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Leonardo Diplomacy

Apr 9, 2021

C’è Rinascimento e Rinascimento, direbbe quello là. E in effetti c’è anche una bella differenza di prezzo, tra un capolavoro del sommo Maestro e un’opera affascinante ma piuttosto manomessa e di mano di un qualche allievo. La storia del Salvator mundi attribuito a Leonardo, ma non ci crede praticamente più nessuno, è lunga e nota al pubblico, ma è avvincente come un romanzo giallo, e piena di dettagli inverosimili più di una fiction di prima serata. Anzi sarebbe la perfetta sceneggiatura per un gran mockumentary, non fosse tutta vera. La  storia moderna di questo dipinto attribuito al bravo discepolo lombardo Boltraffio inizia quando negli anni 50 del Novecento stava appeso in una magione di Baton Rouge e comincia a diventare romanzesca quando, nel 2011, una mostra un po’ truffalda della National Gallery lo espose come autentico, fatto che ne propiziò nel 2013 l’acquisto incauto, per 127 milioni di dollari, da parte dell’oligarca russo domiciliato a Montecarlo Dmitri Rybolovlev.
Tutto diventa però un magnifico intrigo internazionale quando Christie’s di New York organizzò “l’asta del secolo”, preceduta da un battage stellare capace di confondere le idee anche ai più capaci,  cosicché nel novembre 2017 un misterioso compratore sborsò 450 milioni di dollari per aggiudicarselo. Si scoprì presto che il nuovo padrone del Salvator mundi era il   principe ereditario dell’Arabia Saudita, il (non ancora) famoso rinascimentale  Mohammed bin Salman. Il quadro non fu più visto, si disse che sarebbe stato destinato al nuovo Louvre di Abu Dhabi, come un dono saudita agli Emirati, ma della mostra prevista nel 2018 non si seppe più nulla. Il pezzo più interessante della storia, un caso diplomatico, inizia a quel punto e ne parla – trasformando le fin qui supposizioni in possibili certezze – un documentario di Antoine Vitkine che France 5 trasmetterà il  13 aprile. Si intitola The amazing affair of the Last Vinci e ne racconta in un bel long form il Nouvel Observateur. 
La parte per molti versi inedita della storia racconta di un intrigo politico e diplomatico tra la Francia e il principe saudita da poco salito al potere. E forse, alla fine, di un bel bidone rifilato a MBS con l’avallo (più o meno) di Emmanuel Macron. Una storia che illumina, anche, il deteriorarsi dei rapporti tra i due stati, e in generale tra l’occidente e il principe saudita.
“Molti osservatori si sono chiesti cosa abbia spinto Bin Salman a spendere mezzo miliardo di dollari per permettersi un capolavoro dell’arte cristiana”, scrive l’Obs. Forse, ipotizza il settimanale, la concorrenza con il rivale d’area Qatar, che per darsi lustro aperturista in occidente aveva comprato nel 2015 un Gauguin per 300 milioni. E’ il Rinascimento arabo, bellezza.
Poi, nell’aprile del fatale 2018, Mbs fu ricevuto in gran spolvero a Parigi da Macron per firmare accordi commerciali del valore di 15 o 18 miliardi di euro. Nell’occasione, secondo un’alta fonte vicina all’Eliseo intervistata da Vitkine,  si discusse anche del Salvator mundi. I sauditi chiedevano alla Francia di esaminare il costoso acquisto, ma nella massima segretezza. E  nel giugno 2018 “the last Leonardo” arrivò nel segretissimo laboratorio C2RMF del Louvre. Nel settembre 2018 il responso arrivò, e secondo la fonte era negativo: “Leonardo ha solo contribuito al quadro. Non c’è dubbio”. Nella  versione della fonte, viene detto che i sauditi ne furono informati. Ma non è così chiaro, se ora a Vitkine il direttore del Louvre, Jean-Luc Martinez, ha risposto sibillino che “la mia istituzione desidera rimanere discreta perché non ha competenza su opere che non appartengono alle collezioni nazionali. E’ proibito”. Nel frattempo, a Parigi si sta preparando la grande mostra del Cinquecentenario di Leonardo, nel 2019. E il Salvator mundi sarebbe un colpaccio. Così, scrive l’Obs, “i francesi, ansiosi di non offendere Mbs, mantengono segrete le scoperte del Louvre” e il museo annuncia ufficialmente di aver richiesto il prestito del quadro. Ma forse era cambiato il clima diplomatico, forse il principe rinascimentale aveva realizzato di aver comprato un Boltraffio (o secondo qualcun altro un Bernardino Luini, ottimo leonardesco lombardo ma che era in fasce quando il Genio arrivò a Milano) fatto sta che le trattative saltano. Un’altra fonte di Vitkine rivela che Mbs pretendeva che il suo quadro venisse esposto addirittura a fianco alla Gioconda, ma “esporlo alle condizioni saudite equivarrebbe a riciclare un’opera da 450 milioni di dollari”, dice sarcastica la fonte. La trattativa andò avanti, Mbs voleva la targhetta “Leonardo”, il ministero della Cultura francese era disposto ad arrivare a un “Leonardo e bottega”. Alla fine Macron tagliò corto e il Salvator mundi non lo vide più nessuno. E non si sa dove sia. Ma se il principe rinascimentale avesse un po’ del talento di Banksy per fare a fette i quadri, come ce l’ha per i giornalisti avversari, forse “the last Leonardo” ora riposa in qualche valigia diplomatica.
 

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