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Libia, dal 1 aprile chiude Sophia: al via «Irini», migranti non più in Italia ma in Grecia

Apr 1, 2020

ServizioServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLA NUOVA MISSIONE EUROPEA

L’operazione potrà condurre ispezioni in alto mare, al largo delle coste libiche, su imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiale similare da o verso la Libia, secondo quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

di Gerardo Pelosi

1 aprile 2020


Nuova operazione Ue in Libia, niente sbarchi in Italia

3′ di lettura

Dopo cinque anni di attività la missione navale europea Sophia chiude i battenti e lascia il posto da oggi, primo aprile, alla nuova missione Irini, destinata a far rispettare l’embargo Onu alle armi in Libia. Il quartier generale resterà sempre Roma, a Centocelle e il comandante sarà (come per l’ultima parte di Sophia) il contrammiraglio Fabio Agostini e durerà almeno fino al 31 marzo 2021. La decisione è stata adottata dal Consiglio europeo di martedì 31 marzo.

I compiti della nuova missione

La missione Irini (“pace” in greco) si avvarrà di navi e mezzi aerei e satellitari. L’operazione potrà condurre ispezioni in alto mare, al largo delle coste libiche, su imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiale similare da o verso la Libia, secondo quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tra i compiti secondari di Irini sono previsti il monitoraggio e la raccolta di informazioni sull’export illegale di petrolio dalla Libia; il contributo all’aumento delle capacità e all’addestramento dei guardacoste e dei militari della Marina libica per le attività in mare oltre ad un contributo allo smantellamento del modello di business dei network di trafficanti.

Migranti non più in Italia ma in Grecia

I migranti saranno sbarcati nei porti greci. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, Josep Borrell ha spiegato che «la missione Irini non è un’operazione Sophia bis. Qui l’obiettivo è il controllo dell’embargo di armi alla Libia. Se qualcuno viene trovato in mare, come previsto dalla legge internazionale, deve essere salvato. C’è un accordo tra Stati membri su come procedere in caso di soccorso in mare, dove sbarcare e come organizzare il seguito. Ma questa parte della documentazione è riservata. Comunque c’è». In realtà al punto 13 dell’accordo si prevede che «le persone salvate in mare da unità navali della missione Irini, ai sensi degli obblighi previsti dalle norme internazionali, verranno condotti nei porti designati dalle autorità della Repubblica Ellenica o su base volontaria di altri Stati membri». I migranti verranno concentrati in zone di transito e da lì distribuiti tra i vari Stati membri (quindi teoricamente anche in Italia).

La richiesta italiana

Era stato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio a chiedere che in presenza dell’emergenza coronavirus i migranti eventualmente salvati non venissero fatti sbarcare in Sicilia. Cosa che la Grecia ha accettato ma a fronte di considerare come “costi comuni” le spese per la partecipazione alla missione. «La decisione odierna sull’operazione Irini è un passo verso una soluzione politica in Libia» scrive su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. «L’Ue aiuterà a far rispettare l’embargo Onu sulle armi con attività aeree, satellitari e marittime», precisa. Auguri al comandante della missione Irini Fabio Agostini anche da parte dell’ambasciatore italiano al Comitato politico e di sicurezza europea Cops, Marco Peronaci. «Il Covid – scrive Peronaci – non fermerà l’Europa che sta lavorando per la sicurezza e la cooperazione internazionale».

Perplessità su Irini sia a Tripoli che a Bengasi

Dubbi e perplessità sulla reale efficacia della missione Irini vengono tuttavia manifestate, sia pure a livello informale, sia da parte del Governo di accordo nazionale di Tripoli che da parte del generale di Bengasi Haftar. Tripoli teme che la missione navale possa colpire soprattutto le navi che arrivano dalla Turchia nel porto di Tripoli con rifornimenti (ma anche forniture militari) anche se le ispezioni sulle navi devono avvenire sempre con il consenso dello Stato di bandiera quindi eventualmente della Turchia. Bengasi manifesta il timore che il monitoraggio sia concentrato soprattutto nella zona orientale (per non impattare con le rotte dei migranti) e rappresenti un ostacolo ai normali traffici commerciali anche quelli legati al petrolio. Resta il fatto che la missione è molto carente sul fronte dell’embargo terrestre (per i passaggi da Egitto a Bengasi) e aereo per i frequenti voli dagli Emirati.

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