C’è un momento, nella vita di ogni automobilista, in cui l’entusiasmo dell’acquisto lascia spazio alla realtà. È quando l’auto nuova, quella promessa come tecnologica, sostenibile, futuribile, comincia a tornare dal concessionario più spesso di quanto ritorni a casa. Finché è in garanzia, si stringono i denti. Poi, quando la copertura finisce, iniziano i conti veri: tempo perso, fatture e rabbia. È qui che l’affidabilità smette di essere una parola astratta e diventa una scelta concreta.
Consumer Reports, che da quasi novant’anni analizza il mondo dell’auto con un approccio scientifico e senza sconti, parte da un principio semplice: prima il marchio, poi il modello. Perché non tutte le auto sono uguali e non tutte le innovazioni migliorano davvero la vita di chi guida. I numeri dell’ultima indagine – basata su 380 mila veicoli – raccontano una storia chiara, anche se scomoda per qualcuno: quali sono le auto più affidabili in circolazione.
Un terzetto giapponese
In cima alla classifica ci sono ancora una volta Toyota, Subaru e Lexus. Non per miracolo, ma per metodo. Condividere componenti, evitare rivoluzioni inutili, migliorare poco alla volta, questa è la chiave che ha fatto svoltare queste realtà. Toyota guida la graduatoria con un punteggio di affidabilità di 66 su 100, seguita da Subaru e Lexus.
Il dato più interessante, però, riguarda le motorizzazioni. Le ibride tradizionali – quelle che non richiedono la spina – continuano a essere le più affidabili. Consumano meno, durano di più e creano meno problemi. Non è ideologia, sono statistiche. I modelli ibridi Toyota, Lexus, Honda e Subaru si collocano stabilmente sopra la media. E non è un caso se molte versioni ibride risultano più affidabili delle corrispondenti a benzina.
L’affidabilità delle vetture alla spina
Il discorso cambia quando si passa all’elettrico puro e ai plug-in hybrid. Qui l’affidabilità diventa una variabile instabile. Batterie, software, sistemi di ricarica: troppa complessità, troppo in fretta. Metà dei modelli meno affidabili sono EV o PHEV. Nessuna ibrida tradizionale compare in fondo alla classifica. È un segnale che il mercato farebbe bene a leggere con attenzione.
Tesla, simbolo della rivoluzione elettrica, migliora. Sale di otto posizioni, grazie soprattutto a Model 3 e Model Y, finalmente più mature. Ma il quadro resta disomogeneo: Cybertruck delude, Model X resta problematica. La tecnologia corre, ma l’assemblaggio e la qualità costruttiva non sempre tengono il passo.
Chi invece scivola è Mazda. Una caduta netta, dovuta a una scelta rischiosa: piattaforme e motori nuovi, prime versioni plug-in hybrid. Il risultato? Problemi ripetuti su CX-70 e CX-90, che trascinano giù l’intero marchio. È la dimostrazione di una regola antica: non comprare mai il primo anno di un modello nuovo.
L’affermarsi dei brandi asiatici
Il quadro geografico conferma un’altra tendenza: l’Asia domina. I costruttori giapponesi e coreani guidano per affidabilità. L’Europa insegue, con BMW unica presenza stabile nella top ten. I marchi americani restano indietro, nonostante qualche miglioramento. Buick e Tesla fanno passi avanti, ma Jeep, Ram e GMC restano in difficoltà.
Alla fine, la lezione è semplice. L’auto non è uno smartphone. Non si cambia ogni due anni senza conseguenze. L’affidabilità è una forma di rispetto verso chi guida, non un optional. E in un’epoca in cui tutto promette di essere nuovo, scegliere ciò che funziona resta l’atto più moderno di tutti.