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L’Aida di Sergio Gerasi: la recensione

Dic 20, 2020

Sergio Gerasi pubblica il suo terzo graphic novel con Bao Publishing, L’Aida, sullo sfondo della sua Milano per raccontarci il disagio, il male di vivere, il bisogno di cambiamento individuale e collettivo. L’Aida è la necessità di cambiamento personificata dalla giovane protagonista: un urgente bisogno di dipanare il doloroso groviglio della propria vita, avviluppato attorno agli affetti adulterati, la mancanza di reali attenzioni, il rifiuto di sè. Un graphic novel toccante, che trasmette emozioni forti; un’opera intimistica e crepuscolare, non solo per le vicende della giovane Aida, ma anche per la cornice entro cui sono collocate: una Milano dai toni del tramonto, al tramonto della socialità e dei rapporti interpersonali.

Dopo aver letto L’Aida di Sergio Gerasi, vi presentiamo la nostra recensione.

Sergio Gerasi

L’Aida: il dolore in una società cieca e sorda

Vi avevamo parlato in precedenza dell’opera di Gerasi e della sua costruzione, attraverso le parole dello stesso autore in occasione del nostro incontro, che in qualche modo ha celebrato i suoi vent’anni di carriera nel mondo fumettistico. Un’opera, L’Aida, che giunge come terzo graphic novel pubblicato dalla casa editrice Bao Publishing: libri slegati tra di essi nelle loro trame, ma accomunati dal fil rouge rappresentato dalla location, ovvero Milano.

L'Aida

La protagonista stavolta è una giovane donna, Aida: studentessa universitaria d’estrazione sociale alto-borghese che fotografa il mondo e gli dà forma con la sua immaginazione. Una ragazza alle prese con la tesi di laurea, la madre giornalista televisiva che non si accorge del suo malessere ma pretende la presenza della figlia, gli amici troppo presi dalle loro vite virtuali, un disturbo alimentare che le restituisce un’errata percezione di sè stessa.

Aida non riesce a dare un significato alla propria vita, ma una scoperta accidentale le procurerà un nuovo scopo e una nuova visione della realtà. Una sera, durante una delle sue passeggiate con il cagnolino Giovanni, seguirà di soppiatto alcuni ragazzi che sembrano aver attaccato dei manifesti in giro per poi dileguarsi in un rocambolesco parkour. Giunta nel loro covo, alla periferia di Milano, farà la loro conoscenza: si tratta del gruppo di artisti The Virus, attivisti che combattono contro l’ottundimento della ragione causato dai social, dal consumismo, dall’odio, attraverso le loro opere situazioniste.

Sergio Gerasi

Un incontro-scontro tra due mondi molto diversi: quello di Aida, ragazza della Milano “bene”, e quello dei The Virus, giovani che non hanno nulla ma si sentono ricchi con quel poco che possiedono. Per Aida sarà l’occasione di giungere a una nuova consapevolezza e trovare il coraggio di cambiare, sè stessa e il mondo intorno a sè, sebbene non tutti i cambiamenti siano sinonimo di un fine lieto.

La solitudine dell’era digitale

La sensibilità che Sergio Gerasi aveva dimostrato nei suoi precedenti lavori si riscontra in L’Aida in maniera, forse, persino maggiore. Una forte emozione ci investe con la lettura di questo graphic novel, strutturata tuttavia per gradi in un crescendo che giunge al culmine via via che sfogliamo le pagine fino alla fine: tra le prime pagine ci viene presentata Aida, con la sua visione del mondo e delle persone (viste talvolta come animali antropomorfi in base alle loro caratteristiche); insieme a lei, conosciamo gli individui che fanno parte della sua vita, come i due amici Ludo e Tancredi, e la madre, personaggio celebre poiché giornalista in TV.

Lo sviluppo del libro prosegue con le azioni dei The Virus, gruppo che ha accolto al suo interno anche Aida: è attraverso le loro opere sovversive che ci viene mostrata quella faccia becera e marcia della società messa a nudo sulla pubblica piazza. A poco a poco, anche le debolezze, le insicurezze, il disgusto di Aida verso le storture del mondo saltano allo scoperto, restituendoci l’immagine di una giovane bisognosa di affetti e attenzioni reali. Su questa strada lastricata di amara consapevolezza e dolore, ci incamminiamo verso un finale che segna una rottura attraverso il rifiuto e le azioni concrete di Aida: è stanca di vivere le vite d’altri per procura attraverso le serie TV; è stanca di non ricevere l’interesse che vorrebbe da parte della madre, troppo concentrata invece solo sui suoi progressi scolastici; è stanca di guardarsi allo specchio e odiarsi o di dover cogliere la torbida bellezza del mondo guardandolo solo attraverso occhi miopi.

Sergio Gerasi

Noi soffriamo con lei, ci arrabbiamo, sentiamo in qualche modo il suo disagio, grazie alla narrazione dalla grande sensibilità e dal tocco delicato di Gerasi, che in maniera del tutto voluta non dà un nome specifico alla crisi che sta attraversando Aida: un po’ perché lei stessa non riesce a definirla nitidamente, un po’ perché il suo male diventa così anche il nostro male, e non c’è bisogno di essere troppo empatici per identificarsi con le emozioni di questa giovane protagonista, poiché tutti in un modo o nell’altro ci siamo passati (o ci stiamo passando). Il suo è un dolore universale.

