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Legge anti-telemarketing a rischio, i call center chiedono modifiche

Ott 16, 2017

Telefonate a tutte le ore, per proporci nuovi contratti di telefonia, gas e luce. A casa o sul cellulare. Abili venditori che riescono a rifilarci servizi aggiuntivi o nuove polizze senza che avessimo la minima intenzione di acquistarle. Il fenomeno del telemarketing sembra essere sfuggito di mano e, forse spinti dai consumatori inferociti, i nostri parlamentari si stanno dando da fare per mettergli un freno.

Ma la legge per contrastare il telemarketing selvaggio, già approvata in Senato e ora alla Camera, fa paura ai call-center, che temono una strage di 40.000 posti di lavoro se dovesse entrare in vigore. In realtà, come abbiamo spiegato qualche giorno fa, i disegni di legge contro il telemarketing sono due, ma solo uno, il Ddl 2603 (4619 alla Camera) ha concrete possibilità di terminare l’iter parlamentare prima che le camere vengano sciolte. Resta, però, una corsa contro il tempo.

Ed è proprio questo il testo che Assocontact, l’associazione nazionale che insieme ad Assotel rappresenta circa il 60% degli addetti ai call center, sta cercando far modificare. A preoccupare di più l’associazione è il cosiddetto “prefisso unico”. Il disegno di legge prevede infatti che tutte le chiamate pubblicitarie debbano essere riconoscibili da un codice che sarebbe lo stesso per tutte le società di call center. Basterà guardare il numero per capire che si tratta di telemarketing e, sulla base di questo, si deciderà se rispondere.

“In Germania è stata adottata una misura simile, che ha decretato la fine di questo canale commerciale” spiega Paolo Sarzana, presidente di Assocontact. La cui contro-proposta è quella di un numero telefonico riconoscibile e ricontattabile. Oggi, infatti, la maggior parte delle linee utilizzate dai call-center funzionano solo in uscita, non possono quindi ricevere chiamate.

“In questo modo il cliente potrà sapere se lo sta chiamando la propria compagnia telefonica, la propria assicurazione, magari per questioni amministrative o se, invece, sta per ricevere una nuova proposta commerciale. Il prefisso unico non dà ai consumatori la possibilità di distinguere chi li sta chiamando” aggiunge Sarzana. “Assocontact agita uno spauracchio che non c’è – replica Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (Unc) – la nostra banca, o la nostra società di energia, infatti, ha altri strumenti per contattarci in caso di problemi amministrativi, come uno scoperto o una bolletta non pagata. Non è vero che rischiamo di perdere telefonate utili”. Dona rilancia: “Posso capire che un solo prefisso sia poco, basterebbe introdurne 3 o 4, ognuno associato a una tipologia di servizio. Ma il telemarketing dev’essere immediatamente riconoscibile”.

L’altro punto dolente del Ddl anti-telemarketing, secondo l’associazione di categoria, è l’azzeramento di tutti i consensi forniti in precedenza dai consumatori. La maggior parte delle chiamate commerciali, infatti, sono il risultato di un consenso che abbiamo fornito noi stessi. Magari a un operatore di call center, o in negozio. Il disegno di legge farebbe piazza pulita di tutto, per consentirci di ricominciare da zero, magari con qualche attenzione in più a cosa firmiamo.

“Per almeno sei mesi si congelerebbe tutta l’attività dei call-center, che lavorano su banche dati ottenute in modo legittimo. Cosa faremmo, in attesa di ottenere nuovi consensi?” si chiede il presidente di Assocontact. In ballo ci sarebbero 40.000 posti di lavoro, la maggior parte dei quali al sud e under 30.

“Siamo di fronte a una giungla che dev’essere regolamentata con l’accetta” spiega senza troppi giri di parole Massimiliano Dona. “La revoca dei consensi è stata una nostra battaglia. E attenzione: non si tratta di impedire alle società di cui siamo clienti di chiamarci, ma di farlo solo per questioni importanti e non per proporci nuovi servizi o nuovi contratti. Dobbiamo essere liberi di scegliere”.

La notizia, però, è che la Camera potrebbe modificare la legge per “ammorbidire” proprio questi due aspetti. “Abbiamo parlato con i presidenti di commissione e mi pare che ci sia una volontà di modifica. Cambiare la legge non vorrebbe dire affossarla, i tempi tecnici ci sarebbero” spiega Sarzana.

Come giustificare, però, le telefonate insistenti e spesso sgarbate di operatori di call-center spregiudicati? Secondo Assocontact i call-center non sono tutti uguali. “Noi e Assotel rappresentiamo 25.000 lavoratori, che aderiscono a un codice etico e vengono retribuiti secondo un contratto collettivo nazionale. Ce ne sono, però, altri 15.000 rappresentati da altre associazioni che guadagnano la metà, quando vengono pagati – ammonisce Sarzana – ed è logico che questi ragazzi facciano di tutto per accaparrarsi qualche contratto in più e aumentare il proprio salario. Sta alle istituzioni vigilare su queste realtà, noi ne paghiamo solo le conseguenze”.

“Quello dei posti di lavoro è un argomento molto caro a chi vuole mantenere lo status quo. Ma i due aspetti della riforma contro cui si scaglia Assocontact non devono essere toccati, altrimenti la legge verrà completamente depotenziata” è l’analisi del presidente di Unione Nazionale Consumatori.

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