AGI – L’alluvione di giovedì scorso nel centro-nord delle Marche ha prodotto almeno 2 miliardi di danni: si tratta di una stima ancora molto provvisoria, che lo stesso presidente della Regione non riesce ancora a quantificare con precisione.
“Non sarà un miliardo e forse non saranno nemmeno 10”, ha risposto Francesco Acquaroli a chi gli chiedeva di dare delle cifre a cinque giorni dal disastro. Il conteggio non è facile per due ragioni: innanzitutto sono diversi gli imprenditori, specie quelli del commercio e dell’agricoltura, che ancora non riescono ad entrare nelle loro proprietà e capire cosa può essersi salvato dal fiume di acqua e fango. Inoltre, la catena delle informazioni passa attraverso comuni e associazioni di categoria e le cifre cambiano di ora in ora.
Ai 2 miliardi di presumibili danni andrebbero aggiunti altri 2 necessari per la messa in sicurezza di un territorio fragile, attraversato da 12 fiumi, che sono un pericolo costante quando si deve fare i conti con un cambiamento climatico che non à più una proiezione futura ma una realtà con la quale confrontarsi quotidianamente.
Proprio come è successo giovedì scorso, quando una gigantesca cella autorigenerante ha fatto crescere il Misa e il Nevola, i due corsi d’acqua che scorrono nell’area di Senigallia, da “una condizione di magra fino a 6 metri in poche ore”, come ha raccontato Paolo Santoni, responsabile del Centro Funzionale Multirischi delle Marche, che si occupa di fare le previsioni meteo e traduce gli effetti calamitosi sul suolo con le allerta meteo nei codici di colore giallo, arancione, rosso.
“Servono risorse e un piano nazionale per la manutenzione”, dice il governatore Acquaroli, consapevole che a cinque giorni dall’alluvione, con due persone ancora disperse, oltre un centinaio di sfollati, tanto fango ancora da spalare nei 19 comuni coinvolti e l’incubo di chiusura per diverse aziende, le risorse disponibili sono solo nell’ordine di alcuni milioni: 5 pronto cassa del governo, 1 proveniente da una linea attivata dalla camera di commercio regionale, 1 donato dalla famiglia Della Valle e poco altro. Risorse che, quando ci saranno, andranno spese bene e subito e qui torna in ballo l’irrisolto tema della burocrazia e della necessità di snellire le pratiche di ricostruzione: soldi e semplificazioni che viaggiano paralleli, esattamente come è stato negli ultimi due anni per le aree del terremoto 2016, anche se quelle 5 tonnellate di detriti ancora presenti nelle strade del Maceratese e del Piceno ancora più oggi rappresentano un simbolo funesto.
Le ricerche dei dispersi
Intanto proseguono le operazioni di soccorso dei vigili del fuoco. Le squadre sono state impegnate in decine di interventi per la rimozione di fango e detriti, alberi abbattuti e allagamenti. Ancora in corso le ricerche del piccolo Mattia e della donna dispersi nel territorio del comune di Barbara. 390 i vigili del fuoco al lavoro con rinforzi provenienti anche da Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria.
Nella giornata di lunedì sono stati svolti 280 interventi: 160 nella provincia di Ancona, 100 a Pesaro Urbino e 20 nel fermano. 1450 gli interventi effettuati da inizio emergenza.
L’allerta mancata
“Dal punto di vista della dinamica degli eventi quello che si riscontra in questo momento è che non c’e’ stata un’allerta da parte della regione Marche nei confronti dei Comuni” ha detto il procuratore capo di Ancona, Monica Garulli, secondo la quale “le indagini sono in una fase molto iniziale e tutte le ipotesi ricostruttive sono prese in considerazione”. In merito ai tempi dell’inchiesta, Garulli ha spiegato che essi saranno “compatibili con l’accertamento dei fatti e anche con un’esigenza di risposta, cercheremo di fare del meglio in questo senso”.