Ed è un dolore che scaturisce soprattutto da un profondo senso di solitudine che al giorno d’oggi, nell’era digitale dei social, è facilmente riscontrabile in molti individui. Quel tipo di solitudine che si prova in mezzo alla gente: quel senso di vuoto dettato dalla consapevolezza che, soprattutto in quest’epoca, le relazioni interpersonali sono sancite dalla finzione del virtuale, dal desiderio di costante approvazione con cuori e like, dall’opportunismo senza un reale interesse affettivo. Aida ci mostra insomma com’è essere soli in questa massa di gente che preferisce fare migliaia di foto piuttosto che vivere il momento con le persone care o immedesimarsi nell’ennesima serie TV anziché trascorrere del tempo con gli amici reali.

L'Aida

Una storia di umana vulnerabilità e del desiderio di essere forti e risoluti, narrata con la stessa attenzione con cui si maneggerebbe qualcosa di fragile. E che tuttavia mostra con schiettezza la dura (e talvolta difficile da accettare) realtà attuale, con uno spirito di denuncia che non passa inosservato.

Un Virus necessario

Parlare di virus in questo periodo può essere strano, ma quello descritto da Sergio Gerasi è un virus buono: uno di quelli da inoculare per sviluppare gli anticorpi necessari alla sopravvivenza. Stiamo parlando della presa di coscienza cui tendono i The Virus con la loro contestazione della società attraverso l’arte.

L'Aida

La denuncia di questo gruppo di giovani avviene attraverso installazioni artistiche dal carattere sovversivo ma anche innovativo, che nella nostra epoca digitale si configurano similmente a delle campagne di guerrilla marketing. Come ad esempio quella che prevede la diffusione di cartelli pubblicitari su cui campeggia un QR code e l’invitante “Ti regaliamo tempo”: quando il codice viene scansionato, i telefoni dei cittadini vengono bloccati. Si tratta com’è evidente di azioni volte alla riconquista del lato più umano e meno tecnologico degli individui, che acquisiscono una portata amplificata nel contesto in cui vengono applicate: la digitalissima Milano, capitale italiana dell’innovazione.

Gerasi non nasconde il suo amore per la sua città natale. Milano è un luogo ricco di poesia, come si può ben vedere anche dalle illustrazioni de L’Aida, tuttavia salta all’occhio come l’inserimento dei The Virus funga da velata denuncia sociale verso quella stessa città che in qualche modo racchiude l’essenza della tecnologia e della spersonalizzazione presente in tutta Italia (così come nel mondo). L’autore ci mostra il punto a cui è arrivata la società, con messaggi di violento odio sui social, rapporti interpersonali che languono tra un episodio streaming e l’altro, una cultura dell’immagine che predilige l’apparire all’essere. E attraverso le opere dei The Virus ci dice sostanzialmente “Non è forse arrivata l’ora di svegliare le nostre coscienze e staccarci dai nostri dispositivi per vivere realmente?”.

sergio gerasi

L’Aida quindi è molto più che un graphic novel intimista, aprendosi a puntuale descrizione dell’individuo e della sua solitudine che non può prescindere dall’attuale cultura digital e social permeante le nostre esistenze. Spaventa in un certo senso poiché estremamente realisticom il mondo di Aida è davvero anche il nostro. Tuttavia si può realmente correlare ad esempio lo “stare sempre a casa a guardare Netflix” con alcuni dei mali che affliggono l’uomo? Quanti dei giovani che trascorrono il loro tempo fuori lo fanno in maniera davvero costruttiva? È ovviamente uno spunto di riflessione interessante, benché le situazioni presentate nel libro siano spesso parecchio estremizzate.

Un tramonto sul mondo

Un altro aspetto che rende L’Aida un’opera originale, emozionante, sorprendente, sono anche le sue illustrazioni e i suoi colori. Già dalla copertina, su cui campeggia l’installazione L.O.V.E. di Maurizio Cattelan presente a Milano, L’Aida ci vuole colpire, vuole la nostra attenzione, e riesce ad ottenerla egregiamente grazie anche ad un utilizzo sapiente della colorazione.

Realizzati con la collaborazione di Valeria Brevigliero, i colori sembrano tendere in generale verso un atmosfera che richiama il crepuscolo, con tonalità rosate, porpora, arancioni, gialli, talvolta uniti a verdi un po’ acidi. La sensazione è quella di una città costantemente al tramonto, grazie ai panorami milanesi che restituiscono vedute dall’alto e ampie prospettive sul capoluogo meneghino e le sue bellezze. Gerasi taglia quindi un po’ i ponti con il passato e fa sue queste tonalità “fluo” così originali che nell’ambito de L’Aida funzionano e garantiscono un risultato eccezionale.

Sergio Gerasi

Questo mondo così “crepuscolare” si allinea perfettamente con le emozioni della protagonista e dei suoi comprimari, manifestate attraverso illustrazioni dalla forte carica espressiva: i volti e le pose dei personaggi delineati da Sergio Gerasi sono animati, parlano anche senza pronunciare parola alcuna, sono vivi.

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