AGI – Il tema dei matrimoni forzati è uno di quegli argomenti di cui troppo spesso si sente parlare a bassa voce. Forse, perché talvolta le parole fanno più paura delle azioni. Ora a parlarne è però ‘Libere’, un libro della giornalista del Fatto Quotidiano, Martina Castigliani, che racconta, attraverso le storie di cinque giovani donne, la sofferenza, ma anche la rinascita di chi ha osato dire di no.
La giornalista spiega la vita interrotta e sospesa di donne che ci passano accanto ogni giorno per strada, al lavoro, al supermercato, in tintoria. Sfioriamo i loro cappotti e le loro borse senza accorgercene, perché il dolore non sempre si vede, non si sempre si sente. Le loro sono urla silenziose.
Le cinque protagoniste di ‘Libere’ sono scappate dagli obblighi e dalle imposizioni patriarcali delle loro famiglie. Con fatica e sacrificio hanno edificato e ricostruito una nuova vita e per farlo, hanno perso l’identità, hanno perduto l’amore di un padre e di una madre. E lo hanno fatto a costo di ricominciare da zero, a costo di non stringere mai più il corpo di un fratello o di una sorella.
Fatima, Yasmine, Zoya, Khadija e X ci insegnano così, ad alta voce, che la libertà è vita e che è preziosa. Nel libro ci sono i disegni dell’illustratrice Elisabetta Ferrari che aiutano a immaginare la personalità di chi, oggi, non può mostrarsi. I proventi derivati dai diritti d’autore saranno donati a Trama di Terre. L’Agi ha intervistato Castigliani.
Come ti sei avvicinata a questo tema così delicato?
Io sono nata a Guastalla, molto vicino a Novellara, il luogo che tutti purtroppo abbiamo conosciuto per la storia di Saman Abbas. Inoltre, ho una mamma assistente sociale, quindi, ho sentito spesso parlare nel corso della mia adolescenza della questione dei matrimoni forzati. Quando successivamente sono diventata una giornalista l’esigenza e la premura di dover approfondire l’argomento si è fatta sempre più grande.
Hai lavorato a questo libro per quattro anni. Chi sono le protagoniste?
Le ragazze di questo libro sono giovani donne con percorsi di migrazione diversi. Sono giovani donne cresciute in Italia e sono ragazze che hanno deciso, ad un certo punto della loro vita di ribellarsi. E per farlo sono anche dovute scappare lontane dalle famiglie, cambiare identità e ricostruirsi completamente in un posto che è lontanissimo dalla propria casa.
Il libro è stato realizzato insieme alle ragazze sfuggite dai matrimoni forzati. Com’è stato?
Ci tengo a sottolineare il fatto che In questo libro ci sono le loro voci. Il percorso è stato per questo motivo molto lungo e intenso. Ogni storia è stata scritta e riscritta insieme a loro diverse volte così come insieme a loro abbiamo deciso ogni singola frase. Inoltre, c’è anche stato un grande problema relativo alla sicurezza di queste ragazze. Non possono farsi vedere e nemmeno riconoscere. Abbiamo dovuto cercare di fare in modo di far arrivare le loro testimonianze senza metterle in pericolo. La nostra priorità è sempre stata quella di salvaguardare la loro incolumità. Detto questo, abbiamo voluto mantenere anche l’aspetto più potente, il libro è tutto vero. Quando dovevamo decidere se mantenere o meno i loro dati sensibili, avremmo potuto percorre la strada più facile ossia inventare delle altre versioni. Ma questa sarebbe stata una strada molto difficile per le stesse ragazze che devono, ancora una volta, fingere di essere qualcuno che non sono. Abbiamo per questo motivo deciso di mettere delle xxx per coprire alcune informazioni personali. Abbiamo dovuto coprire alcune frasi e diversi dettagli che in qualche modo avrebbero potuto rivelare la loro identità, ma le storie sono le loro. Elisabetta Ferrari, attraverso le sue splendide e colorate illustrazioni è riuscita a rappresentare le loro personalità.
Nel libro scrivi che la scelta di omettere alcune frasi è anche stata una richiesta di fiducia delle ragazze al lettore.
