AGI – Non saranno proprio cinquanta le sfumature di blu ma di sicuro sono molte. Perché, forse in pochi ci hanno pensato, grande parte degli ambienti estremi (e il mondo dell’innovazione è di sicuro un ambiente estremo) hanno a che fare con il colore blu.
Così 852 imprenditori, ricercatori ed esperti di innovazione (erano meno della metà, 372 per la precisione, alla prima edizione) hanno parlato di innovazione e di ambienti estremi alla seconda edizione di ITIR Summit dal titolo “Sfumature di Blu” che si è tenuta a Pavia.
Si tratta del convegno annuale organizzato da ITIR, “Institute for Transformative Innovation Research”, Centro di Ricerca interdipartimentale dell’Università di Pavia che quest’anno, oltre a presentare i risultati dell’attività di Ricerca svolta nei 4 MindHub del Centro, ha voluto puntare i riflettori sull’Innovazione Trasformativa, intesa come sinergia fra le tre grandi direttrici di cambiamento del nostro tempo: rivoluzione nei modelli di business, digital transformation e sostenibilità (transizione economica/ambientale/sociale).
Il tema del convegno sono per l’appunto le “sfumature di Blu”: il blu dello spazio interstellare, dei fondali oceanici e dell’intelligenza artificiale. E rappresenta una metafora che invita a riflettere su come le imprese di ogni settore abbiano molto da imparare da ambienti così complessi ed incerti.
“Lì fuori la complessità e l’incertezza è arrivata ad un livello tale che tutto viene rimesso in discussione e per questo abbiamo preso un po’ come metafora il parallelo con gli ambienti estremi – ha spiegato all’AGI il professor Stefano Denicolai, Presidente del Centro di Ricerca ITIR, Università di Pavia – gestire i cambiamenti legati all’intelligenza artificiale non è molto diverso da gestire le sfide che si possono incontrare in ambienti in gran parte inesplorati come lo spazio o i fondali oceanici. Oggi grazie all’innovazione anche l’agricoltura o fare una macchina industriale può diventare un ambiente estremo. Da qui la necessità di affiancare chi si occupa di innovazione, creare reti tra di loro, condividere esperienze per evitare che i Chief Innovation Officer siano figure un po’ di immagine capaci di incidete poco su chi può realmente cambiare le cose verso una reale trasformazione”.
Il “C-LEVEL STUDY”: poche donne, pochi giovani ma attenzione alla sostenibilità
Nella giornata sono stati presentati i risultati di una indagine lanciata nel 2019 allo scopo di analizzare il ruolo dei Chief Innovation Officer (CInO) nelle organizzazioni. Alla luce delle crescenti interconnessioni tra innovazione, digitalizzazione e sostenibilità, lo studio 2024 estende l’analisi ai Chief Digital Officer (CDO), ai Chief Sustainability Officer (CSO) e a quelle figure “ibride” oggi presenti nelle organizzazioni.
I risultati della ricerca mettono in evidenza le difficoltà delle aziende nel perseguire cambiamenti trasformativi. Tra queste, quella nel guidare cambiamenti significativi nella cultura aziendale e nel bilanciare innovazione tecnologica e modelli di business (indicata dal 73.4% dei manager coinvolti). Molti dirigenti, pur avendo visioni ambiziose, faticano a influenzare la cultura aziendale e a integrare valori e obiettivi tra i vari livelli. Inoltre, si è rilevato che molte aziende non sfruttano appieno i dati, perdendo così un’opportunità importante per accelerare l’innovazione, la digitalizzazione e la sostenibilità. Un altro aspetto critico emerso dello studio riguarda lo squilibrio nelle priorità tra innovazione, digitalizzazione e sostenibilità, che porta a strategie frammentate e poco efficaci. Per superare queste sfide – c-, è necessario adottare un approccio integrato che unisca questi elementi e favorisca l’adozione di pratiche di open innovation per affrontare le problematiche sociali e ambientali in modo più efficace.
Il numero di donne in ruoli C-Level focalizzati su innovazione e digitalizzazione è ancora troppo basso, sono solo il 14,66% del totale, sebbene vi sia stato un modesto miglioramento nel caso della sostenibilità, dove le donne si attestano al 23,32%. L’età media è aumentata negli anni (gli over 45 sono il 64,46% del totale), ma nonostante i titoli prestigiosi, il 55,22% di essi non occupano posizioni C-Level nel senso stretto, non riportando direttamente al CEO e operando con risorse limitate (solo il 26,71% ha un team con oltre 30 collaboratori). Questo crea una situazione polarizzata, in cui alcune figure sono strategicamente posizionate per guidare cambiamenti significativi, mentre altre non hanno l’autorità o il supporto necessario per farlo.
CInO, CDO e CSO. Chi sono e cosa fanno?
Negli ultimi anni, pur con l’aumento delle risorse per l’innovazione, è calata la percentuale di Chief Innovation Officer che rispondono al CEO, passando dal 72,46% nel 2019 al 55,33% nel 2023. Lo sviluppo tecnologico-scentifico è sempre più un motore centrale per l’innovazione, diventando una priorità chiave per l’89,8% degli intervistati, con i CInO impegnati non solo nell’adozione di nuove tecnologie (83%) ma anche nella trasformazione aziendale (86,4%) e nel ripensamento di modelli di business e strategie (85,2%). La trasformazione digitale resta una priorità (86,4%), mentre la sostenibilità viene vista come un’opportunità per differenziarsi e creare alleanze, valorizzando l’idea di “sostenibilità aperta” per il 72,6% degli intervistati.
Il 90,2% dei Chief Digital Officer (CDO) guida una digitalizzazione che supera la semplice transizione online, e che mira a trasformare profondamente l’azienda, coinvolgendo modelli di business e cultura organizzativa. Tuttavia, i CDO incontrano difficoltà nell’influenzare lo scopo aziendale e nel valorizzare i dati, spesso sottoutilizzati, tanto che molte aziende faticano a trarne valore concreto. La gestione delle performance digitali (KPI) richiede un approccio integrato, oltre la semplice riduzione dei costi o l’aumento della produttività. La sostenibilità, prioritaria per il 72,8% dei CDO, viene frequentemente vista come uno strumento per migliorare l’immagine aziendale, piuttosto che come una leva per un’innovazione radicale e realmente trasformativa.
Il Chief Sustainability Officer (CSO) guida la trasformazione aziendale attraverso la sostenibilità, ridefinendo modelli di business e valori per creare connessioni significative con stakeholder interni ed esterni. Il concetto di “open sustainability”, ispirato all’open innovation, emerge come approccio per sviluppare soluzioni collaborative e rappresenta una priorità per l’84,4 dei rispondenti. La sostenibilità è quindi vista come un’opportunità strategica per differenziarsi, più che come un semplice miglioramento delle pratiche esistenti. Tuttavia, rispetto ad altre figure apicali come i Chief Innovation Officer (CInO) o i Chief Digital Officer (CDO), i CSO attribuiscono minore urgenza alla trasformazione digitale (è una priorità per il 75% dei manager) e, il 60,2% di questi riconosce la carenza di una cultura basata sui dati e sulla loro valorizzazione, cruciale in altre aree aziendali.