Da oltre un secolo, innovazioni, sfide e successi accompagnano Skoda. Le fortune commerciali riscosse potrebbero dare l’impressione che per lei tutto le sia venuto naturale. Ma, come andremo a scoprire ripercorrendone la storia, nemmeno i padri fondatori immaginavano di raggiungere certi livelli. In principio, era una piccola entità regionale, estranea alle logiche globali che ne condizionano oggi i piani societari. L’automobile era stata da poco ed era appannaggio del ceto benestante, mentre il popolo rimaneva ancorato alle vecchie soluzioni.
Erano davvero altri tempi. Nei decenni Skoda ha affrontato periodi di crescita esplosiva, fusioni strategiche e l’ombra di due guerre mondiali, fino alla nazionalizzazione dell’era comunista. Coinvolta in un tourbillon di eventi, le difficoltà affrontate non l’hanno spezzata, bensì fortificata ed è anche grazie a loro se ha raggiunto certe posizioni nell’era globale. Con la caduta del muro di Berlino nel 1989, una serie di opportunità si è presentata alla porta e i vertici dirigenziali ne hanno saputo fare tesoro. Nei prossimi paragrafi scopriremo in che modo due imprenditori ardenti di passione hanno dato vita al futuro gigante industriale.
Le origini
Come ogni storia che si rispetti, anche quella di Skoda ha un inizio, da ricondurre al 1895. Quando Václav Laurin e Václav Klement decisero di lanciarsi nell’avventura imprenditoriale. Uno meccanico con il “pallino” dell’ingegneria, l’altro libraio ambizioso, diedero forma a una piccola azienda di biciclette a Mladá Boleslav, nella Boemia (l’attuale Repubblica Ceca). In principio, avevano uno scopo semplice: realizzare esemplari di qualità, così da soddisfare la crescente domanda di trasporto individuale.
Il marchio con cui commercializzavano le relative creazioni, Slava, divenne presto sinonimo di affidabilità e innovazione. Superato un periodo di adattamento, Laurin e Klement sentirono fosse il caso di alzare la posta. Per quanto gli affari andassero bene, credevano di non aver ancora raggiunto il pieno potenziale. Ampliarono, di conseguenza, la rispettiva gamma, buttandosi nelle motociclette. Correva il 1899 e con questo atto di lucida follia misero le fondamenta del successivo core business. Ben presto seppero distinguersi, grazie alla robustezza dei modelli e capacità di adattarsi alle strade spesso accidentate della Boemia. Fu la tappa intermedia verso l’ingresso nel mondo delle automobili.
Voiturette A: la prima automobile
Nel 1905, Lauren e Klement lanciarono la loro prima auto, la Voiturette A. Piccola e mossa da un due cilindri, segnò il passaggio all’era seguente. La Voiturette A seppe farsi largo nell’industria grazie al prezzo accessibile e alle performance affidabili. Arrivato alle orecchie del grande pubblico, il suo nome fece da volano alla compagnia stessa.
Seppur esistesse soltanto da poco, le rivali erano ancora poche, il che le diede uno slancio considerevole. Le fortune economiche maturate dalla Voiturette A spinse Laurin & Klement a espandere i prodotti, più complessi e generosi nelle dimensioni. Peccato che il periodo post-bellico ebbe delle ripercussioni sui bilanci, al punto da rendere indispensabile la ricerca di un partner, individuato in Skoda Works. Tra i principali conglomerati della Cecoslovacchia, quest’ultima occupava un ruolo di primo piano nell’industria pesante, specializzata in armamenti, treni e attrezzature.
Siglata l’intesa nel 1925, l’influenza di Skoda Works permise di accedere a ulteriori risorse finanziarie e tecniche, con risvolti positivi in termini qualitativi. Negli anni Trenta videoro la luce proposte di valore, quale la Skoda Popular, accolta positivamente per il suo mix di accessibilità e design pratico. Eppure, delle nuove nubi si profilavano all’orizzonte: la Seconda guerra mondiale era alle porte e Skoda dovette adattarsi alle necessità belliche.
La Seconda guerra mondiale
Con l’occupazione nazista della Cecoslovacchia nel 1939, Skoda fu costretta a convertire la propria attività a scopi militari. La realizzazione di mezzi civili subì un brusco stop, e gli stabilimenti gravi danni a causa dei bombardamenti mentre il conflitto volgeva al termine.
Nel dopoguerra, il regime comunista prese il sopravvento in Cecoslovacchia, e, nazionalizzata, Skoda divenne uno dei pilastri del blocco sovietico. A dispetto delle risorse limitate e della scarsità di tecnologie avanzate, ripartì la produzione automobilistica, destinata perlopiù ai mercati dell’Europa orientale. Tra i modelli punta spiccò la 1000 MB, introdotta nel 1964. Dotata di un motore posteriore e di una carrozzeria monoscocca, una soluzione allora innovativa, segnò un passo avanti. Tuttavia, la concorrenza spietata delle rivali occidentali, specie quelle del blocco capitalista, le impediva di competere ai vertici del comparto.
Gli anni ’70 e ‘80
Negli anni Settanta e Ottanta, Skoda proseguì sugli stessi ritmi. La funzionalità era il principio cardine, declinata in proposte poco appariscenti tipo la 120 e la Favorit. Suo malgrado, la mancanza di innovazione rispetto alle controparti occidentali era sempre più evidente. Benché la semplicità meccanica piacesse, tradotta in veicoli facili da riparare e mantenere, sotto il piano di performance e comfort destava delle perplessità. Con l’avvento delle riforme politiche e sociali alla fine degli anni Ottanta, culminata nella Rivoluzione di Velluto del 1989 e nel crollo del regime comunista in Cecoslovacchia, cominciò a emergere la speranza.
La “rinascita” col Gruppo Volkswagen
Entrata in un regime di libero mercato, Skoda trovò il partner ideale nel Gruppo Volkswagen, che ne acquisì la quota di maggioranza. Il sodalizio diede il via a una profonda trasformazione, consentendo di accedere alle risorse di uno dei top player in ambito automotive. Il primo frutto della partnership giunse tre anni più tardi, sotto forma della Skoda Felicia, che segnò una rottura rispetto al passato. Quindi, nel 1996, venne il turno della Octavia. Costruita su un pianale VW, la Octavia combinava la qualità e la tecnologia del gruppo tedesco con il tradizionale rapporto qualità-prezzo di Skoda. Il responso del mercato non tardò ad arrivare e fu allora.
Nel prosieguo, l’azienda si è consolidata, a suon di vetture ben inserite nella propria, pochi fronzoli e tanta sostanza. L’appeal emanato dalla Superb, nonché dalla coppia di SUV Kodiaq e Kamiq, l’ideale per affrontare i terreni più insidiosi, le sono valse un deciso passo in avanti nelle gerarchie commerciali. Con la Enyaq IV è scoccata pure l’ora della mobilità elettrica. E il meglio (forse) deve ancora venire per il marchio della freccia alata. A proposito, sapete cosa significa? La freccia indica la velocità, mentre l’ala simboleggia il progresso. Così ha dato e darà filo da torcere ai giganti del settore.