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La tragedia imprevedibile e quelle strade bloccate dalla neve

Gen 19, 2017

il momento del silenzio. La tragedia che ha colpito l’hotel Rigopiano mi ha colpito da vicino. Dentro. Nello stomaco, nell’anima. Da quando ho saputo non riesco a pensare ad altro. Quei posti li conosco bene. Sono luoghi dove ho trascorso le estati pi belle della mia infanzia. Luoghi reconditi, nascosti da qualche parte con i ricordi, nelle pieghe dell’anima.

I miei genitori ogni anno piazzavano la nostra roulotte nel pianoro accanto all’hotel Rigopiano, che allora non era un resort ma un posto dove si veniva solo d’estate per respirare l’aria di montagna e allontanarsi dall’afa del mare e della pianura. E restavamo l per due mesi. Ricordo di estati serene. Di giornate che non finivano mai. Di cieli stellati. Di Olimpiadi con le gare ascoltate alla radiolina. Io e i miei fratelli che ci divertivamo cos, a giocare con niente, sul prato accanto a quell’hotel che oggi un ammasso di neve e detriti. Mi piaceva salire sugli alberi, i faggi, gli abeti – i miei rifugi fantastici – che circondavano l’albergo. Me ne restavo sul mio ramo preferito per ore, io poco pi che bambino, a guardare il cielo e il panorama. A sognare e fantasticare chiss cosa, o di riuscire ad arrivare fin su in vetta un giorno. Nel punto pi alto del bosco che comincia proprio dietro l’albergo e che arriva fino al “Picco dell’Orso”. Una dorsale di roccia che si scorge sopra quel bosco, con una grotta al centro che accoglie chi ha il coraggio di salire fino a l e con un panorama mozzafiato che si apre fino al mare. Ci vuole un’ora di cammino dall’hotel Rigopiano per salire fino in cima. Poca cosa, ora. Per me bambino era il sogno, l’impresa. Dopo un po’ riuscii a salirci fino a quel picco. E quel luogo rimasto per me sinonimo di casa.

Una cosa mia. Da serbare tra le cose belle e tra i ricordi. Io sono abruzzese, sono nato a Penne, i miei vivono ancora l. Ci sono tante cose che non mi piacciono della mia Regione – la cementificazione selvaggia, la corruzione, la malapolitica – ma ce ne sono tante che ancora, dopo tanti anni, mi legano a quella terra oggi martoriata e ferita a morte. Il carattere della gente, degli abruzzesi: forte e gentile. Gente di poche parole. Abituata prima a fare e poi a parlare. Tra le cose che mi legano ancora ci sono i luoghi e la natura, selvaggia e bellissima e per niente valorizzata come potrebbe esserlo.

Non voglio entrare nelle polemiche proprio in un giorno come questo. Ma al commiato generale di tutte le istituzioni in pompa magna che capiter di ascoltare da qui ai prossimi giorni nel tam tam mediatico che seguir questa tragedia, mi viene da opporre una sola semplice considerazione: qualcosa si poteva fare. L’Abruzzo non l’Australia. In Abruzzo, dove arriva il freddo dei Balcani, nevica sempre. A volte, come quest’anno, nevica pi del solito. Le immagini della tragedia mi hanno lasciato senza fiato. Senza fiato nel vedere quella turbina che a fatica avanzava per ripulire la strada.

Ma perch non lo hanno fatto prima? Perch sono dovute arrivare le guide alpine come primi soccoritori con gli sci e le pelli di foca? Possibile non si potesse ripulire le strade via via che in questi giorni continua a nevicare? Lo so, molti di voi diranno che non il caso di fare polemiche. E con rassegnazione, tipica siloniana, di abruzzese memoria, accettare anche questa tragedia. Tanto passer. E gli abruzzesi, forti e gentili, si rialzeranno caparbi anche questa volta.

Ma l’albergo Rigopiano, per me che so dov’era e com’era, bisogna considerare che non in alta montagna, non in cima al Gran Sasso, ma in un pianoro, a 1.200 metri di quota, nella zona di prima montagna dove si va d’estate a passeggiare o a fare pic-nic, prima di prendere al strada che porta al Passo Vetica e all’altopiano tibetano di Campo Imperatore, dove s che comincia la montagna vera.

Allora mi dovete spiegare perch se qualcuno autorizza delle persone ad avere un’attivit economica in una zona di prima montagna come questa – con coraggio imprenditoriale e investimenti milionari questi ragazzi hanno ristrutturato un vecchio albergo anni Settanta e lo hanno trasformato in un resort a quattro stelle in cui si andava a rigenerarsi dal mal di citt – poi non gli sigarantiscono i servizi minimi per esercitare quella attivit economica? Certo che nevica in Abruzzo. Ma vi immaginate voi che in Tirolo o in Alto Adige lasciano un albergo isolato dal mondo intero per via di una nevicata, seppure copiosa?

La tragedia della valanga sull’hotel Rigopiano, del combinato disposto tra sisma e nevicata, certo un evento straordinario difficile da prevedere. Ma se le persone che sono rimaste intrappolate nell’hall dell’Albergo – che lo ripeto non in alta montagna ma nella prima montagna pescarese, a 1200 metri di quota – avessero potuto prendere la loro auto e riscendere verso valle forse adesso sarebbero ancora qui.

Un’ultima annotazione, da testimone diretto: l’estate scorsa sono ripassato in mountain bike davanti all’albergo Rigopiano. Era giugno. E con altri nove amici abbiamo attraversato gli Appennini. In quattro giorni partendo da Spoleto e passando per Norcia, Castelluccio di Norcia, Piani di Accumoli – zone poi colpite dal terremoto – Campotosto, Campo Imperatore, Gran Sasso, Rocca Calascio, Casteldelmonte… siamo arrivati fino al mare.

Ebbene, ricordo benissimo la sensanzione di tristezza che ho provato mentre pedalavo sull’altopiano di Campo Imperatore passando dalla Provincia dell’Aquila a quella di Pescara. Le strade qui – dove sorgeva l’hotel Rigopiano – erano completamente devastate, piene di buche, l’asfalto danneggiato. Sembrava di passare per le strade della Bosnia dopo la guerra. Ecco, cos: le strade che da Pescara portano all’albergo Rigopiano e poi salgono fino a Campo Imperatore sono abbandonate, come in un paese il giorno dopo della fine di una guerra. Stanno a testimoniare di un posto male amministrato, dove la promozione e la valorizzazione del territorio sono solo parole vuote di significato. La distanza di neve che separa l’albergo Rigopiano ai mezzi di soccorso dice la stessa cosa. Una cosa molto triste. Oggi che il giorno del dolore e del silenzio.

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