azione della missione che avrebbe bisogno di un accordo delle due parti in conflitto. Nonostante tutte le contraddizioni della comunità internazionale c’è comunque ora una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che riprende i punti di Berlino compreso il rispetto dell’embargo di armi. Haftar riconosce solo il comitato militare come foro di discussione ma di fatto impedisce passi in avanti. Il punto centrale è porre termine al sostegno emiratino perché da solo il sostegno dell’Egitto non basta.

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