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Lavorare meno, la proposta Pd: “Trenta ore per tutti e 750 mila nuovi posti di lavoro”

Mag 8, 2020

ROMA – Lavorare meno, lavorare tutti. O meglio “redistribuire il lavoro”. In 4 modi: contratti stabili meno costosi fino a 30 ore settimanali, incentivi ai part-time volontari, penalizzazione fiscale delle ore di straordinario oltre una data soglia, part-time come prassi nel pubblico impiego. Quattro misure che potrebbero portare a 750 mila occupati in più all’anno per un costo di 2,8 miliardi a regime. Ma anche a una riduzione dei salari.

È la proposta di legge numero 2327 depositata l’8 gennaio 2020 da alcuni deputati del Pd: Stefano Lepri, Maurizio Martina, Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Chiara Gribaudo. Proposta tornata di attualità, ora che ci affacciamo alla fase 2 della pandemia con terribili incognite su posti di lavoro bruciati e milioni di lavoratori impoveriti.

“Si parla molto di riduzione di orario di lavoro a parità di salario“, ragiona Stefano Lepri. “Ma l’ipotesi non funziona, si perde competitività. Anche la Francia che aveva introdotto le 35 ore poi è tornata indietro. In attesa che il Pil riparta, non ci resta che fare fette più piccole della torta che abbiamo, anziché lasciare le persone fuori dal mercato del lavoro a vivere di espedienti o di reddito di cittadinanza”. “Ci ispiriamo al modello tedesco – aggiunge Maurizio Martina – prevedendo non più di 42 ore settimanali, straordinari inclusi. L’Italia ha un gap da colmare con la Germania: lavoriamo di più – 180 ore contro 160 al mese – ma con una produttività più bassa. Puntiamo a trasformare l’eccesso di straordinario in occupazione aggiuntiva”.

Rep

Trenta ore incentivate – Ecco dunque la proposta. Si introduce un taglio del cuneo fiscale di 4 punti – dal 33 al 29% – per i nuovi contratti a tempo indeterminato fino alle 30 ore: i contratti esistenti non vengono toccati. Se un datore vuole fare un contratto di 36 ore è libero di farlo, ma lo sgravio riguarda solo le prime 30 ore. E si distribuisce in modo paritario tra impresa (2 punti) e lavoratore (2 punti): l’impresa ha contributi più bassi da pagare, il lavoratore una busta paga un po’ più pesante. “Per uno stipendio di 2 mila euro lordi parliamo di 600 euro di sconto”, spiega Lepri.

Part-time volontario agevolato – Lo stesso sconto – 4 punti in meno di contributi, coperti dallo Stato cioè fiscalizzati – vanno anche ai lavoratori che preferiscono passare, in modo volontariato, a un contratto a part-time tra le 20 e 30 ore settimanali: 2 punti per il datore e 2 al dipendente.

Straordinario punito sopra le 4 ore – Si adeguano i contratti di lavoro a un nuovo standard orario settimanale: si passa da 40 a 38 ore più 4 di straordinari, per un totale di 42. Oggi invece è possibile sommare fino a 8 ore di straordinario, per un totale di 48. L’impresa può anche arrivare a 50 ore settimanali. Ma se nel corso dei sei mesi successivi non riesce a compensare quel picco produttivo – riportando la media del periodo a 42 ore, ad esempio con i riposi compensativi – tutte le ore di straordinario eccedenti sono tassate il 50% in più.

Pubblico impiego solo a 30 ore – Si introduce un nuovo standard orario settimanale per i nuovi assunti della Pubblica amministrazione: 30 ore per tutti. Ma a condizione che ogni ente pubblico prima di bandire i concorsi dichiari il fabbisogno di ore di cui necessita per giustificare le nuove assunzioni. Si prevedono eccezioni motivate o deroghe alle 30 ore, ad esempio per i medici.

Platea e costi – La proposta Pd ha un costo stimato per lo Stato di 800 milioni il primo anno, 1,6 mld il secondo, 2,3 miliardi il terzo e a regime 2,8 miliardi. I potenziali occupati aggiuntivi – se tutte le aziende assumessero con le risorse che si liberano con il taglio delle ore – potrebbero arrivare a 750 mila: 150 mila dalla defiscalizzazione dei contratti a 30 ore e del part-time volontario, 100 mila grazie alla “quota 30” nella Pubblica amministrazione e almeno 500 mila dal disincentivo delle ore di straordinario.

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