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Le schede video dei produttori falliti

Ott 24, 2016

La concorrenza miete vittime

Il settore informatico è altamente competitivo e negli anni diverse aziende hanno ceduto il passo. Diamo uno sguardo ad alcuni grandi produttori di schede video che abbiamo perso lungo il tragitto.

Non parleremo di proposito di alcuni marchi, come gli OEM o aziende che realizzavano solo acceleratori 2D. Ci focalizziamo sul 3D inserendo realtà come Matrox, un tempo molto attive nel settore.

Parleremo inoltre di Rendition, S3 e l’amata 3DFX. Qualcuno potrebbe notare l’assenza delle proposte PowerVR (vi ricordate le Kyro?), ma Imagination Technologies (ex Videologic) è ancora attiva e realizza GPU per l’ambito mobile. Potenzialmente potrebbe decidere di progettare GPU per schede video dedicate, perciò non rientra tecnicamente tra i produttori “caduti” sotto i colpi di una concorrenza spietata.

Matrox Impression

matrox impressionmatrox impression
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Le prime schede video di Matrox furono presentate sul finire degli anni ’70, ma erano soluzioni piuttosto semplici. Il primo prodotto di Matrox capace di gestire immagini 3D fu l’Impression, che per funzionare doveva essere accompagnato dall’acceleratore 2D Millennium.

Le prestazioni erano ridotte perché l’Impression non era pensata per il gaming ma piuttosto per il CAD. Di conseguenza la Matrox Impression non fece una bella “impressione” agli appassionati.

Matrox Mystique

Nel 1997 arrivò la Matrox Mystique, una soluzione che combinava accelerazione 2D e 3D su un’unica scheda. Questo permise di ridurre i costi perché bisognava acquistare una scheda anziché due. La Mystique era più adatta al gaming grazie a funzioni come il texture mapping. Il chip grafico a 64 bit era dotato di una singola pixel pipeline e una TMU.

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La GPU era priva di diverse capacità importanti come mipmapping, filtro bilineare e supporto della trasparenza. La Mystique era distribuita con una quantità di SGRAM da 2 a 8 MB. La memoria sulle schede da 2 MB poteva essere aggiornata usando moduli aggiuntivi.

Nonostante le prestazioni migliori, la qualità grafica offerta dalla Mystique non era il massimo. Una versione successiva chiamata Millennium II si affidava alla WRAM, aspetto che permise alla scheda di garantire prestazioni superiori rispetto al suo predecessore.

Matrox G200 & G250

Il secondo acceleratore grafico 2D/3D di Matrox ebbe molto più successo; offriva diverse nuove caratteristiche tra cui il supporto colore completo a 32 bit, mipmapping, filtro mipmap trilineare e anti-aliasing.

matrox G200matrox G200
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Il G200, distribuito nel 1998, aveva un progetto interno a 128 bit con due bus unidirezionali a 64 bit. L’interfaccia di memoria aveva un’ampiezza di 64 bit e supportava tra 8 e 16 MB di RAM. Anche se il G200 continuava a usare una pixel pipeline con una sola TMU, i miglioramenti di Matrox permisero alla scheda di sorpassare di gran lungo la vecchia Mystique.

Poiché l’azienda adottava un colore a 32 bit in un periodo in cui la concorrenza era ancorata ai 16 bit, la qualità d’immagine del G200 era superiore e non mostrava artefatti come il dithering.

I primi chip G200 furono prodotti a 350 nanometri ma Matrox passò al processo a 250 nanometri nel 1999. Questo permise di impostare frequenze più alte. Le varianti basate sui chip a 250 nm furono vendute come G200A o G250. I modelli G250 avevano frequenze più aggressive e perciò migliori prestazioni.

Matrox G400

La G400 arrivò nel 1999, ed era essenzialmente un chip grafico G200 con il doppio delle risorse. Anziché un’architettura a 128 bit completata da due bus a 64 bit la G400 usava un design a 256 bit con due collegamenti unidirezionali a 128 bit. Matrox aggiunse una seconda pixel pipeline con una propria texture unit. L’interfaccia di memoria passò a 128 bit e supportava il doppio della RAM (da 16 a 32 MB). Le frequenze erano nettamente superiori, mentre il chip era compatibile con le DirectX 6. Questa fu una delle prime schede a consentire un’uscita video simultanea verso due schermi.

matrox G400 maxmatrox G400 max
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Sfortunatamente il G400 soffrì di problemi driver piuttosto seri fin dalla sua introduzione, il che limitò le prestazioni nelle prime recensioni. Nel tempo l’azienda risolse i problemi con un ICD OpenGL stabile e migliorò la compatibilità DirectX.

Matrox produsse il G400 a 250 nanometri ma poi passò ai 180 nanometri. I nuovi chip furono usati nelle schede G450, meno costose delle precedenti G400. Matrox non aumentò la frequenza del G450, quindi l’impatto fu piuttosto limitato. Una successiva versione chiamata G550 aggiunse un maggior numero di funzioni orientate al gaming.

Matrox Parhelia-512

La scheda video finale di Matrox rivolta agli appassionati fu la Parhelia-512, presentata nel 2002. Il suo progetto era piuttosto ambizioso con quattro pixel pipeline, ognuna con un vertex shader e quattro TMU. La GPU era alimentata da un ring bus a 256 bit connesso a 128 / 256 MB di memoria DDR.

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Matrox affermava che la topologia ring bus permetteva all’interfaccia di memoria a 256 bit di operare come se fosse ampia 512 bit. Operava solitamente tra 200 e 275 MHz ed era pienamente compatibile con DirectX 8.1. Aveva anche un supporto parziale per le DirectX 9.

La Parhelia-512 sorpassava di gran lunga le vecchie schede di Matrox, ma era più lenta delle concorrenti di ATI e Nvidia. Era anche piuttosto costosa e non riuscì a conquistare molte quote di mercato.

Matrox realizzò una versione meno costosa nota come Parhelia-LX; aveva metà delle risorse della Parhelia-512 e non era particolarmente competitiva. Il chip della Parhelia-512 passò al processo produttivo a 90 nanometri nel 2007 e fu inserito in una scheda a basso costo con DDR2, ma nuovamente non ebbe molto impatto.

Dopo la Parhelia-512, Matrox uscì dal mercato delle schede video per appassionati di videogiochi. Oggi l’azienda è ancora nel mercato, ma è focalizzata su applicazioni più specializzate.

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