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Vai, Catania! Il capolavoro di Lo Monaco

Feb 12, 2017

dal nostro inviato Xavier Jacobelli

domenica 12 febbraio 2017 09:42

CATANIA – L’uomo che ha salvato il Catania cammina nei vialetti della casa del Catania con il sorriso di chi, avendone passate di tutte i colori, non ha più paura di nulla. «Il Catania per me è come un figlio: non potevo lasciarlo morire. Per questo sono tornato».

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PREZIOSI E ZAMPARINI – Pietro Lo Monaco, nato a Torre Annunziata (Napoli), ha 62 anni. Questa è la sua quarta vita. Nella prima, ha fatto il calciatore, ruolo centrocampista (Savoia, Terzigno, Messina, Marsala, Vittoria, Canicattì, Giarre, Grumese, Gela, Nuova Igea, Villafranca). Nella seconda, l’allenatore (Nuova Igea, Villafranca, Caltagirone, Milazzo, Enna e Ragusa). Nella terza, il dirigente sportivo (Savoia; Reggina; Udinese, dove ha gettato le basi del formidabile Modello Friulano a colpi di plsuvalenze per le quali i Pozzo gli saranno sempiternamente grati; Acireale promosso dalla C2 alla C1), toccando l’apice con i sette anni che hanno riportato il Catania all’onor del mondo, grazie anche alla simbiosi con Antonino Pulvirenti. Ma la storia finisce nel 2012. Due mesi con Preziosi al Genoa («Il tempo necessario per capire che non avremmo mai potuto lavorare insieme. La goccia che fece traboccare il vaso fu la cessione di Perin al Pescara: l’appresi dal presidente del club abruzzese»). Quattro mesi con Zamparini al Palermo, prima di piantarlo dopo l’esonero di Gasperini: «Un’esperienza altamente istruttiva», annota Pietro con eleganza. Per la cronaca, il 27 settembre 2012, presentando Lo Monaco alla stampa, Zamparini dice testualmente: «Io passerò in seconda linea, Pietro Lo Monaco è il nuovo amministratore delegato del Palermo con pieni poteri». Il 5 febbraio 2013, giorno della presentazione di Malesani, l’auto di Zamparini viene presa a calci e sputi da una ventina di esagitati. Tre anni al Messina chiudono il cerchio di Lo Monaco prima del grande ritorno a Catania.

Vai, Catania! Il capolavoro di Lo Monaco
© LaPresse

IL PIANTO DI PULVIRENTI – La quarta vita di Pietro comincia il 9 giugno 2016, dopo che gli Elefanti sono finiti all’inferno a causa del deragliamento dei Treni del Gol (23 giugno 2015: arrestati sette dirigenti, fra i quali Pulvirenti che confessa tutto; l’amministratore delegato Pablo Cosentino e l’ex direttore sportivo Daniele Delli Carri, accusati di aver comprato alcune partite del campionato di Serie B 2014-2015 per evitare la retrocessione; Catania retrocesso in Lega Pro con penalizzazione di 9 punti che diventano 12 a causa del mancato pagamento degli stipendi di marzo e aprile 2015 e poi scendono definitivamente a 10. Quest’anno si riparte da -7 per il caso Castro e questioni amministrative). «Lei non ha idea di quanto abbia sofferto», ricorda Lo Monaco. Che il giorno in cui torna a Torre del Grifo trova la società sull’orlo del fallimento, ma pensa subito a Pulvirenti, agli arresti domiciliari. Sbotta: «Beh, sarebbe anche ora finissero». L’indomani, vengono revocati. L’ex presidente rimane proprietario del Catania e deve fronteggiare altri guai per il fallimento della compagnia aerea Windjet. Ma, questa, è un’altra storia. «Alla cena di Natale, Antonino è tornato a Torre del Grifo per la prima volta. Aveva le lacrime agli occhi. Ha sussurrato: Pietro, ho fatto un macello».

I PIGNORAMENTI REVOCATI – Richiamando Lo Monaco, Pulvirenti ha fatto la cosa giusta. Antonio Pennisi che, con Pippo Franchina è uno dei fedelissimi, annota: «Pietro ha letteralmente riacceso la luce del Catania che era piombato nel buio. E con il Catania, i suoi tifosi». In sette mesi, Lo Monaco ha rifatto i connotati a società e squadra, ha cambiato i vertici del club con scelte coraggiose, ha rilanciato il vivaio, il marketing, la comunicazione, l’immagine. Tutto. «Se mi volto indietro, a volte non riesco a credere al bilancio che, da un passivo di 17 milioni, è già sceso a -10 milioni; alla squadra che ha battuto il Matera con 10.953 spettatori sugli spalti, gioca il derby con l’Akragas, è in piena zona playoff e continua a migliorare; ai 5 mila soci di Torre del Grifo che ci sostengono con una passione pari a quella dei tifosi allo stadio; ai pignoramenti ridiscussi e revocati a a uno a uno, grazie al lavoro dell’avvocato Ida Linda Reitano». La quale confida: «Lo sa che in alcuni casi è bastato il nome di Lo Monaco per trovare un accordo con le controparti? Perché? Perché si fidano di lui».

SIMEONE E RIGOLI – Trascorri sei ore con gli Elefanti e scopri le cause della riscossa catanese. «Si chiamano spirito di squadra, valorizzazione del vivaio, straordinario attaccamento dei catanesi alla loro squadra che è molto di più di una squadra di calcio. E’ identità, passione, entusiasmo, amore. Ecco, amore vero». Lo Monaco snocciola gli allenatori passati da qui: «Zenga, Montella, Mihajlovic, Simeone, Maran. E adesso è l’ora di Rigoli: un tecnico serio, preparato, con la cultura del lavoro. Viene dalla gavetta. Sfonderà, mi creda e il suo successo sarà il nostro». Rigoli ha salvato l’Akragas: l’odierna, per lui, è una partita speciale. «Sono nato a Raccuja, in provincia di Messina, ma sono cresciuto a Catania, a pane e Cibali e pane e Massimino». Sorride. Rigoli porta il Belpasso in serie D, Seconda Divisione. Poi Modica, Cosenza, Juve Stabia, Nocera, Lamezia Terme, Ragusa e Akragas promossi in D, Akragas salvato in Lega Pro. «Il mio calcio? Sono un realista. L’importante è vincere e poi vincere giocando bene. Il successo sul Matera ha galvanizzato l’ambiente che crede sempre più nella squadra. Dobbiamo rimanere umili e lavorare, lavorare, lavorare. Per me che sono tifoso del Catania, allenarlo è il massimo. Puntiamo ad un buon piazzamento nella griglia dei playoff, un campionato dopo il campionato. Stiamo costruendo una squadra sulla roccia». Presumibilmente lavica. Indistruttibile.

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