Di cretinate riguardo l’identità nazionale italiana, come prevedibile, nell’ultimo periodo se ne stanno sentendo parecchie. Una delle ultime, proveniente da un ministro che in fatto di inutili e perniciose definizioni identitarie è piuttosto recidivo, riguarda un ipotetico processo di “sostituzione etnica”, triste binomio utilizzato dai peggiori razzisti ed estremisti della moderna destra globale. Quale sia l’origine di un simile binomio, che è andato a sistematizzare precedenti e plurisecolari paure di invasione di ogni popolazione stanziale nei confronti di immigrazioni esterne, lo ha ben esposto un articolo apparso sul Post, che riconduce questa formulazione alle deliranti idee del francese Renaud Camus e dell’austriaco Gerd Honsik; qui, tuttavia, mi interessa fare alcune precisazioni dal punto di vista della biologia, il mio diretto campo di competenza. Intanto, nonostante siano spesso usati come sinonimi intercambiabili proprio da coloro che parlano di “sostituzione etnica”, i due concetti di etnia e razza vanno tenuti distinti: mentre la prima ha un originario senso di distinzione culturale, inerente soprattutto ad alimentazione, costumi maritali, religione eccetera, l’idea di razza, nonostante sia un costrutto sociale inventato per ovvi scopi di dominio, ha un suo riferimento in una pretesa distinzione biologica all’interno delle varie popolazioni umane.
Fatta questa differenza, e volendo prendere alla lettera l’ultima stupidaggine che abbiamo sentito, ne dobbiamo desumere che vi sarebbe un pericolo per i cittadini derivante da un presunto processo di sostituzione culturale, un meticciato identitario dovuto ai fenomeni migratori; ma la confusione fra razza ed etnia di chi paventa tale rischio si manifesta poi nel rimedio proposto, che dovrebbe consistere nell’incentivare e sostenere la maternità delle donne italiane – il che, naturalmente, rivela in pieno il razzismo di chi vorrebbe affrontare un fenomeno etimologicamente culturale con un rimedio fondato sull’incremento di una inesistente razza dei cittadini della nostra penisola. Ora, trascurando la confusione alla base della soluzione proposta per il pericolo paventato, fingiamo per un momento di essere genuinamente preoccupati nei termini esposti dal ministro di cui sopra. A meno che egli non sia un Neanderthal, vi è un primo, importante punto: siamo tutti invasori africani, arrivati in ondate diverse e per strade diverse a soppiantare una preesistente popolazione umana che non aveva solo etnia e razza propria, ma pure un patrimonio genetico davvero diverso; e, al contrario delle popolazioni ancora residenti in Africa, noi siamo tutti dei meticci genetici derivanti dall’invasione che i nostri progenitori operarono a spese dei Neanderthal.
Per millenni, inoltre, i flussi migratori dal medio oriente hanno continuato ad interessare la nostra penisola, e il meticciato che ne è derivato – sia genetico che culturale – è ben documentato dall’archeologia e dall’esame dei Dna anche dei più antichi abitanti dell’Italia; e proprio la prima volta che il nostro paese è stato riunito, sotto l’aquila romana tanto in voga presso certi gruppi ansiosi di difendere la nostra identità, proprio allora Roma, ancor più che l’intero paese nei diecimila anni precedenti, divenne quello che è stato definito un “crocevia genetico” del Mediterraneo. In contemporanea, avveniva costantemente quella che potremmo chiamare tecnicamente una “sostituzione etnica”, riferendoci al fenomeno culturale: così Catone si scagliò senza successo contro i costumi dei Greci, seguiti poi in fatto di appropriazione culturale da quelli degli Egiziani – o tempora, o mores! – fino ad arrivare all’ennesima “sostituzione etnica” costituita dovuto al cambio di paradigma culturale del cristianesimo. La forza di Roma fu appunto la sua capacità di appropriarsi e di amalgamare le culture che incontrava, secondo gusto e necessità; con questo sistema, durò oltre 1000 anni, senza pretendere di difendersi dalla “sostituzione etnica”, ma anzi assorbendo e mediando.
Nel mio Dna, ho potuto verificare, vi sono varianti genetiche comuni fra popolazioni estremo orientali, minoiche, greche, longobarde e chissà quante altre; questo nonostante io possa dimostrare una linea di discendenza ininterrotta da residenti in Italia risalenti a prima dell’anno 1000. Mi offro volentieri per verificare quale sia il meticciato genetico riscontrabile nel Dna di qualunque ministro italiano: sono sicuro che le sorprese non mancherebbero, e, naturalmente, sarebbe sin troppo facile dimostrare di quante “sostituzioni etniche” stratificate è figlio ciascuno di noi, probabilmente molto più di una moderna popolazione dell’Africa centrale. Dunque smettiamola di trastullarci e di trastullare gli italiani con certe amenità, che sarebbe meglio lasciare nelle gabbie dello zoo degli estremisti della superiorità bianca; perché altrimenti il sospetto è che, in realtà, queste continue sparate oggi sulla “sostituzione etnica”, ieri sulla “carne sintetica” e l’altro ieri sui “forestierismi” usati dalle amministrazioni siano in realtà un’ininterrotta fila di fuochi d’artificio, che servono a far sollevare gli occhi per non vedere qualche grosso inciampo in cui stiamo per incorrere come paese.