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La scazzottata – L’HuffPost

Nov 28, 2019

Non c’è la richiesta di pieni poteri, non c’è il bicchierone di mojito davanti a una consolle, ma c’è un Matteo Salvini che si riprende la scena a Roma, nella Capitale, dentro ai palazzi, in Parlamento, per provare a dare la definitiva spallata all’esecutivo Pd-M5S. Bastava essere stamane nella sala Salvadori di Montecitorio per una conferenza sull’oggetto della contesa Mes, il tanto discusso Fondo Salva Stati, e accorgersi che qualcosa si stava consumando. Il leader di via Bellerio, abbandonati i dolce vita e i capi di velluto, indossa un abito, una camicia bianca e una cravatta, e si presenta scortato dallo stato maggiore leghista. Una scena così non si era mai vista. Al suo fianco tutti incravattati, dai due capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, ai due bulldozer dell’euroscetticismo, Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Indisciplinato, ovvero senza cravatta, il solo Giancarlo Giorgetti, ma la sua presenza vale più di tutto perché, confida una gola profonda del leghismo, “è il segno di una compattezza ritrovata”.

Ecco, alle 11 e 30 Salvini si materializza in questa saletta ubicata nella zona riservata ai gruppi, e scazzotta con il “traditore” Giuseppe Conte, il premier con il quale ha un conto in sospeso dal mese di agosto. Il Capitano leghista è diretto, fa sul serio, consapevole che questo sia il momento giusto per insidiare una maggioranza divisa su tutto. L’altra sera, ad esempio, si è divertito davanti ad alcuni colleghi partito. “Avete visto, stanno litigando pure sulla Rai?”. Ecco, Salvini è pronto ad andare fino in fondo e per farlo prende di mira l’inquilino di Palazzo Chigi sul nodo dei nodi sul quale appunto la Lega non intende cedere, vale a dire il Mes. “A giudizio nostro e dei documenti il presidente Conte ha commesso un atto gravissimo, un attentato ai danni del popolo italiano”. Non si ferma, è un fiume piena, e lo sferza come non ha mai fatto: “Ricordiamo tutti i ‘no’ della Lega e tutti i silenzi di Conte che adesso ci spieghiamo”. Ma è l’affondo finale che rappresenta il salto di qualità quando appunto adombra l’apertura della crisi di governo. E lo fa evocando il nome del Capo dello Stato: “Chiediamo un incontro al presidente Mattarella per evitare la firma su un trattato che sarebbe mortale per l’economia italiana. Chiediamo al garante della Costituzione di farla valere. Si torna in Parlamento. Sospendiamo tutto. I nostri avvocati stanno studiando l’ipotesi di un esposto ai danni del governo e di Conte”.

Va da sé, che queste parole hanno subito innescato la replica dura del premier con tanto di annuncio di querela per calunnia. Eppure c’è un dettaglio che riporta le lancette all’estate scorsa. Lunedì il premier sarà in Aula, alla Camera, a riferire sul Mes “per spazzare via, menzogne, mezze ricostruzioni”. Ed è come se in un nano secondo le lancette tornassero al 20 agosto. Ai giorni del caldo torrido del Papeete, dei pieni poteri, del Salvini che girava le spiagge di Italia perché convinto che di lì a poco Mattarella avrebbe ridato la parola agli italiani. All’epoca dei fatti, dello scontro in Aula, del braccio di ferro in mondo visione Conte versus Salvini, il Paese si trovava nel mezzo di una crisi di governo che ha poi portato alla nascita della maggioranza giallorosso. Questa volta non c’è una crisi ma risuona l’eco di una potenziale crisi. Perché la maggioranza di governo sembra spappolata, divisa su qualsiasi dossier, con Di Maio che fa il bullo replicando il modello Salvini dei giorni del governo gialloverde. E perché da qui a Natale i giallorossi dovranno affrontare il tormentato percorso parlamentare della legge finanziaria, dove basta un emendamento/trappola a far mancare i numeri alla maggioranza.

Ma il dato politico di oggi è il Salvini che torna a presidiare il palazzo. Raccontano che abbia annullato una serie appuntamenti perché preferisce rimanere a Roma, a marcare il territorio, il Parlamento. O forse perché spera di ricevere una chiamata da Mattarella. Un Capitano che oggi, dopo la conferenza stampa solenne, ha riempito il Teatro Italia con l’obiettivo di prendersi il Campidoglio. Continuando ad inveire contro Conte: “Mi ricorda il Marchese del Grillo. Io so’ io, ma voi non siete un ca**o”. “Siamo pronti ad andare fino in fondo”, confessa ai fedelissimi. Con un postilla: “Dobbiamo riprenderci tutto: Roma, la Regione e Palazzo Chigi”. Non a caso, un peso massimo del leghismo confida, che “ad agosto quando nacque l’esecutivo Pd e Cinquestelle, Mattarella parlò di una maggioranza coesa e di lunga periodo, ma ciò non sta succedendo. Oggi Matteo riformula richiesta: voto in primavera. Come e cosa risponderà il Capo dello Stato?”.

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