AGI – Le cellule tumorali possono diventare benigne. Ne è convinto Andrea Pensotti, ricercatore presso il System Biology Group Laboratory del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza, e presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Pensotti ha recentemente pubblicato su “Oncology Reports” un lavoro di revisione sistematica di più di ottant’anni di studi sul tema della cosiddetta “reversione tumorale”, dopo aver avviato un lavoro di ricerca sul tema con i professori Mariano Bizzarri e Marta Bertolaso rispettivamente de La Sapienza e del Campus Bio-Medico. “Esponendo le cellule tumorali – spiega Pensotti – alle sostanze che nell’embrione guidano la differenziazione cellulare e la formazione di organi e apparati, è possibile indurne la conversione in cellule benigne”. Il meccanismo, che è allo studio tra l’altro proprio dal System Biology Group Laboratory, permette un mutamento a livello di espressione dei geni che rinormalizza le cellule tumorali e fa perdere loro la capacità di disseminare metastasi. “Quello che bisogna comprendere di questo tema – continua Pensotti – che nel caso di specie abbiamo a che fare con una notevole quantità di meccanismi biologici interconnessi tra loro che partendo dall’ambiente embrionale giungono fino alla reversione tumorale. Alcuni di questi meccanismi agiscono su una determinata proteina che favorisce l’aggressività tumorale, riducendone la presenza, altri toccano il citoscheletro delle cellule e cosi’ via. Noi siamo riusciti a individuare alcuni di questi meccanismi, quelli che riteniamo al momento i maggiormente rilevanti nella azione di reversione, ma è il complesso delle interazioni tra cellule tumorali e ambiente embrionale che porta il risultato”.
Da qui l’idea di sottoporre a brevetto proprio l’utilizzo delle sostanze dell’ambiente embrionale nel loro complesso per trattare i tumori. “Si tratta di una sfida anche normativa oltre che scientifica assai complessa – aggiunge Pensotti – una volta ottenuto il brevetto si tratterebbe di iniziare la lunga strada della sperimentazione dalle colture in laboratorio sino alla sperimentazione umana, ma dato che i sistemi regolatori sono tarati su cure legate a specifiche sostanze e non ad approcci sistemici potremmo avere delle difficoltà a ottenere le autorizzazioni finali. La nostra speranza è che le nostre ricerche possano allargare l’orizzonte anche delle autorità di regolamentazione per comprendere anche trattamenti multifattoriali”. Una sfida resa ancora più difficile dal fatto che al momento non stanno venendo testate soluzioni farmacologiche basate sull’approccio della reversione tumorale. “Questo va sottolineato – conclude Pensotti – per non indurre false speranze. Detto ciò si tratta di una linea di ricerca che rimonta addirittura a Watson, uno dei padri della ricerca genetica, e che nel tempo ha dato molti frutti promettenti. A noi spetta ora il compito di riprendere in mano questa eredita’ e portarla avanti”.