Si. Ci sono momenti in cui dobbiamo accettare di non sapere tutto. Nemmeno io conosco alcuni dettagli. Quelle xxx rilevano l’importanza delle difficoltà di questi percorsi e anche delle difficoltà di autodeterminazione di queste ragazze. Noi solitamente banalizziamo molto affermando che queste ragazze desiderino essere occidentali. Queste ragazze stanno cercando un loro percorso personale di libertà. Una delle protagoniste, Yasmine, ad un certo punto afferma che nessuna ragazza affianco a lei lo aveva mai fatto prima. Le loro sono scelte potenti e importanti ed è molto banale e semplicistico, oltre che essere molto arrogante, dire che cercano di essere come qualcuno altro.
Che messaggio potrà arrivare al lettore che legge questo libro?
Leggendo le loro storie si comprende il perché abbiano deciso di compiere la scelta di andarsene dalla propria famiglia e perché abbiamo deciso di rifiutare il matrimonio forzato. Non sono scelte facili e immediate. Non si smette all’improvviso di amare la propria madre o il proprio padre. È un processo lungo, a cui si arriva con dolore e fatica.
Fatima a un certo punto nel libro dice ‘io non so più una loro figlia, ma per me loro saranno sempre i miei genitori’. Una espressione molto forte, cosa significa?
La difficoltà di chi ascolta queste storie è che sarebbe molto più facile pensare che da un parte ci siano tutti i buoni e dall’altra tutti i cattivi. Ogni storia è diversa. I legami con le famiglie sono legami molto importanti, fondamentali. Anche Yasmine, un’altra delle protagoniste del libro, racconta sempre del forte legame con la madre. Non possiamo pensare che questi sentimenti svaniscono nel nulla. Penso che tutto ciò rende le loro scelte ancora più potenti e coraggiose. Per riuscire a essere libere loro hanno dovuto rompere in maniera molto netta con ogni legame del passato. Inoltre, le relazioni famigliari sono molte più complesse. Queste ragazze devono fare i conti con la nostalgia, la malinconia, con la paura di venir trovate. E poi ci sono i sensi di colpa, le mancanze. In un momento storico in cui abbiamo sentito tanti commenti politici sul femminicidio di Saman Abbas, io credo sia molto importante ascoltare le voci delle ragazze che ci dicono che esiste un altro destino, un’altra via, un’altra possibilità. Dobbiamo ascoltarle perché solo loro possono spiegarci le loro difficoltà ed esigenze. Credo che l’ascolto sia già un passo molto importante.
Cosa significa ricominciare da capo a km di distanza e lontane da ogni riferimento famigliare?
Nel corso di questi quattro anni ho visto tutte le loro difficoltà, le ho viste cambiare radicalmente. Le ho guardate mentre cambiavano la loro vita. Le ho viste ricostruirsi un’altra esistenza. Queste ragazze si trovano di fronte a delle scelte e a delle situazioni per noi davvero difficili da capire.
Qual è la caratterista che più ti ha colpita di queste ragazze?
È stato ed è tuttora molto intenso. Come giornalisti spesso ci capita di raccontare le storie degli altri e io in questo caso ho sentito e sento il peso di portare in giro storie importanti. Il mio sogno è che un giorno siano loro a parlare e a raccontare le loro storie. Di tutti gli aspetti, oltre alla forza e al coraggio, credo sia proprio la loro costante determinazione anche se naturalmente non esente da cedimenti emotivi.
Cosa hanno pensato le cinque protagoniste quando hanno letto il libro?
Vorrebbero che il libro girasse il più possibile e che le loro storie venissero lette anche nelle scuole. Mi hanno sempre detto di averlo fatto, di aver voluto parlare per un solo motivo: per le altre. Per far sì che nessun’altra ragazza viva tanto dolore, ma soprattutto per dire alle altre che esiste un’altra strada, un’altra vita.
Quali sono le maggiori paure delle protagoniste?
Queste ragazze si trovano a bivi decisivi e molto spesso si portano in salvo da sole. Aiutate soltanto da chi riesce a intercettare quelle richieste d’aiuto. Fatima scappa il giorno della laurea: nei giorni prima aveva portato all’università lo zaino con cui è poi uscita per sempre dalla sua vita. Yasmine prende solo una borsa e il suo rimpianto è aver lasciato indietro i peluche che si era autoregalata. Zoya quando scappa sta seduta per un giorno intero in una piazza per decidere se ha senso chiedere aiuto. Oggi dice: solo dopo ho capito che i miei desideri non erano impossibili. Devono credere a se stesse come prima cosa e credere che ce la faranno.