• 14 Maggio 2024 2:38

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

L’esodo dei medici verso il privato

Apr 18, 2018

Vanno via perché sono stanchi e magari in certi casi hanno la prospettiva di un lavoro con più soddisfazioni economiche e meno responsabilità altrove. Nell’era della “gobba pensionistica”, con tantissimi medici ospedalieri che lasciano per raggiunti limiti di età, c’è un fenomeno nuovo. Quello dei camici bianchi che si dimettono dal servizio pubblico. I numeri sono certamente meno significativi di quelli dei pensionamenti ma le uscite raccontano molto di quanto sta succedendo nel sistema sanitario.

Dal Veneto alla Sicilia

In Veneto negli ultimi mesi, ha calcolato il sindacato di ospedalieri Anaao, sono usciti 51 dottori. Ginecologi, pediatri, ortopedici, radiologi che hanno preferito andare a lavorare altrove. All’ospedale di Camposampietro a Padova, tre pediatre hanno scritto una lettera nella quale hanno lamentato le difficoltà di lavorare con gli organici ridotti. Pure due radiologi della stessa struttura hanno fatto più o meno lo stesso percorso. Ma il Veneto non è un caso isolato. In Sicilia sono segnalate uscite più o meno dello stesso tipo e pure in Emilia-Romagna lo stesso sindacato ha raccolto i numeri delle dimissioni dell’anno scorso. Ebbene, nel 2017 sono usciti dagli ospedali di quella Regione 580 medici ospedalieri e ne sono entrati 320. Tra coloro che sono andati via, una sessantina non lo hanno fatto perché arrivati alla pensione ma appunto per andare a lavorare altrove, nel privato.

Tra il 2013 e il 2016 in Italia i medici ospedalieri sono passati da 106mila a 102mila. Difficile dire quanti tra questi si sono spostati in clinica, di certo lo hanno fatto gli specialisti con più “mercato”. Ci sono infatti discipline con le quali si lavora bene nel privato, nel senso che si guadagna di più che in ospedale senza essere sottoposti allo stress e alle responsabilità che il servizio pubblico impone in questi anni. Non è un caso che anche in Emilia, l’anno scorso abbiano cambiato casacca ortopedici, ginecologi, cardiologi, urologi.

La carenza di personale

Il problema nasce dalle carenze di personale che si iniziano a vedere in molte zone d’Italia. Come ormai denunciato più volte da più parti, pure dalle stesse Regioni, i neo specializzati sono troppo pochi per coprire i buchi lasciati da chi va via. Sono sempre di più i concorsi per i quali non ci sono candidati o quasi. E’ un problema con cui ha a che fare, ad esempio, anche la Lombardia. Oggi chi esce dalla scuola di specializzazione ha ampia possibilità di scelta su dove andare a lavorare. Tra le discipline in grande difficoltà c’è la pediatria. Tanti reparti stanno in piedi con meno professionisti del necessario. Succede in Piemonte, ma anche nelle Marche. A Urbino la Asl si è ritrovata con due soli specialisti in reparto. La soluzione? Sono stati presi a contratto due pensionati, uno proveniente da Roma e l’altro dalla provincia di Avellino. Si occupano delle guardie. Un caso con pochi precedenti.

“Le condizioni di lavoro nel sistema sanitario pubblico peggiorano in modo esponenziale – dice Carlo Palermo vice segretario nazionale dell’Anaao – Il turn over è bloccato soprattutto nelle Regioni in piano di rientro. I medici che vanno in pensione non vengono sostituiti, anche per mancanza di specialisti dove le assunzioni si potrebbero fare, e chi resta si trova a dover fronteggiare carichi di lavoro impossibili, turni di guardia infiniti, le legittime richieste dei cittadini che talvolta sfociano in aggressione al singolo medico che lavora in prima linea”. Nelle ultime settimane si parla molto delle violenze contro i medici, che sarebbero circa 3mila all’anno. Cosa si può fare? “Considerata la situazione eccezionale bisogna intervenire – dice ancora Palermo – Non possiamo aspettare 5 anni, la durata delle specializzazioni, per avere nuovi professionisti nel sistema. Il problema delle uscite dura ancora per 8 anni quindi è necessario assumere da subito medici laureati, o che hanno fatto due anni di specializzazione, da immettere nel sistema sanitario in sovrannumero rispetto a dotazione organica attuale con un contratto di formazione lavoro a tempo determinato. Solo così si fronteggiano le uscite e si salva il sistema sanitario”.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close