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La svolta della fisica passa da una rivoluzione chiamata Muon g-2

Apr 8, 2021

Nella sua vita (lunga per essere un leptone instabile, cioè uno specifico tipo di particella elementare, ma molto breve per chiunque non faccia parte di quel club) il muone riesce a raccontarci molte cose. En passant, cioè entrando nell’atmosfera, ci ha dato una conferma delle teorie di Albert Einstein, sottoposto ad altre verifiche sperimentali è ancora più portatore di rivelazioni e ci fa sapere che, molto probabilmente, il nostro Modello Standard va per lo meno corretto. Significa che dobbiamo ricostruire la fisica. Non si butta mica via tutto e nessuno si offende, ma c’è l’occasione di correggere e migliorare la nostra descrizione prevalente del modo in cui agiscono le particelle che conosciamo. I risultati della prima campagna di analisi dati dell’esperimento Muon g-2 presentati ieri presso il Fermi National Accelerator Laboratory (FermiLab) di Batavia, vicino a Chicago, che ospita l’esperimento, sono il primo passo verso una nuova rivoluzione scientifica.

 

Una particella simile all’elettrone

Lo scopo dell’esperimento era quello di indagare le proprietà magnetiche del muone, particella simile all’elettrone ma con massa 200 volte superiore, per confermare i risultati ottenuti da un’analoga campagna di raccolta dati conclusasi vent’anni fa, nel 2001, presso il Brookhaven National Laboratory, vicino a New York. Allora, la significatività statistica era ancora troppo bassa per poter prendere il dato come assodato, ma il dubbio era stato instillato, serviva più precisione, serviva tempo. Con Muon g-2 si raggiunge il lodevole valore di 4.2 sigma (unità di misura dell’attendibilità di una misurazione); per intenderci: a rigore sarebbe troppo presto per parlare di scoperta prima di raggiungere il valore convenzionale di 5 sigma ma certo è impossibile non lasciarsi prendere dall’entusiasmo. La scoperta (in barba alle convenzioni, insomma, la chiamiamo così) è davvero rivoluzionaria, apre il campo all’ipotesi dell’esistenza di fenomeni – nuove interazioni o nuove particelle – non previste da nessuna teoria esistente.

Il Modello Standard vacilla ancora una volta, quindi, e ancora una volta quella costruzione straordinaria – soprattutto perché perfettibile – si conferma preziosa fonte di nuova fisica. Il protagonista di questa nuova rivoluzione è quel g-2 presente nella sigla dell’esperimento. E’ il cosiddetto “momento magnetico anomalo”. Il muone, come l’elettrone, possiede un momento magnetico, produce cioè un campo magnetico simile a quello dell’ago di una bussola. Il Modello Standard prevede che il valore del momento magnetico di una particella sia proporzionale a un valore g, detto fattore giromagnetico, e che sia leggermente diverso da 2. 

 

 

L’esperimento al FermiLab

Nel corso dell’esperimento del FermiLab i muoni prodotti per mezzo di un acceleratore di particelle venivano immersi nel campo magnetico prodotto da un magnete di 15 metri di diametro e iniziavano un moto di precessione intorno al campo simile alla rotazione di una trottola. La frequenza di rotazione, misurata con precisione per mezzo di un complesso sistema di calorimetri e impulsi laser, ha permesso di misurare sperimentalmente il valore di g-2. Il risultato, atteso dal 2001 ma ugualmente strabiliante, è stato la conferma della discrepanza tra il valore teorizzato dal Modello Standard e il valore misurato da Muon g-2.

Il processo ricorda molto da vicino quello che è successo con il Bosone di Higgs, la particella ipotizzata nel 1964 per non far crollare la struttura del Modello e rivelata solo nel 2012. Qualcosa di simile potrebbe succedere adesso. Il valore del momento magnetico previsto dal Modello Standard è calcolato tenendo conto delle interazioni dei muoni con le cosiddette fluttuazioni del vuoto, cioè particelle virtuali di vita molto breve che si formano e si annichilano continuamente nel vuoto che li circonda. La differenza tra il risultato sperimentale e le previsioni del modello porterà necessariamente a rivedere il modello, e in particolare la composizione di quelle presenze fugaci che popolano il vuoto.

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