Quando arrivano alla fine della loro esistenza, le stelle di grande massa esplodono sotto forma di supernova; dopo un evento di tal genere, può generarsi una “stella morta”, ovvero una stella di neutroni, un oggetto la cui densità è inferiore solo a quella di un buco nero. Tipicamente, si tratta di oggetti di poche decine di chilometri di diametro, entro cui è concentrata una massa di almeno una volta e mezza e la massimo di tre volte quella del Sole (valori maggiori porterebbero alla formazione di un buco nero). In una manciata di secondi, a volte anche meno, questi oggetti densissimi ruotano su sé stessi, ma le stranezze maggiori si osservano quando si va a vedere la materia di cui sono costituiti.
Alla superficie, si trovano nuclei atomici ionizzati “normali”; ma più ci si spinge in profondità, più aumenta il contenuto in neutroni di questi nuclei, a generare isotopi che normalmente sarebbero instabili, ma che l’enorme pressione delle stelle a neutroni tiene insieme. Ancora più in profondità, le particelle nucleari fluttuano libere: neutroni, protoni ed elettroni fluttuano liberi, in uno stato della materia per noi impossibile da riprodurre, date le condizioni di pressione e temperatura necessarie. Più si va verso il centro di uno di questi mostri stellari, più la percentuale di neutroni aumenta, mentre diminuiscono protoni ed elettroni; alla fine, si raggiungono stati di materia che ancora non riusciamo nemmeno a definire, se non per via di varie supposizioni teoriche. Ora, grazie al James Webb Telescope, sappiamo che questi esotici mostri hanno un’importanza fondamentale, per la stessa esistenza della materia che conosciamo, inclusa parte di quella che ci compone.
In particolare, mentre quegli elementi chimici più leggeri che siedono nella prima parte della tavola periodica, fra cui i componenti fondamentali della materia vivente come carbonio, ossigeno, idrogeno e azoto, hanno da tempo trovato una spiegazione alla loro origine in diversi meccanismi generativi attivi nel nostro universo, gli elementi più pesanti – come oro e uranio, ma anche il ferro, indispensabile alla vita – sono sempre stati un mistero quanto alla loro origine.
Da tempo, si era ipotizzato che questi elementi più pesanti potessero formarsi per accrescimento da nuclei più leggeri, aggiungendo rapidamente neutroni. Una cattura sufficientemente rapida dei neutroni, nota in breve come “processo r” (r sta appunto per rapido), è prevista avvenire solo in ambienti estremi, in presenza di un gran numero di neutroni. Ora, le condizioni perché questo processo si verifichi sono osservabili in circostanze estreme: per esempio, quando due stelle di neutroni collassano catastroficamente l’una sull’altra.
Tale evento è di un’energia così inimmaginabile da “increspare” lo spazio-tempo: così, per la prima volta esso è stato osservato esattamente 6 anni fa, a ottobre del 2017, sotto forma di onde gravitazionali rivelate da LIGO. Due anni dopo, a ottobre 2019, la rianalisi dei dati di quella spettacolare collisione rivelò per la prima volta la formazione di un elemento pesante, lo stronzio; era così confermata, almeno per uno degli elementi pesanti, la teoria.
Tuttavia, si è dovuto aspettare altri 4 mesi di ottobre, arrivando fino a oggi, per vedere pubblicata la dimostrazione che in un altro scontro fra stelle di neutroni si è avuta la formazione di molti altri elementi pesanti, fra cui certamente tellurio, torio e iodio. A questo punto, le basi sperimentali per la teoria che prevedeva come avesse avuta origine l’intera varietà degli elementi contenuti nella tavola periodica sono solidamente stabilite: gli atomi dei vari tipi, contrariamente all’antichissima idea della loro eternità che sembrava tanto naturale a pensatori come Democrito, Epicuro e Lucrezio, si sono dinamicamente formati in vari processi che avvengono nel nostro universo dalla sua origine, fra i quali sono pure indispensabili quelli che avvengono alle favolose energie in gioco quando due stelle di neutroni si fondono fra loro.
Così, per formare e sostenere anche la vita, otre al resto del nostro mondo fisico, le infernali fucine cosmiche sono indispensabili; e per esempio lo iodio, appena ritrovato dallo James Webb Telescope nel titanico scontro fra due stelle morte, da quelle fucine è arrivato fin nei mari del nostro pianeta e nella nostra tiroide, attraversando tutta la scala di temperature, pressioni, energie e distanze disponibili nel cosmo, per finire nel cuore di una proteina come la tiroglobulina, regolando il delicatissimo equilibrio ormonale e biochimico interno al nostro organismo.